I fashion blogger sono «patetici» o sono il futuro della moda?
La polemica è iniziata con un articolo molto critico di "Vogue", che li ha accusati di "distruggere lo stile" per soldi e vanità
di Enrico Matzeu – @enricomatzeu
Su molti importanti siti e blog di moda è in corso da giorni una discussione sul ruolo dei fashion blogger, le persone che scrivono di moda sul loro blog, che danno consigli su come vestirsi o si fanno fotografare indossando abiti di stilisti famosi e poi pubblicandoli sui social network: alcuni di loro sono decisamente famosi, hanno milioni di follower e finiscono per influenzare con i loro gusti e opinioni il mondo della moda. Tutto è iniziato dopo che il sito di Vogue America ha pubblicato un articolo in cui alcune giornaliste fanno il bilancio della Settimana della moda di Milano. Nell’articolo ci sono anche molte critiche ai blogger di moda, che si prestano a indossare vestiti regalati dai marchi, spesso senza alcun gusto e cercando di mettersi in mostra per farsi fotografare dagli “street photographer”: vengono definiti via via «tristi», «imbarazzanti» e «patetici».
Sally Singer ha criticato l’abitudine dei blogger di cambiarsi in continuazione: «consiglio ai blogger che si cambiano ogni ora da capo a piedi e sono pagate per farlo: per favore, smettetela. Trovate un altro lavoro, state causando la morte dello stile». La famosa critica Sarah Mower se l’è presa soprattutto con quelli che stanno fuori dalle sfilate vestiti in modo eccentrico e che «rischiano la vita in mezzo al traffico pur di farsi fotografare», mentre per Alessandra Codinha molti di loro non sono nemmeno blogger, dato che un blog non ce l’hanno più e «hanno solo voglia di apparire, rendersi ridicoli e mettersi in posa». Le critiche sono state quindi molto dure e pesanti, dato che arrivano dalla rivista di moda più autorevole al mondo.
Il fenomeno dei fashion blogger è nato un po’ di anni fa, quando alcune ragazze e poi anche i ragazzi iniziarono a pubblicare su blog e siti internet loro foto in cui sono vestiti in modo eccentrico o considerato alla moda. Il fenomeno si è evoluto molto, soprattutto grazie ai social network, e per alcuni è diventata una vera e propria professione, come per esempio per l’italiana Chiara Ferragni, considerata la fashion blogger più influente al mondo. I fashion blogger e i cosiddetti “influencer” vengono spesso pagati dalle aziende di moda per indossare gli abiti o per fare pubblicità ai loro prodotti, soprattutto pubblicando foto su Instagram. Giornalisti ed esperti li accusano di abbassare il livello della comunicazione di moda e di ridurre tutto alle immagini, senza un reale contenuto e soprattutto senza capirne veramente di moda. Le aziende invece cercano spesso di sfruttare la loro popolarità sui social per raggiungere un pubblico più ampio, che solitamente non legge le riviste di moda.
Alcuni blogger molto seguiti hanno risposto a Vogue sui social network, dicendo che le riviste di moda non fanno niente di diverso: promuovono gli abiti degli stilisti con i servizi fotografici, con modelle che indossano abiti prestati o regalati. È anche riemersa una polemica che accusa le riviste di mettere in evidenza i marchi che spendono più soldi per la pubblicità all’interno del giornale. La blogger Susie Lau, conosciuta anche come Susie Bubble – considerata tra le più brave per gli articoli dettagliati e le foto fatte alle sfilate e non soltanto a se stessa – ha scritto su Twitter che i blogger che indossano abiti prestati o a pagamento sono come i giornali che pubblicano servizi accompagnati dai prezzi a piè pagina, «con la differenza che i blogger non hanno titoli o pubblicazioni dietro ai quali nascondersi, ma devono rappresentarsi da soli». Il sito Fashionista ha raccolto le risposte di altri blogger: tutti dicono che il mondo della moda sta cambiando, e accusano i giornalisti di non capire che le persone sono più interessate a come si vestono i blogger che agli editoriali sulle sfilate. Semplicemente, gli esperti delle riviste sarebbero infastiditi dal successo dei blogger e da non avere più il controllo assoluto del sistema della moda.
La polemica è arrivata anche sui giornali italiani: tra gli altri, Simone Marchetti ha scritto su Repubblica che «La diatriba, in realtà, è sterile un po’ snob e posta male. Non tanto per la questione spinosa del conflitto di interesse (che attanaglia anche molti media classici), ma soprattutto per la necessità di fare un passo avanti in qualità, trasparenza a modernità. Da parte di tutti, sia chiaro».