• Moda
  • Martedì 4 ottobre 2016

Come sono andati i nuovi attesi direttori creativi a Parigi

Cioè quelli di Dior, Saint Laurent, Lanvin e Valentino: alle prese con la loro prima collezione per questi storici marchi, e recensiti più o meno bene dalla stampa

di Enrico Matzeu – @enricomatzeu

Anthony Vaccarello dopo la prima sfilata per Yves Saint Laurent, Parigi, 27 settembre 2016
(BERTRAND GUAY/AFP/Getty Images)
Anthony Vaccarello dopo la prima sfilata per Yves Saint Laurent, Parigi, 27 settembre 2016 (BERTRAND GUAY/AFP/Getty Images)

La settimana della moda di Parigi, in corso dal 27 settembre al 5 ottobre, ha chiuso il mese in cui sono state presentate le collezioni per la primavera/estate 2017. Non ci sono state grosse novità nelle altre città, a parte alcuni marchi che a New York hanno presentato la linea autunnale, introducendo il concetto di “see-now, buy-now”; a Londra i giornalisti si sono interessati agli stilisti più giovani mentre a Milano si è discusso molto se la settimana della moda italiana si stia rinnovando o meno. Si è parlato anche di fashion blogger, dopo che le giornaliste di Vogue America le hanno accusate di abbassare il livello dello stile. Le sfilate di Parigi invece erano molto attese soprattutto per il debutto dei nuovi direttori creativi di quattro marchi molto importanti: Anthony Vaccarello da Saint Laurent, Maria Grazia Chiuri da Dior, Bouchra Jarrar da Lanvin e la prima collezione disegnata da solo di Pier Paolo Piccioli da Valentino, solitamente in coppia con Chiuri. Se n’è scritto molto su queste sfilate e ci sono stati commenti positivi e negativi, e diversi cambiamenti di stile all’interno dei marchi.

Saint Laurent

Anthony Vaccarello ha presentato la sua prima collezione per Saint Laurent dopo che Hedi Slimane, il precedente direttore creativo, se ne era andato lo scorso febbraio, in polemica con i capi di Kering, la holding del lusso che controlla Saint Laurent. Vaccarello arriva da Versus, la seconda linea di Versace; aveva anche una sua azienda che ha chiuso per dedicarsi completamente al nuovo lavoro. Tim Blanks sottolinea sulla rivista Business of Fashion che Vaccarello ha una grande responsabilità, perché lo stile di Slimane è sempre piaciuto molto a clienti e critica e ha portato Saint Laurent a un miliardo di dollari di fatturato. Inoltre dal ritiro di Yves Saint Laurent, il fondatore della casa di moda, nel 2002 ci sono sempre stati stilisti molto apprezzati: Alber Elbaz, Tom Ford e Stefano Pilati.

Blanks scrive anche che Vaccarello è stato cauto, non ha stravolto lo stile di Slimane e di Saint Laurent ma ha proseguito in quella direzione, ispirandosi agli anni Ottanta e in particolar modo al tubino disegnato da Saint Laurent nel 1982, che ha riproposto in pelle. Ha scelto tagli e tessuti molto usati da Yves Saint Laurent, e aggiunto che inserirà i capi per cui è diventato famoso, come lo smoking femminile e il caban (un cappotto sportivo e a doppio petto) nelle prossime collezioni. Il vero cambiamento è stato la reintroduzione del nome Yves nel logo – che Slimane aveva tolto – mentre l’acronimo YSL è stato usato sia negli accessori, per esempio nel tacco di un paio di décolleté nere, sia nell’allestimento della sfilata. Fuori dall’ex monastero nel centro di Parigi in cui si è tenuta la sfilata, infatti, c’era una gru dalla quale pendeva un enorme logo YSL completamente illuminato.

Lanvin

La casa di moda Lanvin, una delle più antiche al mondo, ha come nuova direttrice creativa la stilista francese Bouchra Jarrar, molto apprezzata per la sua linea personale di haute couture. Jarrar ha sostituito Alber Elbaz, un compito molto difficile, perché era riuscito a rilanciare il marchio che al suo arrivo era stato quasi dimenticato. Jarrar ha dovuto affrontare anche le molte proteste dei dipendenti di Lanvin contro il licenziamento di Elbaz da parte della proprietaria della società, l’imprenditrice taiwanese Shaw-Lan Wang. I critici di moda si sono divisi su che giudizio dare alla collezione. Robin Givhan del Washington Post l’ha definita per esempio «magnifica», Vanessa Friedman ha scritto sul New York Times che Jarrar è riuscita a rappresentare molteplici aspetti della femminilità, mentre per Simone Marchetti di D è stata deludente e troppo debole, tanto da non reggere il confronto con Elbaz, che proprio durante la settimana della moda di Parigi, è stato in insignito della Legion D’Onore dal presidente della Repubblica francese François Hollande.

Christian Dior

La stilista Maria Grazia Chiuri ha debuttato come direttore artistico di Christian Dior. C’era molta attesa: è la prima volta che una donna disegna una linea di Dior, e anche la prima volta che Chiuri lavora senza Pierpaolo Piccioli, con cui è stata codirettrice artistica per Valentino fino allo scorso luglio. Chiuri ha sostituito Raf Simons, che se n’è andato nell’autunno 2015 e che è sempre stato molto apprezzato dalla stampa.

Come scrive Vanessa Friedman sul New York Times, la collezione è dedicata al femminismo: su una maglietta c’è per esempio scritto “We should all be feminists” (“Dobbiamo essere tutti femministi”), citazione della scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie, che era seduta in prima fila. Ci sono gonne in tulle ricamato, molto simili a quelle che faceva da Valentino, insieme ad abiti con corpetti sagomati tipici di Dior e casacche trapuntate, che ricordano le divise della scherma; una modella dai capelli corti che ne indossava una ha ricordato a molti la schermitrice paralimpica Beatrice Vio, anche lei seduta nel pubblico. Chiuri ha spiegato che la collezione è un omaggio non solo a Christian Dior ma anche gli stilisti che l’hanno preceduta alla direzione della casa di moda. Ha utilizzato, per esempio, una fascetta con la scritta “J’Adior” per le spalline delle canotte o sugli elastici delle gonne, che ricordava il motto “J’adore Dior” introdotto da John Galliano; oppure i pantaloni bianchi dal taglio maschile disegnati da Hedi Slimane per Dior Homme.

La reazione della stampa alla sfilata è stata abbastanza fredda, nessuno ha fatto commenti negativi, tranne alcune perplessità della critica di Vogue Suzy Menkes su Instagram; non ci sono state però neanche recensioni entusiastiche. Simone Marchetti ha scritto su D che «La cifra più bella di questa collezione è proprio la mancanza di supponenza: qualità che farà impennare le vendite nei negozi e infuriare le penne dei critici più ancien régime».

Valentino

A Parigi c’è stata la prima sfilata di Valentino disegnata solo dallo stilista Pier Paolo Piccioli senza la collega Maria Grazia Chiuri. A luglio, quando arrivò la notizia che Chiurli era stata assunta a Dior, molti si chiesero come avrebbe lavorato Piccioli senza di lei; mesi dopo le reazioni della stampa alla sfilata sono state molto buone. Sarah Mower scrive su Vogue America che le aspettative non solo sono state soddisfatte ma addirittura superate, e che Piccioli è stato in grado di fare una bellissima collezione anche da solo. Si è ispirato all’arte medievale e al lavoro della stilista inglese Zandra Rhodes, molto famosa negli anni Settanta e Ottanta per gli abiti dalle stampe coloratissime considerati un simbolo di rottura e ribellione. Piccioli ha collaborato con Rhodes e le ha chiesto di reinterpretare i disegni del pittore olandese Hieronymus Bosch, che ha poi utilizzato per i vestiti di Valentino. Tim Blanks spiegato su BoF che la vera sorpresa non sono stati tanto i cambiamenti che ha fatto, quanto la sua capacità di lasciare tutto com’era. In sostanza la collezione è piaciuta perché Piccioli non ha stravolto le cose ma è riuscito a mantenere lo stesso stile di prima.