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  • Mercoledì 28 settembre 2016

Breve storia del ponte di Messina

Comincia ai tempi delle guerre puniche e arriva a Matteo Renzi, passando per Carlo Magno e l'ingegner Cane

di Davide Maria De Luca – @DM_Deluca

(ANSA/FRANCESCO SAYA /DC)
(ANSA/FRANCESCO SAYA /DC)

Martedì 27 settembre il presidente del Consiglio Matteo Renzi è tornato a parlare del ponte sullo stretto di Messina, un’opera pubblica di cui si parla da decenni e che ciclicamente ritorna al centro del dibattito pubblico. Renzi ha parlato del ponte durante l’evento per celebrare i 110 anni dell’impresa di costruzioni Salini-Impregilo. Durante il suo discorso, Renzi si è rivolto ai manager della società e, a proposito dei lavori di costruzione del ponte, che in passato hanno coinvolto la stessa Impregilo, ha detto: «Noi siamo pronti».

Proprio pochi mesi fa la società Stretto di Messina SPA, creata nel 1981 per iniziare i lavori di progettazione e oggi in liquidazione, ha compiuto 35 anni. Ma la storia del ponte sullo stretto è molto più antica. Aurelio Angelini, professore dell’Università di Palermo e autore di “Il mitico Ponte sullo stretto di Messina“, la fa cominciare ai tempi delle guerre puniche, 250 anni prima della nascita di Cristo. All’epoca, racconta il geografo greco Strabone, i romani costruirono un ponte di barche per portare sul continente un contingente di elefanti che avevano catturato ai loro nemici cartaginesi. Nei secoli successivi, re e imperatori accarezzarono spesso l’idea di unire la Sicilia al continente. Secondo una storia di cui non è chiara l’origine, ci pensò anche Carlo Magno, quando durante un viaggio in Calabria si accorse di quanto erano vicine le due sponde (di recente è stato proposto di intitolare il ponte proprio al primo imperatore del Sacro Romano Impero). Fino al Diciannovesimo secolo, però, nessuno pensò seriamente che fosse possibile costruire un ponte sopra i tre chilometri e trecento metri che separano Messina dalla costa calabrese.

Poi, quindici anni dopo l’Unità d’Italia, la sinistra arrivò per la prima volta al potere portando con sé un piano di ambiziosi investimenti pubblici. Erano gli anni della rivoluzione industriale, quando poche cose sembravano impossibili per l’ingegno umano: alcuni pensarono che fosse possibile ricreare con i mezzi dell’epoca l’antico ponte di cui parla Strabone. E ricrearlo magari sotto le acque, depositando sul fondo dello stretto un lungo tubo d’acciaio in cui far passare i treni. Nel 1876 l’allora ministro dei Lavori pubblici, Giuseppe Zanardelli, dichiarò: «Sopra i flutti o sotto i flutti la Sicilia sia unita al Continente».

Concretamente non si fece niente, perché nonostante l’ottimismo di quegli anni costruire un ponte sullo stretto di Messina è molto difficile, anche per la tecnologia del 2016. L’idea comunque sopravvisse e continuò a intersecare ciclicamente i piani di sviluppo del Mezzogiorno. Il devastante terremoto di Messina del 1908 fece mettere da parte i progetti per qualche anno, ma nel 1921 si tornò a parlare dell’ipotesi di un tunnel sottomarino. Benito Mussolini parlò un paio di volte del ponte, ipotizzando di costruirne uno dopo la guerra. Altri progetti furono valutati negli anni Sessanta e Settanta. Poi, nel 1981, il governo Forlani creò la Stretto di Messina SPA. Nel settembre di quell’anno il presidente della società, Oscar Andò, ex sindaco di Messina e padre del sindaco dell’epoca, fece un primo sopralluogo sul sito dove si ipotizzava la costruzione e dichiarò: «Il consiglio di amministrazione, visionando le sponde dello stretto, ha voluto dare la dimostrazione che il progetto del ponte sta per entrare nella nuova fase preparatoria all’inizio dei lavori per realizzare la grandiosa opera».

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Non se ne fece niente. Non ci furono né cantieri né lavori e per i vent’anni successivi la società Stretto di Messina SPA continuò ad aggiornare i suoi progetti nel disinteresse dell’opinione pubblica. Come ha raccontato Leonardo Tondelli in un post sul suo blog, furono anni di importanti novità tecniche. L’idea di costruire un ponte a più campate venne definitivamente abbandonata. Lo stretto è così profondo, infatti, che è praticamente impossibile gettare nel mare i piloni di sostegno. Tra gli anni Ottanta e Novanta si decise che il ponte doveva essere costruito con un’unica campata, cioè senza sostegni nel mezzo. I progetti elaborati nel corso degli ultimi 20 anni immaginano una struttura unica al mondo: sul lato siciliano, vicino al paese di Ganzirri, dovrebbe sorgere sulla terraferma un pilone alto come la Tour Eiffel, 300 metri. All’altro capo dello stretto, un pilone identico dovrebbe fornire il secondo sostegno al ponte: un unico arco lungo tre chilometri. Come nota Tondelli, non sarebbe soltanto il ponte a campata unica più lungo del mondo, ma batterebbe il record attuale, detenuto da un ponte in Giappone con una campata di poco meno di due chilometri, del 42 per cento.

Dopo un decennio di oblio, il ponte tornò improvvisamente sulle prime pagine di tutti i giornali durante la campagna elettorale del 2001, quando Silvio Berlusconi promise che avrebbe ripreso i lavori e che avrebbe terminato il ponte entro il 2012. Nel 2005 il consorzio Eurolink, composto tra gli altri dalla società Impregilo, vinse l’appalto per costruire il ponte e nel 2006 furono firmati gli ultimi accordi: il progetto era arrivato alla fase più avanzata della sua lunga storia.

In pochi però credevano che ci sarebbero stati altri passi in avanti e il ponte divenne rapidamente oggetto di innumerevoli sketch comici. La ragione di questo scetticismo sono gli immensi ostacoli che la costruzione del ponte presenta ancora oggi, come le difficoltà tecniche, la sismicità della zona, i dubbi sulla sua utilità economica e i costi, stimati in più di sei miliardi di euro. Come molti avevano previsto, questi problemi bloccarono ogni ulteriore progresso. Il progetto fu fermato dal governo Prodi entrato in carica nel 2006, ci fu un tentativo di ripartenza nel 2008 con il nuovo governo Berlusconi, ma nel 2012 il governo Monti bloccò il progetto in una maniera che sembrò a molti definitiva. Nel 2013 la società Stretto di Messina SPA fu messa in liquidazione e da allora è gestita da un commissario.

Nessuno sa con esattezza quanto sono costati questi decenni di progettazioni, studi e false partenze. Nel 2009 la Corte dei Conti ha stimato che soltanto nel periodo 1982-2005 siano stati spesi quasi 130 milioni di euro. Altre stime portano il costo totale a circa 600 milioni di euro. È una cifra che potrebbe quasi raddoppiare se lo stato dovesse perdere la causa con Eurolink, la società che aveva vinto l’appalto per la costruzione del ponte e che oggi chiede 790 milioni di euro più interessi come risarcimento danni.

Molti pensano che il ponte di Messina sia soltanto una specie di chimera usata dai politici per raccogliere consensi in vista di importanti consultazioni elettorali. Oggi sul Corriere della Sera Sergio Rizzo scrive che «non sbaglia chi interpreta l’annuncio di Renzi a favore del Ponte come una mossa per recuperare terreno in vista del referendum sulla riforma costituzionale». Per una volta, però, nell’annuncio di ripresa dei lavori potrebbe esserci anche un’altra ragione. Quando ha detto che il governo «è pronto» a riprendere i lavori, Renzi era ospite di Salini-Impregilo, una delle più grande società di costruzioni in Italia. È anche una delle società che fanno parte del consorzio Eurolink, quello che a causa dello stop ai lavori ha chiesto 790 milioni di euro di danni allo stato. Esattamente due anni fa l’amministratore delegato della società, Pietro Salini, commentò così le voci su una possibile riapertura dei lavori: «Siamo disponibili a rinunciare alle penali se si fa il ponte? La risposta è “certo”».