Referendum: il quesito scritto sulla scheda, spiegato bene
Qual è il significato della domanda che ci verrà posta il 4 dicembre e soprattutto chi l'ha formulata, tema che ha creato qualche discussione
Matteo Renzi ha fatto vedere in televisione, la scorsa settimana, il primo fac-simile della scheda per il referendum costituzionale che si terrà il prossimo 4 dicembre. Agli elettori italiani viene chiesto di approvare o respingere la riforma costituzionale del governo Renzi, che prevede un significativo cambiamento del Senato e una serie di altre modifiche al funzionamento dello Stato. Il referendum è senza quorum: significa che non ci sarà bisogno di un numero minimo di votanti per considerarne valido l’esito. Il testo del quesito che sarà sottoposto agli elettori è abbastanza lungo e complicato ed è stato criticato da alcuni perché ritenuto implicitamente favorevole al sì. Ecco una breve spiegazione di cosa significa quello che è scritto nella scheda e del perché ha suscitato tante polemiche (qui invece trovate una sintesi della riforma e qui la risposta ad alcune domande più tecniche).
Fra pochi minuti su La7 a "Otto e mezzo" con Lilli Gruber, Marco Travaglio e…la scheda elettorale pic.twitter.com/mOK1vq3nHJ
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 22, 2016
“Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario”
Significa mettere fine all’equivalenza di Camera e Senato che, secondo l’attuale Costituzione, hanno uguali compiti e poteri: per esempio entrambe le camera votano la fiducia al governo e approvano tutte le leggi. Il nuovo Senato avrà solo un numero limitato di competenze sulle quali legifererà insieme alla Camera (si tratta in sostanza di riforme costituzionali, disposizioni sulla tutela delle minoranze linguistiche, referendum, enti locali e politiche europee). Inoltre il nuovo Senato non darà la fiducia al governo.
“Riduzione nel numero del parlamentari”
Il nuovo Senato sarà composto da un numero inferiore di membri rispetto a oggi: 100 invece di 315. Inoltre i senatori non saranno più eletti direttamente, come avviene oggi, ma saranno scelti dalle assemblee regionali tra i consiglieri che le compongono e tra i sindaci della regione. In tutto il Senato sarà composto da 74 consiglieri regionali, 21 sindaci e cinque senatori nominati dal presidente della Repubblica che resteranno in carica per sette anni.
“Il contenimento dei costi del funzionamento delle istituzioni”
La riduzione nel numero di senatori e altre disposizioni contenuta nella riforma dovrebbero portare a una riduzione di spesa, che però al momento è difficile calcolare. Secondo il governo la cifra si aggira intorno ai 500 milioni di euro, ma i critici sostengono che si tratta di un numero troppo alto, perché include anche i risparmi ottenuti dall’abolizione delle assemblee provinciali: una misura che è già stata realizzata in passato e che con la riforma della Costituzione viene soltanto confermata.
“Soppressione del CNEL”
Il CNEL, o Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, è un organo previsto dalla Costituzione (all’articolo 99) e ha lo scopo di fornire consulenza tecnica al parlamento e ha la facoltà di promuovere disegni di legge (che non ha quasi mai usato nella sua storia). Il CNEL è composto da 64 consiglieri, in parte nominati dal presidente della Repubblica e dal presidente del Consiglio (dieci persone, definite come “qualificati esponenti della cultura economica, sociale e giuridica”), in parte dai rappresentanti delle categorie produttive (48 membri, tra cui ventidue rappresentanti dei lavoratori dipendenti – in sostanza i sindacati – tre in rappresentanza dei dirigenti pubblici e privati, nove rappresentanti dei lavoratori autonomi e delle professioni e diciassette rappresentanti delle imprese) e in parte dai rappresentanti di associazioni e volontariato (6 membri). Il CNEL è stato spesso giudicato un “ente inutile”, che non ha mai svolto efficacemente la sua funzione di organo di consulenza tecnica per il Parlamento.
“Revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”
La riforma prevede una riduzione dell’autonomia delle regioni che sarà ottenuta tramite la modifica del Titolo V, la parte della Costituzione che contiene le norme fondamentali che regolano le autonomie locali. Il Titolo V era già stato modificato con la riforma Costituzionale del 2001, quando alle regioni fu garantita autonomia in campo finanziario e organizzativo e furono stabilite una serie di “competenze concorrenti”, cioè materie delle quali potevano occuparsi stato e regioni insieme.
Con la riforma, molte competenze torneranno in maniera esclusiva allo stato.
Secondo molti esperti, la modifica del Titolo V ha causato numerosi conflitti tra stato e regioni, poiché le competenze concorrenti non fissavano con precisione il confine tra cosa poteva fare lo stato centrale e cosa invece era riservato alle regioni. La riforma elimina questo problema, poiché restituisce allo stato centrale la competenza esclusiva su quasi tutte le competenze concorrenti. La nuova modifica del Titolo V, però, rappresenta un passo indietro per chi crede nel cosiddetto “decentramento”, cioè nella delega di maggiori poteri a livello locale in modo da avvicinare il luogo in cui si prendono le decisioni a chi conosce meglio il problema e può essere meglio controllato dai cittadini.
Chi ha deciso il testo del quesito?
Dopo la pubblicazione del testo del quesito la scorsa settimana ci sono state alcune polemiche sul suo contenuto. Innanzitutto l’unica cosa nuova era il fac-simile della scheda: il testo del quesito era conosciuto da agosto. Secondo i critici, comunque, il quesito è stato formulato in modo da avvantaggiare il sì, perché dipinge in toni favorevoli il contenuto della riforma. In effetti è stato il governo Renzi a scrivere il quesito, ma lo ha fatto seguendo le disposizioni previste dalla legge 352 del 25 maggio del 1970 che regola i referendum.
All’articolo 16 si legge che sulla scheda deve essere presente l’elenco degli articoli che sono stati modificati (47 nel caso dell’attuale riforma) oppure il nome della legge. L’attuale riforma si chiama appunto: «disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione», cioè lo stesso testo che compare sulla scheda.