Come un meme diventa un meme
Spiegato da Maurizio Codogno nel suo ultimo libro, "Matematica in pausa pranzo"
Matematica in pausa pranzo è il nuovo libro di Maurizio Codogno, divulgatore matematico e blogger del Post, pubblicato il 22 settembre dalla casa editrice Codice. Raccoglie quiz e aneddoti interessanti che mostrano come la matematica sia presente nella vita di tutti giorni e come conoscerla aiuti a cavarsela bene in molte le situazioni (tra cui impressionare gli amici). Tra i libri di Codogno ci sono Matematica in Relax e Matematica in pausa caffè, mentre sono usciti solo in formato ebook Matematica e infinito e Fantamatematica.
In questo capitolo Codogno spiega da un punto di vista matematico come fa una notizia a diffondersi tutto d’un tratto fino a diventare LA notizia del momento, quella di cui tutti parlano.
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Non credo proprio di essere l’unico a pensare che da qualche parte nel mondo, in uno scantinato o magari in uno di quei laboratori da film di fantascienza di serie B, ci siano scienziati pazzi che lavorano giorno e notte per creare quelli che diventeranno i contenuti virali del giorno successivo. Non si capirebbe altrimenti come mai sembra che all’improvviso il mondo intero sia a conoscenza della nuova stupidaggine, che tutti ignoravano fino al giorno prima, e di cui tutti oggi parlano. Da un punto di vista matematico non credo esista una formula, più o meno magica, che da un certo numero di ingredienti faccia nascere quello che il biologo Richard Dawkins, per indicare un’unità di pensiero che si diffonde nel suo ecosistema – le menti umane –, ha chiamato meme (ricalcando il termine gene). D’altronde, se io avessi trovato una formula simile cercherei di tenerla nascosta il più a lungo possibile per guadagnarci su… Ma lasciamo perdere come si crea un meme e cerchiamo invece di capire come mai la sua diffusione sembra avvenire tutt’a un tratto: almeno qui la matematica ci può aiutare.
Cominciamo a definire un modello di diffusione molto semplice: che cosa succede quando una persona viene a conoscenza di un meme e lo racconta ad altre N persone? Se N è uguale a zero, la diffusione termina subito e non c’è nulla da raccontare, in tutti i sensi. Se è uguale a 1, si ha una specie di telefono senza fili: prima o poi coinvolgerà tutti. Se è uguale a 2, le cose andranno come nella storia dell’inventore del gioco degli scacchi. Secondo la leggenda, costui chiese come ricompensa al principe indiano a cui aveva mostrato il gioco la quantità di riso ottenuta mettendo un chicco nella prima casella, due nella seconda, quattro nella terza e raddoppiando via via il numero di chicchi. Arrivati alla casella numero 64, il totale richiesto è di gran lunga superiore alla produzione mondiale annua di riso…
Più in generale, ammettiamo che N non sia intero. Non è per raccontare solo metà della storia: molto più banalmente, prendiamo N come coefficiente medio di diffusione, facendo una media statistica tra i chiacchieroni e quelli che tengono la bocca cucita. Si può dimostrare senza troppa difficoltà che se N è minore di 1 e la notizia era inizialmente nota a P persone, il numero complessivo di persone coinvolte sarà finito e pari a P/(1−N), mentre se è maggiore o uguale a 1 sarà infinito. Un modo divertente per vedere come funziona la diffusione di una notizia riprende il paradosso di “Achille e la tartaruga”. Immaginiamo di scattare delle istantanee della loro gara all’inizio ed ogni volta che Achille raggiunge la posizione in cui la tartaruga si trovava nello scatto precedente. Se Achille tra una foto e l’altra ha dovuto fare meno strada, abbiamo il caso N < 1, e riuscirà a raggiungerla. Ma se la tartaruga ha un motore turbo nascosto sotto il carapace, e Achille è costretto a percorrere una distanza sempre maggiore (caso N > 1), allora il piè veloce può dire addio ai suoi sogni di gloria. Se N = 1… mi sa che in realtà i due avversari sono in groppa ai cavallucci di una giostra.
Questo modello è semplice, ma ben poco realistico. Il primo problema nasce dal fatto che la popolazione mondiale non è infinita, quindi prima o poi non ci sarà più nessuno che ancora ignora la notizia, nonostante la formula dica che il numero di persone contattate deve continuare a crescere. Da ragazzino anch’io ero cascato in una di quelle che ai miei tempi si chiamavano catene di sant’Antonio: bisognava spedire una cartolina al primo nome di una lista e cinque cartoline ai tuoi amici, ricopiando gli altri nomi della lista e aggiungendo il tuo in fondo; oltre ai nomi occorreva ricopiare un testo che garantiva – era matematico! – che dopo qualche tempo avresti ricevuto migliaia di cartoline da tutto il mondo. Non ricevetti mai nessuna cartolina, sperimentando sulla mia pelle una dimostrazione di come la crescita esponenziale sia un mito, molto prima delle varie truffe basate su schemi piramidali diventate tristemente famose negli ultimi decenni. Non sono certo stato il primo ad accorgersene: Thomas Malthus aveva scritto già nel 1798 il suo Saggio sul principio di popolazione, che mostrava come all’aumentare della popolazione avremmo avuto a disposizione sempre meno risorse, e quindi era impossibile avere una crescita esponenziale continua.
Quarant’anni dopo la pubblicazione del lavoro di Malthus, il matematico belga Pierre François Verhulst trovò una soluzione matematica al problema, modificando il modello esponenziale malthusiano con l’aggiunta di un termine che riduceva la crescita a mano a mano che ci si avvicina a un massimo teorico predefinito. Il risultato finale è una curva che viene chiamata logistica. L’equazione di Verhulst rimase dimenticata per quasi un secolo, per essere poi riscoperta negli anni venti del Novecento dal matematico polacco Alfred Lotka e quasi in contemporanea dal nostro Vito Volterra, in un contesto un po’ più ampio: quello del rapporto preda-predatore in un sistema chiuso, dove le variabili in gioco sono due.
La curva logistica è la soluzione di un’equazione differenziale, ossia dove la variabile è funzione del tempo e il suo valore dipende da come essa varia nel tempo (cioè dalla sua derivata, come direbbero i matematici). Più precisamente, la funzione usata tipicamente per approssimare la diffusione di un meme è detta sigmoidea e ha più o meno la forma di una S allungata, come potete vedere nella Figura 8; la sua formula è P(t) = 1/(1 + e−t). Come si vede dal grafico, per valori piccoli di t la curva è praticamente esponenziale e quindi indistinguibile dalla crescita malthusiana: al crescere di t, però, le limitazioni al contorno fanno diventare la crescita prima lineare (per valori di t intorno a zero: nei casi pratici in realtà si sposta tutta la curva verso destra per evitare di avere tempi negativi) e poi sempre più ridotta, fino a tendere a zero avvicinandosi al massimo teorico ottenibile, cioè l’intera popolazione.
C’è però un’altra ragione più sottile che rallenta la diffusione di un meme. Se mi raccontano una storia che io conosco già, la trasmissione si blocca. Come si può aggiungere al modello anche questa informazione? La domanda è molto importante, perché si applica anche alle epidemie. I primi a definire un possibile insieme di equazioni furono W.O. Kermick e A.G. McKendrick, che nel 1927 idearono il cosiddetto modello SIR. Il suo nome deriva dai tre stati in cui la popolazione è divisa: suscettibili, che non hanno ancora contratto la malattia; infetti; e “recovered”, che non possono più essere infettati perché guariti (oppure morti). Le equazioni differenziali che regolano questo modello sono complicate e non è certo questa la sede in cui descriverle: sappiate solo che sono state applicate a epidemie di ogni tipo, compresa un’invasione di zombie. Segnalo però come permettano di stimare quale percentuale della popolazione non verrà mai infettata. Se il fattore di diffusione è 1,5, metà della popolazione non entrerà mai in contatto con la malattia, ma se il fattore sale a 3 la percentuale crolla al 5 per cento. Per dare un’idea dei fattori di diffusione delle malattie, l’AIDS ha fattore 3 (ma per fortuna non si diffonde stando semplicemente vicino a un ammalato), l’influenza ha fattore 4 e il morbillo addirittura fattore 17.
Tornando ai memi, il modello SIR prevede un’esplosione subitanea dopo un po’ che l’epidemia, o se preferite la notizia, cova sotto la brace: nel mondo dei memi l’effetto botto è aumentato dai siti che hanno un grande seguito e riescono a infettare, ops… a informare, molte persone di colpo. In definitiva, non c’è nulla di strano!