I temibilissimi pesci rossi
Se liberati in natura crescono fino a 40 centimetri per due chili di peso, si riproducono fino a infestare i corsi d'acqua e smettono di essere rossi
Nel sudovest dell’Australia, a circa 300 chilometri da Perth, c’è un fiume, il Vasse, il cui ecosistema è stato devastato dai pesci rossi: “una delle specie acquatiche più invasive del mondo”. Iniziò tutto una ventina d’anni fa, quando probabilmente qualcuno buttò un paio di piccoli e innocenti pesci rossi nel fiume, lungo poco più di 30 chilometri. Come ha scritto il New York Times, «quei pesci rossi crebbero, nuotarono verso valle, devastarono l’acqua ovunque andarono e si riprodussero a più non posso. Non ci misero molto a conquistare l’intero fiume».
Del problema del fiume Vasse si stanno occupando dal 2003 i ricercatori della Murdoch University di Perth, la capitale dell’Australia Occidentale: stanno cercando di tracciare i pesci rossi, controllarne l’aumento e studiarne le caratteristiche, anche catturandoli e «congelandoli fino a farli morire, per studiarli in laboratorio». Intanto i pesci rossi del fiume Vasse continuano a cavarsela alla grande: alcuni sono lunghi 40 centimetri e pesano quasi due chili. Sono quindi più grandi e pesanti di alcuni degli acquari usati per contenerli in cattività.
Un pesce rosso del fiume Vasse (Stephen Beatty)
Fa strano pensare che quei piccoli e in apparenza fragilissimi pesciolini possano lottare e vincere nel duro ecosistema dell’Australia, ma succedono cose simili in molte altre parti del mondo. I pesci rossi del fiume Vasse sono però particolari perché – come ha detto Stephen Beatty, uno dei ricercatori della Murdoch University – «crescono a ritmi più grandi rispetto a qualsiasi altro pesce rosso al mondo». Riuscire a fermare la proliferazione dei pesci rossi in quel fiume sarebbe quindi fondamentale per fermarne altre, simili, in altre parti del mondo, ed essere pronti per prevenirne di future.
I pesci rossi sono originari dell’Asia orientale e si pensa che si iniziò ad allevarli e selezionarli in Cina, intorno all’anno Mille. Si scoprì infatti che facendo nascere e crescere certe specie di carpa in acque con una certa temperatura (un po’ più alta di quella che trovavano in natura) diventavano rosse, e non gialle o bruno-olivastri come altrimenti erano. I pesci rossi piacquero, si affermarono come una cosa che portava fortuna, dopo qualche centinaio di anni arrivarono in Europa e poi in America, nel Diciannovesimo secolo. Negli Stati Uniti i pesci rossi andarono molto di moda dopo che la Commission of Fisheries – un’associazione dell’industria ittica – iniziò a regalarli ai cittadini di Washington (fino a 20mila all’anno), per farsi pubblicità.
Nel resto del mondo i pesci rossi si sono invece diffusi più normalmente: sono piccoli, costano poco o nulla e occuparsene è molto semplice. Se liberati in natura – soprattutto se in un’acqua stagnante, tiepida e particolarmente nutriente come quella del fiume Vasse – i pesci rossi cambiano: colore, in un po’ di generazioni, e dimensioni. E diventano “un incubo ecologico”: «sradicano la vegetazione, mangiano le alghe, i piccoli invertebrati e uova di altri pesci e, come se non bastasse, trasmettono ad altri pesci malattie e parassiti». Le femmine di pesce rosso producono fino a 40mila uova l’anno, più di quasi ogni altra specie di pesce d’acqua dolce, e i pesci rossi possono anche incrociarsi con altre specie di carpa, cosa che rende più facile il loro proliferare. In assenza di predatori, la maggior parte delle uova si trasformano in pesci che arrivano all’età adulta, continuando così un «dilagante ciclo di sovrappopolazione».
Qualche settimana fa la rivista The Ecology of Freshwater Fish ha pubblicato uno studio fatto dai ricercatori della Murdoch University: parla delle migrazioni dei pesci rossi che devono deporre delle uova ed è basato sulle osservazioni fatte sul fiume Vasse. Per prima cosa i ricercatori hanno capito quanta strada fa un pesce rosso in un giorno: almeno diverse centinaia di metri. Un pesce rosso in particolare ha percorso più di 225 chilometri in un anno. In più “migrano” per deporre le uova, ed è una cosa di cui prima d’ora non si era certi. Come ha scritto il New York Times: «Sì, quegli stessi pesci che teniamo in piccole sfere in cui girano in cerchio, sanno nuotare in banchi fino alle paludi, quando è il momento di deporre le uova».
La comprensione degli spostamenti dei pesci rossi aiuterà chi di dovere a catturarne il più possibile, quando vanno quasi tutti nello stesso posto per deporre le uova. Per quanto riguarda i piccoli e innocenti pesci rossi che abbiamo in casa: non bisogna ovviamente buttarli in un fiume e nemmeno nel water (ci sono davvero piccole possibilità che possano sopravvivere e comunque non è un bel modo di liberarsene). Se dovessero iniziare a stare male o se proprio ce ne dovessimo liberare, il modo migliore per ucciderli è probabilmente congelarli.