I Repubblicani possono sbarazzarsi di Trump?
Le soluzioni possibili sono complicatissime e soprattutto poco realistiche: e forse a loro conviene che Trump si schianti da solo
Sabato il candidato Repubblicano Donald Trump ha detto più volte che non si ritirerà dalle elezioni presidenziali statunitensi, nonostante negli ultimi giorni abbia perso l’appoggio di molti politici Repubblicani – tra cui il senatore John McCain e l’ex segretaria di Stato Condoleezza Rice – a causa della pubblicazione di un video del 2005 in cui pronuncia frasi volgari e sessiste nei confronti delle donne. Molti osservatori stanno valutando se il Partito Repubblicano possa fare qualcosa per cambiare candidato alla presidenza a questo punto della campagna elettorale, quando manca meno di un mese alle elezioni. Le regole del partito stabiliscono che Trump possa essere rimpiazzato solo in caso di morte o se decidesse di ritirarsi. Inoltre le schede elettorali sono già state stampate e in alcuni stati si è già cominciato a votare. La sostituzione di Trump non è quindi un’ipotesi sulla carta impossibile: è però altamente improbabile, sia perché molto complicata (considerato il rifiuto di Trump a ritirarsi), sia perché probabilmente poco conveniente per il partito stesso.
Cosa può fare il Partito Repubblicano? E gli conviene?
Le risposte brevi alle due domande sono: molte cose, una più complicata e irrealistica dell’altra; probabilmente no. Nel pomeriggio di sabato 8 ottobre, John Thune, il terzo Repubblicano più importante al Senato, ha detto che Trump dovrebbe ritirarsi e lasciare il suo posto a Mike Pence, il candidato alla vicepresidenza. Se Trump dovesse effettivamente cambiare idea e ritirarsi nei prossimi giorni, il Partito Repubblicano dovrebbe scegliere un sostituto. E non dovrebbe essere per forza Pence. Questo ipotetico nuovo candidato si aggiudicherebbe i voti espressi finora in favore di Trump, quindi le preferenze degli elettori che hanno già votato non andrebbero perse. Il Guardian ha spiegato come teoricamente il Partito Repubblicano potrebbe sbarazzarsi di Trump: si tratta di ipotesi non impossibili sulla carta, ma altamente improbabili. C’è da tenere a mente una cosa, prima di analizzare le varie possibilità tecniche per il partito per sostituire Trump: molti credono che per i Repubblicani, a questo punto, sia più conveniente lasciare che la campagna elettorale di Trump si sfasci, e perdere le elezioni di novembre, per poi dare tutte le colpe a Trump e riorganizzarsi per le elezioni di metà mandato del 2018 e per le presidenziali del 2020.
L’avvocato conservatore Jim Bopp, intervistato dal Guardian, ha detto che il Partito va incontro a un «suicidio di massa in tutti i casi», ma ha fatto notare, come già molte altre persone nel corso della campagna elettorale, che le regole del Republican National Committee (RNC) – l’organo che governa e supervisiona le cose nel Partito Repubblicano – stabiliscono la possibilità di intervento «in ogni caso per cui si verifichi l’assenza di un candidato alla presidenza per morte, rinuncia o altro». Il cavillo sta in questo «altro» (nella frase in inglese si usa l’avverbio «otherwise», che significa “altrimenti”): secondo alcuni osservatori, potrebbe rientrare in «altro» il caso in cui il candidato non sia sostenuto dalla maggioranza del Partito. Tuttavia secondo gli esperti il resto della frase esclude che l’RNC possa sostituire un candidato: può solo trovarne un altro nel caso in cui quello stabilito con le primarie non possa sostenere il suo ruolo. Bopp ha anche sottolineato che se il Partito cercasse di cambiare le regole a questo punto si danneggerebbe da solo, alienandosi i sostenitori di Trump e perdendo consensi.
Il Guardian ha parlato anche con Vikram Amar, preside e professore di diritto all’Università dell’Illinois, secondo cui in uno scenario piuttosto fantasioso Trump potrebbe ipoteticamente promettere di lasciare i poteri della presidenza a Pence dopo aver vinto le elezioni. Infatti il 25esimo emendamento della Costituzione degli Stati Uniti stabilisce che il presidente possa dichiararsi incapace di svolgere il suo ruolo e quindi delegare i suoi compiti al proprio vice, pur rimanendo formalmente il presidente. Ma dovrebbe essere Trump a volerlo fare, non è una scelta che può essere imposta dal partito. E il carattere e il comportamento di Trump non sembra suggerire uno scenario simile.
Un’altra ipotesi che permetterebbe al Partito Repubblicano di liberarsi di Trump potrebbe essere quella che passa per i grandi elettori. Il sistema elettorale statunitense prevede infatti che i cittadini eleggano i grandi elettori, incaricati di dare il loro voto al candidato scelto alle primarie dei partiti. I grandi elettori però potrebbero non votare questo candidato: quindi in via ipotetica i grandi elettori potrebbero eleggere, per dire, Mike Pence, oppure John Kasich o un altro dei candidati delle primarie sconfitti da Trump. Il professore di diritto dell’a University of California-Irvine Rick Hasen ha ipotizzato questa situazione in un post sul suo blog Election Law Blog. In teoria i grandi elettori dovrebbero essere vincolati a seguire quanto deciso dai cittadini, ma secondo Hasen in caso di vittoria di Trump né il Senato, al momento controllato dai Repubblicani, né i tribunali prenderebbero provvedimenti per punirli. Lo stesso Hasen però sottolinea che è molto improbabile che tutto ciò accada: il Partito Repubblicano dovrebbe abbandonare completamente Trump oppure lui stesso dovrebbe ritirarsi, i grandi elettori dovrebbero essere più vicini al Partito che a Trump, e Hillary Clinton dovrebbe vincere meno collegi elettorali di Trump. E probabilmente i cittadini percepirebbero il cambio di voto dei grandi elettori come una specie di colpo di stato.
Secondo molte fonti del Guardian venerdì 7 ottobre si è tenuto un incontro del Republican National Committee per pensare a una soluzione per i problemi causati dal video sessista di Trump, ma pare che l’organo non sia giunto a nessuna conclusione ed è difficile che prenda provvedimenti. Il portavoce dell’RNC Sean Spicer ha risposto su Twitter a un giornalista che parlava di questo incontro dicendo che non era in programma e che le sue fonti erano sbagliate.
Your sources are wrong. There is no meeting https://t.co/2nf6IFC1UL
— Sean Spicer (@seanspicer) October 8, 2016
Se Trump perderà le elezioni, per il Partito Repubblicano sarà molto importante continuare a mantenere il controllo sul Congresso, dove ora ha la maggioranza. Per questa ragione fare qualcosa contro Trump non converrebbe affatto al Partito, perché avrebbe probabilmente come unico risultato quello di inimicarsi gli elettori più legati a Trump (e quindi di perdere le elezioni per rinnovare il Congresso, che si tengono sempre l’8 novembre).
Subito dopo la pubblicazione del video del 2005, Politico ha fatto un sondaggio con la società di consulenza Morning Consult per capire se i sostenitori di Trump avessero cambiato la loro opinione su di lui: solo il 12 per cento dei Repubblicani sentiti (13 per cento considerando solo le donne) pensa che Trump dovrebbe ritirarsi, e il 74 per cento pensa che il Partito dovrebbe sostenere Trump. Il 36 per cento ha anche detto che la visione del video non ha fatto cambiare loro opinione su Trump.
Ora Trump è finito?
A questo punto della campagna elettorale una notizia come il video sessista del 2005 potrebbe, secondo la maggior parte degli osservatori, decidere la sconfitta di Trump. La reazione dei politici Repubblicani che hanno ritirato il loro sostegno a Trump probabilmente scoraggerà ad andare a votare molti elettori indecisi. Questo vale anche per gli elettori poco motivati a votare in generale, che tendenzialmente non saranno spinti a votare per un candidato che si presenta come perdente in partenza perché non sostenuto nemmeno dai suoi compagni di partito. Inoltre il sessismo del video pubblicato dal Washington Post potrebbe convincere definitivamente alcune donne conservatrici a non votare per Trump, una grande sconfitta per il Partito Repubblicano dato che alle elezioni del 2012 le donne bianche votarono in maggioranza per il candidato repubblicano Mitt Romney. L’unica cosa che potrebbe ribaltare la situazione a vantaggio di Trump a questo punto sarebbe un guaio ancora maggiore per Hillary Clinton, che da parte sua tra sabato e domenica si è limitata a un solo tweet indignato sul video, evitando di attirare attenzioni e lasciando che i giornali e le televisioni si occupassero solo dei guai di Trump. E in tutto questo stasera c’è il secondo dibattito tra Trump e Clinton.