La Polonia vuole rendere ancora più difficile l’aborto
In un paese dove praticare l'interruzione di gravidanza è già molto complicato, il parlamento sta esaminando una nuova legge ancora più severa, appoggiata da molti
Il 22 settembre il parlamento polacco ha cominciato a esaminare un disegno di legge che se approvato vieterebbe praticamente ogni forma di aborto, in un paese dove la pratica dell’interruzione di gravidanza è già ristretta a pochissimi casi. La proposta è stata votata per la prima volta dalla camera bassa polacca il 23 settembre: 267 deputati su 460 hanno approvato il disegno di legge, che ora dovrà affrontare altri due passaggi parlamentari. La proposta, in sostanza, è quella di limitare l’aborto unicamente ai casi in cui è in pericolo la vita della donna incinta: un tipo di legge in vigore decenni fa in molti paesi a maggioranza cattolica.
Il disegno di legge arriva da una proposta ufficiale di diversi gruppi religiosi cattolici, appoggiata anche dalla Conferenza episcopale polacca (una delle più conservatrici in Europa). La proposta di legge è stata dunque inserita in una serie di provvedimenti molto di destra del governo in carica, guidato dal partito conservatore Diritto e Giustizia (Pis), che da mesi sta litigando con le istituzioni europee per una controversa riforma della Corte Costituzionale.
La Polonia ha già una legge sull’interruzione di gravidanza tra le più restrittive d’Europa. È stata approvata nel 1993 e consente l’aborto fino alla venticinquesima settimana solo in tre casi: pericolo di vita per la madre, gravissima malformazione del feto e stupro. Secondo i dati del sistema sanitario polacco, nel 2014 ci sono stati 1.812 aborti legali in Polonia, 500 in più circa dell’anno precedente. Secondo le organizzazioni femministe però sono tra le 100mila e le 200mila le donne polacche che ogni anno sono costrette a ricorrere all’aborto clandestino o ad andare all’estero per poter aver accesso a questo loro diritto (in genere in Slovacchia, Repubblica Ceca, Germania o Ucraina). Se la nuova legge dovesse passare, come sembra succederà, la Polonia diventerebbe uno degli otto paesi al mondo in cui l’aborto è illegale – tra questi El Salvador, Guatemala e il Vaticano.
Diritto e Giustizia non ha obbligato i propri parlamentari a votare a favore del disegno di legge, lasciando la decisione alle coscienze dei singoli deputati, ma il ministro dell’Interno Mariusz Blaszczak ha difeso il provvedimento e ha paragonato l’aborto all’eugenetica dei nazisti durante la Seconda guerra mondiale. Blaszczak ha detto che dato che la legge attuale prevede che si possa abortire se il feto ha dei problemi, nella maggior parte dei casi le donne abortiscono per evitare di avere un figlio con la sindrome di Down. Nella stessa seduta del parlamento in cui si è votato il disegno di legge si è discusso anche di una proposta opposta: la coalizione di opposizione Sinistra Unita (ZL) ha presentato un disegno di legge per consentire l’aborto fino alla dodicesima settimana. L’opposizione sapeva di non avere possibilità di far passare la proposta – che infatti è già uscita dalla discussione parlamentare con un voto contrario venerdì – ma l’ha avanzata ugualmente perché il dibattito sul disegno di legge contro l’aborto ne fosse influenzato.
Anche i medici obiettori di coscienza sono a favore del disegno di legge contro l’aborto, secondo il quale i medici che dovessero andare contro il divieto e le donne che si dovessero sottoporre a un aborto illegale potrebbero essere condannati fino a cinque anni di carcere. Secondo un recente sondaggio, il 58 per cento dei polacchi è favorevole al divieto di abortire.
I provvedimenti più conservatori presi finora dal governo di Diritto e Giustizia, guidato dalla prima ministra Beata Szydło, riguardano la Corte Costituzionale (la più alta corte del paese), le agenzie anti-corruzione, i servizi segreti e i media. Ad aprile il portavoce del governo aveva spiegato che il disegno di legge contro l’aborto, così come le altre leggi sostenute dal governo, aveva lo scopo di «restaurare il primato dei valori cristiani di difesa della vita e distanziarsi dal comodo mainstream dell’Europa secolarizzata» e che il «ritorno alle tradizioni» faceva parte delle promesse fatte agli elettori in campagna elettorale.