Il “cortocircuito giustizia-politica-informazione” visto dal CSM
Il vicepresidente Giovanni Legnini ha detto a Repubblica che si è verificato troppo spesso, e che va superato
Repubblica dedica domenica una pagina a un’intervista a Giovanni Legnini, senatore del PD, avvocato e vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura. L’intervista è stata fatta da Liana Milella, che si occupa di cronaca giudiziaria e giustizia su Repubblica da anni e che in passato è stata una dei più visibili esponenti di un fronte giornalistico incline ad “aiutare” le inchieste giudiziarie, soprattutto nei tempi di maggiori scontri politici sul tema. L’intervista è interessante anche alla luce di quello che il vicedirettore di Repubblica Gianluca Di Feo aveva scritto sabato in un commento autocritico sull’essersi sottratti molti giornalisti al compito di “controllo” sul potere giudiziario:
Anche noi giornalisti dobbiamo riconoscere di avere rinunciato a una funzione critica nei riguardi delle iniziative dei pubblici ministeri, prestandoci ad amplificare l’eco di procedimenti dalle basi dubbie, senza dedicarci all’approfondimento dei fatti e della rilevanza penale
E la dose è rincarata da Legnini, che, pur non essendo un magistrato, ha una carica molto importante nel CSM.
Non mi dirà adesso che è tutta colpa della stampa…
Non mi iscrivo tra i fustigatori dei media, se un giornalista ha una notizia è normale che la pubblichi. È anche vero però che il cortocircuito giustizia-politica-informazione, da molti denunciato, si è verificato con troppa frequenza. Bisogna superarlo, garantendo una corretta comunicazione delle indagini, che spetta ai capi delle procure assicurare, e, se mi permette, una dose aggiuntiva di rispetto delle regole deontologiche proprie dei giornalisti
Che fa? Ci accusa di essere scorretti?
No. Ma lo scandalismo e l’utilizzo strumentale e a fini politici di notizie o atti di indagine coperti dal segreto non è annoverabile tra i canoni della corretta informazione.
La parte più interessante è quella in cui Legnini dice «è anche vero però che il cortocircuito giustizia-politica-informazione, da molti denunciato, si è verificato con troppa frequenza»: perché di solito si dice “da molti denunciato” riferendosi a se stessi, per mostrare di avere avuto ragione. Ma in questo caso a denunciare il “cortocircuito” e le sue conseguenze sulla vita politica e civile italiana sono stati per anni gli oppositori politici di Legnini, e i giornali avversari di Repubblica su questi temi.