La battaglia femminista per le tasche
Sembra un argomento frivolo ma nel Novecento divennero un simbolo dell'emancipazione delle donne: permettevano libertà di movimento e autonomia
Solitamente i pantaloni e le giacche da uomo hanno tasche numerose e capienti in confronto a quelle dei vestiti femminili, e anche per questo è difficile vedere una donna per strada senza borsa al contrario degli uomini. La rivista Racked ha spiegato le ragioni di questa differenza, ripercorrendo la storia delle tasche nei capi sia maschili che femminili, raccontando come le tasche piccole siano state anche una scomodità per le donne. Come scrisse la scrittrice Charlotte Perkins Gilman nel 1905 sul New York Times: «C’è un aspetto di superiorità nell’abbigliamento da uomo ed è il fatto che è adatto alle tasche. Le donne devono portare le borse, a volte cucite agli abiti, a volte legate, a volte tenute in mano, ma una borsa non è una tasca».
La storia delle tasche da donna
Nel Medioevo sia gli uomini che le donne portavano borse legate alla cintura, un po’ come si fa con i moderni marsupi, che ne sono un’evoluzione. Probabilmente si faceva così anche nei tempi antichi, come fa pensare una borsa simile ritrovata anche addosso a Ötzi, la mummia di un uomo preistorico scoperta nel 1991 nel Ghiacciaio del Similaun. Le borse vennero nascoste nei vestiti per ragioni di sicurezza dal XIII secolo in poi, dato che con la crescita delle città anche i ladri divennero più abili a rapinare le persone per strada senza che queste se ne accorgessero. Così nelle giacche degli uomini e nelle sottogonne delle donne si iniziarono a cucire fessure per accedere alle prime tasche, che erano simili a piccole borse appese internamente ai vestiti.
Fu solo alla fine del Seicento che le tasche vennero cucite ai vestiti degli uomini, nei cappotti, nei panciotti e nei pantaloni. Nei vestiti femminili non accadde lo stesso e le donne continuarono a portare piccole sacche rimovibili che venivano legate in vita e infilate tra i molti strati delle gonne. Nei dipinti settecenteschi non si vedono quasi mai, perché dovevano rimanere nascoste, ma erano molto decorate e capienti: potevano contenere kit da cucito, cibo, chiavi, occhiali, orologi, bottigliette di profumo, pettini, denaro, il necessario per scrivere un biglietto e tabacchiere. In pratica venivano usate come le moderne borse, spiega il sito del Victoria and Albert Museum di Londra, e spesso le donne ne indossavano due contemporaneamente. Ad esempio nel romanzo Pamela di Samuel Richardson, pubblicato nel 1740, la protagonista fugge mettendo tutti i suoi averi nelle proprie tasche, che quindi dovevano essere molto grandi. Qualcosa di simile a queste antiche grandi tasche si è visto alla sfilata della collezione primavera-estate 2017 del marchio italiano Marni: la direttrice creativa Consuelo Castiglioni ha disegnato molti vestiti e cappotti con tasche larghe e ampie, a volte fissate a una cintura e non cucite, una sorta di via di mezzo tra tasche e borse.
Un’illustrazione del 1803 fatta da William Nutter, che mostra una bambina che cerca una moneta nella tasca che ha nella gonna (© Victoria and Albert Museum, Londra)
Racked spiega che dopo la Rivoluzione Francese, alla fine del Settecento, lo stile degli abiti femminili cambiò, le gonne diventarono più aderenti al corpo e fu alzata la linea della vita negli abiti: si passò al cosiddetto “stile impero” in cui non c’era più spazio per le tasche femminili com’erano state fino a quel momento. Tuttavia le donne avevano ancora bisogno di un modo per portare i propri oggetti personali e così cominciarono a usare delle borsette, più simili a sacchetti che alle borse contemporanee, di stoffa e molto decorate. Spesso erano fatte con delle reti che davano la forma e una stoffa che faceva da fodera e impediva agli oggetti di uscire. In inglese erano chiamate “reticules“, parola che veniva intesa come contrazione di “ridiculous“, cioè “ridicolo”, perché gli uomini le consideravano un accessorio frivolo. Gli unici abiti femminili ottocenteschi che avevano tasche nascoste nelle gonne erano quelli delle bambine, delle donne anziane e delle donne della classe operaia.
In questa immagine del film Orgoglio e pregiudizio (2005) Brenda Blethyn, che interpreta il personaggio della Signora Bennet, porta appunto una borsetta come usava tra la fine del Settecento e l’inizio dell’Ottocento.
Negli stessi anni anche i pantaloni degli uomini cambiarono, sempre per via della Rivoluzione Francese e del ruolo che ne ebbero i cosiddetti “sanculotti”, cioè coloro che non facevano parte né della nobiltà né dell’alta borghesia e per questo non portavano le culottes, i pantaloni sotto il ginocchio delle classi più agiate. Dalla Francia la moda dei pantaloni fino alla caviglia si diffuse nel resto d’Europa, diffondendo insieme alle divise militari le tasche come le conosciamo oggi. L’ultimo paese in cui i pantaloni furono ammessi fu lo Stato della Chiesa: fino al 1827 erano infatti proibiti perché si pensava favorissero l’attrazione delle donne per gli uomini.
Un altro accessorio utilizzato dalle donne nell’Ottocento, almeno nel Regno Unito, era la “chatelaine” un tipo di spilla che veniva fissata alla cintura e da cui pendevano vari oggetti grazie a catenelle metalliche: a differenza delle borsette, che tenevano gli oggetti personali nascosti alla vista delle altre persone, questi strumenti mettevano tutto in mostra. Si chiamava chatelaine, letteralmente “castellana”, perché doveva servire a trasportare tutti gli oggetti di cui una padrona di casa poteva aver bisogno nel corso della giornata, fino a 12 o 13. Ovviamente facevano molto rumore e c’erano anche delle vignette che prendevano in giro questi scomodi oggetti.
Una chatelaine (Wikimedia Commons)
Secondo Paul Johnson, uno storico e giornalista inglese, i pantaloni e le tasche crearono un nuovo tipo di disuguaglianza tra uomini e donne, dato che le chatelaines e le borsette, che in qualche modo occupano le mani o le braccia, limitavano il movimento delle donne e rendevano più complicato cercare gli oggetti. In un articolo del 2011 sul quotidiano Spectator, Johnson raccontò che nel 1954 lo stilista francese Christian Dior gli disse: «Gli uomini hanno le tasche per tenerci le cose, le donne per decorazione». Comunque anche le tasche maschili sono cambiate nel tempo: fino al Settecento erano cucite all’interno dei vestiti per non lasciar intravedere gli oggetti. Nell’Ottocento avere delle tasche cucite all’esterno dei vestiti, e dunque in vista, divenne però un segno di ricchezza e ostentazione: un esempio è il taschino da orologio, che se troppo discreto veniva messo in evidenza dalla catena attaccata all’orologio.
Secondo Racked il fatto che i vestiti da donna non avessero tasche o ce le abbiano tuttora molto piccole è un residuo del sessismo del passato ed è anche una faccenda politica. Passando dalle grandi tasche del Seicento e del Settecento alle borsette degli anni di Jane Austen, le donne ebbero più difficoltà a trasportare in modo sicuro i loro oggetti ed essere indipendenti nello spazio pubblico. Alla fine dell’Ottocento le tasche divennero una questione da femministe. Nel 1881 venne fondata a Londra la Society for Rational Dress: si opponeva ai corsetti e proponeva di usare pantaloni larghi per dare alle donne maggiore libertà di movimento, in particolare per andare in bicicletta. I vestiti auspicati dalla Society for Rational Dress avevano anche molte tasche – negli abiti maschili dell’epoca potevano essercene anche 15 diverse, compresa una destinata ai biglietti del tram o del treno. Le tasche da donna della Society for Rational Dress erano ampie e permettevano di tenerci dentro le mani, un gesto considerato generalmente poco educato e femminile.
Un articolo uscito nel 1899 sul New York Times scriveva che la civiltà stessa è fondata sulle tasche e che il genere femminile non avrebbe mai potuto competere con quello maschile fino a quando non le avesse avute. All’epoca le tasche erano davvero associate alle lotte per i diritti politici delle donne, tanto che un altro articolo del Times del 1910 sottolineava che i vestiti delle suffragette ne fossero pieni. Ancora negli anni Cinquanta le donne si lamentavano per la mancanza di tasche; Gwen Raverat, intagliatrice nipote di Charles Darwin e membro del Bloomsbury Group, scrisse in quegli anni: «Perché non possiamo avere tasche? Chi lo proibisce? Abbiamo il suffragio femminile, perché dobbiamo ancora essere inferiori agli uomini?». Oggi di tasche nei vestiti da donna ce ne sono molte, e a volte anche spaziose, anche se in generale, soprattutto per quanto riguarda i pantaloni, non sono grandi come quelle degli uomini. Sicuramente l’industria della moda non ha interesse a proporre tasche grandi che possano sostituire le borse: un’altra fetta del loro mercato ne sarebbe infatti danneggiata.