Con quali argomenti il New York Times chiede di votare Hillary Clinton
L'editoriale di endorsement – chi l'ha scritto, e che peso ha? – si rivolge soprattutto agli americani di sinistra che non sono sicuri di votarla
Il 24 settembre il New York Times, il più famoso e autorevole quotidiano statunitense, ha pubblicato un editoriale di sostegno a Hillary Clinton, la candidata dei Democratici alle elezioni presidenziali statunitensi. Solitamente gli endorsement dei giornali non influenzano molto i risultati delle elezioni, in particolare perché gli elettori ancora indecisi su chi votare a questo punto delle campagne elettorali sono soprattutto quelli che non seguono abitualmente la politica e leggono meno i giornali (spesso se ne fidano poco come istituzioni), ma l’endorsement del New York Times si rivolge a un tipo particolare di elettori potenzialmente indecisi: persone di sinistra, informate e colte, quindi lettori del quotidiano, che sono deluse da Hillary Clinton e non sanno se votarla. L’editoriale lo dice chiaramente:
«Vorremmo convincere quelli di voi che esitano a votare per Clinton perché sono riluttanti a votare per un Democratico, o per un altro Clinton, o per una candidata che apparentemente non offre un cambiamento rispetto a un establishment che sembra indifferente e rispetto a un sistema politico che sembra compromesso».
Questo editoriale, così come tutti gli articoli di opinione che spiegano le posizioni del direttore e dell’editore del New York Times, è stato scritto dall'”editorial board”, un gruppo di giornalisti con competenze diverse il cui unico lavoro nel quotidiano è fare parte del board e scrivere gli editoriali. Tutti i giornali americani hanno una squadra di giornalisti che svolgono questo compito: scrivono gli editoriali che rappresentano la posizione del giornale e decidono quali op-ed pubblicare (sono gli “opposite-editorial”, gli editoriali scritti da altre persone che non fanno parte del board). Tra l’editorial board e i giornalisti di un giornale americano c’è una separazione netta: non si parlano per evitare condizionamenti reciproci di ogni tipo, e le posizioni espresse dall’editorial board non influenzano il lavoro giornalistico del resto della testata. In questo modo c’è una garanzia sul fatto che l’endorsement per Hillary Clinton, per esempio, non influenzi quanto viene scritto dagli altri giornalisti che seguono la campagna elettorale.
Per convincere i propri lettori a votare per Clinton, il New York Times non si è limitato a dire che Donald Trump sarebbe un presidente inadeguato – lo ha fatto in un secondo editoriale pubblicato il 25 settembre – ma ha elogiato Clinton come persona e come politica, dando pesi diversi ai suoi errori e ai suoi meriti. L’editorial board ha scritto:
«Il nostro endorsement ha le sue radici nel rispetto per l’intelligenza di Clinton, per la sua esperienza, per la sua tenacia e il suo coraggio dimostrati in una carriera di quasi ininterrotto servizio pubblico, spesso come prima o unica donna in campo».
Nel seguito dell’editoriale sono spiegate nel dettaglio le ragioni di quest’opinione, che partono dalla considerazione che la carriera politica di Clinton è stata un insieme di numerosi piccoli successi in vari campi, piuttosto che il raggiungimento di alcuni grandi cambiamenti: questo non ha aiutato la campagna di Clinton ma se si considera il quadro d’insieme, secondo il New York Times, appare chiara la sua determinazione.
Il carattere di Hillary Clinton e il rapporto con i Repubblicani
Secondo l’editorial board del New York Times, gli errori che Clinton ha commesso e gli attacchi che ne hanno messo in discussione l’affidabilità hanno distorto la percezione del suo carattere. In particolare Clinton è stata in grado di prendere posizioni autonome e legate allo studio delle situazioni, piuttosto che a opinioni partigiane, e per questa ragione è riuscita a collaborare anche con i Repubblicani nei suoi otto anni da senatrice e nei quattro da Segretario di Stato. Come membro della commissione sulle forze armate del Senato, per esempio, Clinton si guadagnò il rispetto di un Repubblicano come il senatore e reduce di guerra John McCain per la sua «determinazione a gestire intricate questioni militari».
Per questa ragione il New York Times ritiene che Clinton potrebbe riuscire a mettere in pratica i punti del suo programma elettorale – sul controllo e la prevenzione della criminalità, sulle relazioni con le minoranze etniche, sul cambiamento climatico, sulla banda larga accessibile, sulla riduzione dei costi dell’università – trovando dei compromessi con il Partito Repubblicano, che al momento ha la maggioranza alla Camera e al Senato, dato che la maggior parte di questi progetti richiederanno di trovare dei fondi.
L’impegno di Clinton per le famiglie e per la salute
L’editorial board ha elogiato l’impegno di Clinton per migliorare la vita dei bambini, delle donne e delle famiglie. Ha citato il suo famoso discorso tenuto a Pechino nel 1995, nel ruolo di first lady, in cui disse che i diritti delle donne sono diritti umani, e ha ricordato che, sempre come first lady, Clinton ha sostenuto l’istituzione del Children’s Health Insurance Program, un programma di assicurazione sanitaria per i bambini che garantisce copertura delle spese mediche a più di 8 milioni di giovani con un reddito basso. Dell’impegno di Clinton nei confronti di bambini e madri fa parte anche il recente appello alle madri dei ragazzi morti a causa della violenza da armi da fuoco per chiedere insieme delle nuove regole di controllo sull’acquisto e la vendita di pistole e fucili.
Come senatrice il suo più grande successo è stato l’istituzione di un fondo federale che garantisce controlli e aiuti medici a lungo termine per i primi soccorritori dell’attentato al World Trade Center l’11 settembre 2001, ma anche un allargamento delle indennità militari per i riservisti e per la Guardia Nazionale: negli Stati Uniti l’esercito e la marina sono molto importanti e così anche le politiche in favore dei reduci e delle loro famiglie. Un altro risultato del suo mandato da senatrice è stata una legge che impone alle case farmaceutiche di aumentare le misure di sicurezza relativamente alle medicine per bambini. Clinton si è impegnata anche per finanziare imprese agricole, ospedali, piccole aziende e progetti ambientali.
Gli errori di Clinton
L’editorial board del New York Times non ha ignorato gli errori commessi da Clinton in passato e ha cercato di dar loro il giusto peso relativamente alla sua possibile presidenza. L’errore più grave, secondo l’editorial board, è stato il voto favorevole all’intervento militare in Iraq; secondo il New York Times però bisogna riconoscere che Clinton non ha mai provato a ritrattare la sua decisione in quella circostanza, ma l’ha sempre motivata. Altri errori di Clinton sono i problemi di politica estera nati durante l’amministrazione Obama, quando lei era Segretario di Stato: il principale è quello relativo ai fatti di Bengasi dell’11 settembre 2012, quando un attacco contro il consolato statunitense in Libia portò alla morte di quattro persone, tra cui l’ambasciatore Christopher Stevens. Nello stesso incarico però Clinton ha ottenuto dei risultati importanti, come il rafforzamento delle sanzioni contro l’Iran che hanno avuto come conseguenza le trattative e l’accordo sul nucleare, un negoziato per il cessate il fuoco tra Israele e Hamas nel 2012, e il ripristino delle relazioni diplomatiche con il Myanmar dopo aver ottenuto alcune riforme politiche nel paese.
Riguardo alla questione delle email, che Clinton mandava e riceveva con un account di posta privato anche se avevano a che vedere con il suo lavoro di Segretario di Stato, l’editorial board del Times ha definito la scelta di Clinton sbagliata, ma ha anche detto che visto che l’FBI e dei giudici se ne sono occupati si può dire che tutta la faccenda, che ha avuto un peso importante nella campagna, «sembra più una questione da servizio clienti».
Infine, nel 2008 Clinton si disse contraria alla concessione di patenti di guida agli immigrati senza documenti – una proposta motivata dal tentativo di rendere le strade più sicure – ma ora ha cambiato idea e ha anche promesso di impegnarsi per nuove e più aperte leggi sull’immigrazione; inoltre ha detto che come presidente cercherà di evitare che gli immigranti senza documenti, ma rispettosi della legge, siano espulsi o detenuti in condizioni crudeli.
Il New York Times e il Washington Post contro Donald Trump
In un altro articolo del 25 settembre, l’editorial board del New York Times ha spiegato perché «Trump è il peggior candidato mai nominato da uno dei due partiti principali nella storia moderna dell’America». L’editoriale smonta le principali affermazioni con cui Donald Trump si è descritto come il miglior candidato alle presidenziali e spiega perché «non può essere creduto». Trump dice che la sua carriera di imprenditore mostra come sia un esperto di questioni economiche e finanziarie e come potrebbe risolvere i problemi economici del governo. Il Times sottolinea però come Trump abbia fatto più volte bancarotta, ricorda che – a differenza di Clinton e tutti gli altri candidati presidenziali nella storia recente – Trump rifiuta di mostrare le sue dichiarazioni dei redditi e avverte sui conflitti d’interessi che potrebbero nascere se Trump diventasse presidente, dato che le sue proprietà e attività sono in mano ai suoi figli.
Un’altra tipica affermazione di Trump è descriversi come una persona che dice quello che pensa e va dritta al punto del discorso. Ma, come scrive il New York Times, Trump ha cambiato idea moltissime volte – 117 in 20 questioni importanti secondo il calcolo di NBC News – e spesso non spiega come vorrebbe ottenere certi risultati, per esempio la sconfitta dello Stato Islamico. Trump dice anche di essere un abile negoziatore: il fatto però che abbia più volte criticato la NATO, che abbia detto che per tagliare le tasse rinegozierebbe il debito pubblico americano con i creditori degli Stati Uniti e che ammiri molto Vladimir Putin, il presidente della Russia, lascia molti dubbi a riguardo. Infine, Trump dice che sarà capace di cambiare gli Stati Uniti e il mondo: secondo il New York Times questo è vero, ma gli elettori «devono chiedersi se Trump porterà il tipo di cambiamento che loro vorrebbero accadesse».
Sempre il 25 settembre anche il Washington Post ha pubblicato un editoriale contro Donald Trump. Secondo il Washington Post non saranno necessari i tre dibattiti televisivi tra i due candidati alla presidenza – il primo avverrà oggi, nella notte del 27 settembre per il fuso orario italiano – per dimostrare «che Trump non merita di stare nell’Ufficio Ovale», perché lo ha già dimostrato lui stesso. Secondo il Washington Post le persone che guarderanno il dibattito non dovranno considerarlo come un’occasione per il “vero Trump” o per il “nuovo Trump” di emergere, perché è troppo tardi.
Il New York Times e il Washington Post non sono i primi giornali americani a prendere posizione in favore di uno dei due candidati alle elezioni presidenziali. Oltre alla rivista Wired, che ha detto di sostenere Hillary Clinton, e moltissimi altri quotidiani nazionali e locali, si è parlato soprattutto degli articoli a favore di Clinton del Cincinnati Enquirer e del Dallas Morning News. Sono due testate storicamente conservatrici e vicine ai Repubblicani: l’Enquirer non sosteneva un candidato Democratico da quasi un secolo e non ha nascosto che ritiene Clinton il minore dei mali, mentre il Dallas Morning News, che da 75 anni e 20 elezioni non sosteneva un Democratico, ha scritto che Clinton è l’unica candidata da prendere in considerazione.
Per quanto riguarda il New York Times, è dal 1956 che non sostiene un candidato Repubblicano: l’ultimo a cui diede il suo endorsement fu Dwight D. Eisenhower, in occasione della sua seconda campagna elettorale contro Adlai E. Stevenson dopo essere già stato eletto presidente nel 1952. Eisenhower vinse anche quelle elezioni.