“Fuocoammare”, la storia e il documentario
Girato a Lampedusa da Gianfranco Rosi, ha vinto l'Orso d'oro al Festival del cinema di Berlino: è stato trasmesso questa sera su Rai 3
Fuocoammare è stato trasmesso questa sera su Raitre per la prima volta in tv. Il documentario di Gianfranco Rosi lo scorso febbraio ha vinto l’Orso d’oro al Festival del cinema di Berlino ed è il candidato italiano all’Oscar come miglior film straniero.
Fuocoammare è stato girato sull’isola di Lampedusa, e ne racconta le due realtà principali: quella di chi ci è nato e ci vive, soprattutto pescatori, e quella dei migranti che ci arrivano dal Nordafrica attraversando il mare. Tra i protagonisti del film ci sono il ragazzino Samuele, di cui Rosi racconta le giornate tra scuola, pesca e famiglia, e il dottor Pietro Bartolo, il medico di Lampedusa che negli ultimi anni si è trovato ad affrontare in prima persona tutti i problemi sanitari – e non solo – che riguardano i migranti che arrivano sull’isola, dalle gravidanze alle numerose morti. Bartolo di recente ha raccontato la sua esperienza in un libro, Lacrime di sale.
Gianfranco Rosi è nato ad Asmara, in Eritrea, nel 1964, e a vent’anni si è trasferito a New York per studiare cinema. Il suo primo mediometraggio – si chiamano così quando non sono né corti né lunghi – si intitola Boatman ed è stato realizzato dopo un viaggio in India. Nel 2010 Rosi ha girato El sicario – Room 164, un film-intervista su un ex sicario messicano che lavorava per un cartello della droga. Rosi è però noto al cosiddetto “grande pubblico” italiano dal 2013, quando il suo documentario Sacro GRA – girato sul Grande Raccordo Anulare di Roma – ha vinto il Festival di Venezia. Gli esperti di cinema parlano di Rosi come di un regista che ama conoscere a fondo i posti dove sono ambientate le storie che racconta: per girare Fuocoammare, per esempio, ha vissuto più di un anno a Lampedusa. Quando ha vinto l’Orso d’oro Rosi ha detto:
Dedico il premio a tutte le persone che non sono riuscite ad arrivare su quest’isola nel loro viaggio della speranza, e ai lampedusani che dai primi sbarchi del 1991 accolgono chi scappa dalla fame e dalle guerre. È un posto di pescatori che accetta tutto quello che viene dal mare. Una lezione che dovrebbe essere imparata da tutti. Non è accettabile che la gente muoia in fuga dalle tragedie.
Qualche giorno dopo la premiazione, Rosi ha scritto in un articolo su Repubblica di aver consegnato il premio al dottor Bartolo perché lo portasse sull’isola, e ha proposto che agli abitanti di Lampedusa e a quelli dell’isola greca di Lesbo venga assegnato il premio Nobel per la pace.