Chi ruba il petrolio della Nigeria?
Il governo nigeriano ha accusato diverse compagnie petrolifere internazionali, tra cui Eni, di avere sottratto gas e petrolio per 17 miliardi di dollari tra il 2011 e il 2014
Alla Nigeria hanno rubato 17 miliardi di dollari di petrolio e gas naturale tra il 2011 e il 2014, dice il governo nigeriano. Da tempo il presidente nigeriano Muhammadu Buhari sostiene che una quantità “sbalorditiva” di risorse sia stata sottratta dall’industria petrolifera e gassifera nigeriana, ma finora non erano state fatte stime precise. Il mese scorso però un deputato del Parlamento nigeriano, Johnson Agbonayinma, ha parlato di sottrazioni per 17 miliardi di dollari, per le quali il governo ha accusato alcune società petrolifere internazionali tra cui l’americana Chevron, l’olandese Shell e l’italiana Eni. Chevron, Shell, Eni e altre società, sostiene il governo, non avrebbero dichiarato l’esportazione di petrolio e gas naturale per 12,7 miliardi di dollari: contro di loro ha avviato un’azione legale e le prime udienze cominceranno venerdì presso un tribunale nigeriano. Chevron ha detto al Wall Street Journal che le accuse del governo nigeriano sono del tutto infondate e Shell ha aggiunto che continuerà a fare affari in Nigeria nel rispetto della legge. Anche Eni ha detto che le accuse sono infondate e che si difenderà in tribunale.
L’azione legale intrapresa dal governo nigeriano si è inserita in una più ampia campagna anti-corruzione adottata dal presidente Buhari e promessa durante la sua campagna elettorale. Diversi mesi fa Buhari ha deciso di accelerare le indagini sulla corruzione nel settore petrolifero, vista l’urgenza della crisi: l’economia nigeriana, così come quelle di altri paesi produttori ed esportatori di petrolio, è stata seriamente colpita dal calo del prezzo del petrolio sul mercato mondiale. Da molto tempo la Nigeria è il maggiore produttore di petrolio di tutta l’Africa e le esportazioni di petrolio e gas rappresentano il 90 per cento delle esportazioni totali del paese. In più la situazione della Nigeria è stata resa più grave da un altro fatto: all’inizio del 2016 alcuni gruppi ribelli hanno sabotato le infrastrutture petrolifere nel delta del Niger, una regione nel sud-ovest del paese molto ricca di greggio. Il risultato è che la produzione di petrolio è diminuita di circa mezzo milione di barili al giorno, arrivando oggi a 1,5 milioni di barili rispetto ai normali 2. La Nigeria è entrata ufficialmente in recessione nel secondo trimestre di quest’anno.
Al di là del crollo del prezzo del petrolio e della produzione, rimane il guaio del petrolio sottratto, per il quale il governo nigeriano accusa le compagnie petrolifere internazionali. Il problema più grosso riguarda direttamente il modo in cui funziona in Nigeria un pezzo del sistema di estrazione ed esportazione del petrolio: il petrolio non viene quantificato nei pozzi petroliferi, dove viene estratto, ma solo al terminale per l’esportazione, da dove parte per essere trasferito verso gli Stati Uniti e la Cina per esempio. Il risultato è che se vengono estratti 100 barili di petrolio ma la compagnia petrolifera che ha la concessione per sfruttarlo dice che al terminale gliene sono arrivati solo 80, ce ne sono 20 che non vengono pagati. Il governo nigeriano dice di avere misurato questa mancanza confrontando la quantità dichiarata dalle società ai terminali per l’esportazione con quella arrivata nei porti di destinazione.
Gli avvocati che si stanno occupando della questione per conto del governo nigeriano hanno scritto che il governo ha subìto enormi perdite finanziarie come risultato del fatto che le compagnie abbiano dichiarato meno petrolio di quanto ne esportassero e hanno chiesto risarcimenti per centinaia di milioni di dollari. Nel frattempo in Nigeria si sta riparlando di approvare una legge parcheggiata in Parlamento da anni, che riguarda la riorganizzazione del settore petrolifero nazionale e che dovrebbe, tra le altre cose, modificare il modo in cui viene misurato il greggio.