Le famiglie dei morti dell’11 settembre potranno fare causa all’Arabia Saudita
Lo ha deciso il Congresso americano, andando contro al veto di Obama per la prima volta nei suoi otto anni di presidenza
Mercoledì 28 settembre il Congresso degli Stati Uniti ha approvato una legge che permetterà ai parenti delle persone uccise negli attacchi dell’11 settembre 2001 di procedere legalmente contro l’Arabia Saudita, paese dal quale provenivano 15 dei 19 terroristi che compirono gli attacchi. Sia la Camera che il Senato – entrambi a maggioranza Repubblicana – hanno approvato la legge a larghissima maggioranza (97-1 in Senato, 348-77 alla Camera), andando contro il veto che il presidente Barack Obama aveva posto sulla legge. La decisione del Congresso è importante per almeno due motivi: è stata la prima volta durante gli otto anni della presidenza Obama che il Congresso ha deciso di andare contro un veto presidenziale (hanno votato per approvare la legge anche la maggior parte dei deputati e senatori Democratici); e ha mostrato che i sauditi hanno perso gran parte di quell’influenza che avevano esercitato in passato su molti membri del Congresso.
La legge approvata mercoledì modifica il Foreign Sovereign Immunities Act del 1976, una legge che garantiva ai paesi stranieri un’ampia immunità dai procedimenti legali intentati contro di loro negli Stati Uniti. Con le modifiche introdotte, i cittadini statunitensi potranno fare causa nei tribunali federali a un paese straniero, quando pensano che quel paese possa avere avuto un ruolo in attacchi terroristici compiuti in territorio americano e che hanno ucciso cittadini americani. Molti deputati e senatori che hanno votato a favore della legge, ha scritto il Washington Post, hanno detto che il voto di mercoledì non dovrebbe essere interpretato come un’accusa diretta del Congresso all’Arabia Saudita, riguardo al suo coinvolgimento negli attacchi dell’11 settembre. È una questione molto discussa, e su cui però non ci sono conclusioni definitive: il governo saudita ha negato a lungo di avere avuto un ruolo nell’organizzazione degli attentati dell’11 settembre e la commissione investigativa incaricata di trovare eventuali prove ha detto che non ci sono elementi che facciano pensare che “il governo saudita come istituzione o funzionari sauditi come individui” abbiano finanziato al Qaida, il gruppo terroristico che compì gli attacchi. La stessa commissione ha però detto di non poter escludere che esponenti del governo saudita abbiano avuto un ruolo nella preparazione degli attacchi, e nel corso degli anni sono emersi diversi indizi a sostegno di questa tesi.
Una versione iniziale della legge approvata mercoledì era stata presentata nel 2009, ma è diventata rilevante solo nella primavera 2016, con la progressiva pressione delle famiglie delle persone uccise l’11 settembre e l’avvicinarsi delle elezioni di Camera e Senato, che si terranno lo stesso giorno delle presidenziali, l’8 novembre. Obama ha commentato il voto del Congresso a CNN dicendo: «Penso che sia stato uno sbaglio, ma capisco perché è successo. È un esempio del perché, a volte, si deve fare la cosa più difficile, e francamente speravo che il Congresso decidesse diversamente. Ma non mi aspettavo che lo facesse, perché se lo avesse fatto la percezione comune sarebbe stata di un suo voto contro le famiglie dell’11 settembre, proprio poco tempo prima delle elezioni. Però sarebbe stata la cosa giusta da fare». Obama si era espresso contro la legge anche in passato, spiegando che «non aumenta la sicurezza degli americani di fronte agli attacchi terroristici e indebolisce gli interessi vitali degli Stati Uniti».
I dubbi sulla legge espressi dall’amministrazione sono diversi: c’è il rischio di deteriorare ancora di più le relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita, che sono in crisi già da diversi anni (l’Arabia Saudita è uno dei più importanti alleati degli Stati Uniti in Medio Oriente). E c’è il rischio di creare un precedente pericoloso, come lo ha definito Obama, sulle cui conseguenze il Congresso non ha discusso a sufficienza. Alcuni senatori hanno anche scritto una lettera esprimendo i loro dubbi sulle potenziali implicazioni del provvedimento. Tra queste c’è l’eventualità che, come conseguenza delle cause di cittadini americani contro altri stati, gli Stati Uniti possano cominciare a essere oggetto a loro volta di cause legali nei tribunali stranieri, per ripicca: una situazione che potrebbe mettere a rischio le molte attività militari e di intelligence che gli americani compiono in diverse zone del mondo. Il voto di mercoledì ha mostrato anche un’altra cosa: la sempre minore influenza dei sauditi sulle decisioni del Congresso statunitense. La scorsa settimana, per esempio, il Senato americano aveva votato una legge che prevede una riduzione della vendita di armi verso l’Arabia Saudita almeno fino a che i sauditi non smetteranno di colpire i civili nella guerra in Yemen.