Perché Aleppo è diversa
Nella città contesa del nord della Siria si stanno compiendo violenze mai viste prima, per le quali la Russia è stata accusata dall'ONU di crimini di guerra
Negli ultimi giorni la battaglia per il controllo di Aleppo, in Siria, è diventata ancora più violenta. Giovedì l’esercito siriano ha annunciato l’inizio di una grande offensiva militare per conquistare la parte di Aleppo che si trova sotto il controllo dei ribelli, nella quale vivono ancora 250mila persone. La sua tattica è chiamata “starve-or-submit” (“morire di fame o arrendersi”), un’espressione che si spiega da sola: prevede un assedio attorno al territorio che si vuole conquistare, l’interruzione delle vie di rifornimento da cui passano cibo e medicine e molti bombardamenti; fino alla resa dei ribelli e della popolazione che li sostiene. È una pratica che l’ONU ha definito un “crimine di guerra” e che finora l’esercito siriano ha usato per riprendere il controllo di territori meno estesi, come Waer, un quartiere di Homs. Ma Aleppo è diversa: perché qui si sta combattendo la battaglia più importante della guerra siriana con violenze che su questa scala non si erano ancora viste.
La battaglia per il controllo di Aleppo è cominciata nelle prime fasi della guerra in Siria. Fin dal principio si sono scontrati l’esercito di Assad e diversi gruppi ribelli: qui lo Stato Islamico (o ISIS) non è mai arrivato. Dopo quattro anni di battaglie, migliaia di morti e parti della città completamente distrutte, Aleppo si ritrova oggi divisa in due: la parte orientale è controllata dai ribelli, quella occidentale dal regime siriano. L’esercito siriano – che a differenza dei ribelli può contare sui bombardamenti aerei (i ribelli non hanno aerei da guerra) – ha cominciato da tempo l’assedio della parte orientale di Aleppo, in collaborazione con gli alleati russi; e ha cominciato ad applicare la tattica nota come “starve-or-submit”, che il New York Times ha descritto così:
«Rendere la vita intollerabile e la morte probabile. Aprire una via di fuga oppure offrire un accordo a quelli che se ne vanno o che si arrendono. Lasciare che se ne vadano, uno a uno. Uccidere chiunque resti. Ripetere da capo fino a che il paesaggio urbano, ormai deserto, diventa tuo.»
Per conquistare più rapidamente tutta la città, negli ultimi giorni l’esercito siriano ha cominciato a bombardare Aleppo come mai aveva fatto prima: più di 90 persone sono morte solo venerdì, più di 100 sabato. I primi obiettivi degli attacchi aerei sono state le strutture umanitarie: venerdì sono stati colpiti i centri e altre strutture delle organizzazioni locali che si occupano dei soccorsi. Ora quando ci sono delle persone intrappolate tra le macerie non arriva nessuno a salvarle: si devono arrangiare i parenti, spostando le pietre con le mani per liberare i feriti, o i morti.
Ma Aleppo è diversa anche perché si stanno vedendo per la prima volta le cosiddette “bunker buster”, un tipo di bomba progettata per penetrare obiettivi molto duri o per colpire obiettivi sottoterra, come i bunker militari. Sono bombe molto potenti, che trasformano interi edifici in crateri molto profondi, colpiscono tutte le strutture che nel corso di questi anni di guerra sono state costruite sottoterra (tra cui scuole e ospedali) e distruggono le tubature dell’acqua. Domenica il Consiglio di sicurezza dell’ONU ha accusato la Russia di avere commesso “crimini di guerra” in Siria e di avere fatto un ampio uso di “bunker buster” su Aleppo.
Nel frattempo la televisione siriana ha continuato a trasmettere le immagini della vita nella parte occidentale di Aleppo, quella sotto il controllo del regime, esaltando le differenze con i quartieri orientali (ed esagerandole, anche). La Russia ha detto di avere aperto un corridoio sicuro che secondo la tv siriana ha già permesso a diverse persone che vivono a est di uscire dall’assedio: alcuni residenti, ha scritto il New York Times, hanno detto però di avere provato ad attraversare il corridoio ma di essere stati presi di mira dagli spari di qualcuno, non si capisce precisamente chi. Per chi rimane intrappolato a est la situazione sembra solo poter peggiorare. Mancano cibo e medicine e gli aiuti umanitari – dopo quello che è successo la scorsa settimana, con il bombardamento di un convoglio dell’ONU diretto dalle parti di Aleppo – sembrano fuori questione.
Ad Aleppo la situazione è precipitata nelle ultime due settimane. Il 12 settembre era cominciata in Siria una tregua concordata tra Stati Uniti e Russia alla quale avevano aderito anche il regime di Assad e alcuni gruppi ribelli. La tregua prevedeva una “riduzione significativa delle violenze” tra Assad e ribelli e una successiva collaborazione militare tra americani e russi con l’obiettivo di bombardare lo Stato Islamico e Jabhat Fateh al Sham, il gruppo che fino a poco tempo fa rappresentava al Qaida in Siria. L’accordo era stato avallato anche dall’ONU: il piano era quello di sfruttare la sospensione dei bombardamenti per portare aiuti umanitari alle città siriane assediate, per la maggior parte dai soldati di Assad. Le cose però sono andate molto male fin da subito. Dopo diverse violazioni della tregua, sabato 17 gli Stati Uniti hanno bombardato per errore alcuni soldati siriani a Deir Ezzor, nell’est della Siria, durante un’operazione che doveva avere come obiettivo lo Stato Islamico. Due giorni dopo qualcuno – quasi certamente aerei di Assad o dei russi – hanno bombardato un convoglio umanitario dell’ONU diretto verso la zona di Aleppo, uno dei primi che avevano ricevuto l’autorizzazione a passare dal governo di Assad. Dopo i primi tentativi di riconciliazione tra le parti, la tregua è collassata. L’esercito siriano ha avviato la grande offensiva su Aleppo, sostenuto dalla Russia. Il segretario di Stato americano John Kerry e il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov si sono parlati per l’ultima volta venerdì scorso: per ora non ci sono altri incontri in vista.