In Marocco hanno vinto gli islamisti
Alle elezioni parlamentari il partito del primo ministro Abdelilah Benkirane ha battuto i liberali, dopo una campagna elettorale molto combattuta
Il partito islamista moderato Giustizia e sviluppo (PJ) ha vinto le elezioni parlamentari in Marocco, che si sono tenute venerdì 7 ottobre. Sabato mattina il ministero dell’Interno ha detto che, con circa il 90 per cento dei voti contati, Giustizia e sviluppo ha ottenuto 90 seggi alla Camera bassa, mentre il suo partito rivale, il Partito dell’autenticità e della modernità (PAM), liberale e considerato vicino alla monarchia, ha ottenuto 80 seggi. Hanno votato 6 milioni e 750 mila persone, circa il 43 per cento degli iscritti alle liste elettorali. I risultati definitivi dovrebbero essere annunciati nel pomeriggio (qui c’è un po’ di contesto sulla situazione nel paese prima del voto).
Il PJD è il partito dell’attuale primo ministro Abdelilah Benkirane, ex membro di un’organizzazione islamista violenta attiva negli anni Settanta. Benkirane ha da tempo rinunciato alla violenza e ha moderato molte delle sue posizioni. Nel 2007, il PJD e Benkirane si presentarono alle elezioni come forza politica moderata e istituzionale, e divennero il principale partito di opposizione. Quattro anni dopo, nel 2011, durante le proteste della primavera araba, il PJD vinse le elezioni e Benkirane diventò primo ministro del paese. Durante il suo governo, il PJD si è battuto in particolare contro la corruzione e ha adottato una serie di misure di austerità, apprezzate anche all’estero, per rimettere ordine nei bilanci dello stato. Ma il partito è anche stato colpito da numerosi scandali ed è stato attaccato per la sua politica economica troppo rigida.
Alle elezioni di venerdì il PAM era l’unico vero avversario per il PJD: è una formazione liberale e di centrosinistra, che tra i suoi punti programmatici ha fermare quella che chiama l’islamizzazione del paese e legalizzare la marijuana. Il Marocco, infatti, è uno dei principali produttori di cannabis al mondo e secondo gli esponenti del PAM la coltivazione di marijuana dà lavoro a circa un milione e mezzo di marocchini. Il PAM venne fondato nel 2008 dal suo attuale leader, Ilyas el Omari, un ex consigliere del re, e per questo motivo è considerato un partito piuttosto vicino alla monarchia.
Il Marocco è una monarchia costituzionale, ma a differenza delle monarchie europee, il re gode ancora di molti poteri, come ad esempio quello di sciogliere le camere e di nominare il primo ministro. L’attuale re è Mohammed VI, il terzo monarca a regnare quando il Marocco ha riconquistato la sua indipendenza nel 1956. La dinastia a cui appartiene, gli Alawidi, regna sul Marocco da 350 anni.
La campagna elettorale è stata molto combattuta. Il PAM è stato accusato dagli islamisti di essere il partito del potere costituito e del “tahakom”, il nome con cui i marocchini indicano una sorta di teoria del complotto secondo cui la corte, il ministero dell’Interno e la polizia segreta formano un gruppo occulto che cerca di influenzare segretamente il destino del paese, in modo da favorire una piccola élite. Il PAM ha risposto attaccando il PJD per i suoi supposti legami con gli islamisti più radicali e accusandolo di fornire copertura ideologica ai religiosi estremisti che reclutano giovani marocchini per combattere insieme all’ISIS. Il giorno delle elezioni è stato piuttosto teso ed entrambi i partiti si sono scambiati accuse di brogli. A Rabat, una città del nord del paese, un candidato islamista è stato cacciato dal seggio e ferito.