Gli scontri a Kinshasa, in Congo
Tra gli oppositori del presidente Joseph Kabila che chiedono nuove elezioni entro la fine dell'anno e le forze dell’ordine: si parla di decine di morti
Lunedì 19 e martedì 20 settembre ci sono stati violenti scontri tra polizia e manifestanti nella Repubblica Democratica del Congo poco prima che si svolgesse una grande manifestazione per chiedere le dimissioni di Joseph Kabila, presidente del paese da più di quindici anni. I gruppi di opposizione hanno detto che ieri sono morte più di 50 persone nella capitale, Kinshasa. Il governo ha detto invece che le persone uccise erano 17: 14 civili e 3 poliziotti. Il ministro dell’Interno ha però spiegato che il bilancio potrebbe aumentare. L’organizzazione non governativa Human Rights Watch ha fatto sapere che in base ad “informazioni credibili” sono morte almeno 44 persone, compresi sei poliziotti.
Le notizie sono piuttosto frammentarie: sono state incendiate delle macchine, la polizia e i soldati hanno sparato gas lacrimogeni e anche dei proiettili. Alcuni testimoni hanno detto che i manifestanti avevano picchiato a morte almeno un agente di polizia. Altre quattro persone, secondo quanto riferito dall’agenzia di stampa AFP, sono state uccise quando le sedi dei tre principali partiti di opposizione sono state incendiate: quelle del Movimento progressista lumumbista (MLP), dell’Unione per la democrazia e il progresso sociale (UDPS) e delle Forze innovative per l’unione e la solidarietà (FONUS). Un testimone ha anche detto a Reuters che la polizia ha sparato in modo indiscriminato sulla folla.
La Repubblica Democratica del Congo (RDC, detta anche Congo belga per il suo passato coloniale, e dal 1971 al 1997 nota ufficialmente con il nome di Zaire), è uno stato dell’Africa centrale molto instabile: qui da qualche anno vanno avanti combattimenti tra ribelli e forze armate governative, che hanno costretto centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case. La RDC è, insieme all’Algeria, lo stato più grande dell’Africa, con un’estensione pari a quelle di Germania, Francia, Spagna, Svezia e Ucraina messe insieme. Confina con Uganda e Ruanda, due paesi in cui negli ultimi vent’anni è successo un po’ di tutto e le cui violenze hanno condizionato anche la stabilità degli stati vicini. Joseph Kabila è presidente della RDC da più di quindici anni e alla fine del 2016, dice la Costituzione congolese, dovrebbe lasciare il potere perché ha terminato il numero massimo di mandati. Diversi paesi occidentali, tra cui gli Stati Uniti, stanno facendo pressioni su di lui affinché se ne vada e venga garantita l’alternanza al potere. Ma finora le sue intenzioni sembrano essere molto diverse.
Diversi esponenti del governo e sostenitori del presidente Kabila hanno infatti annunciato che le elezioni previste per la fine di quest’anno saranno rimandate. Lo scorso maggio, la Corte Costituzionale aveva concesso a Kabila il diritto di restare “fino all’elezione di un nuovo presidente” e Kabila sembra voler rimandare il più possibile questo momento. Gli oppositori dicono che Kabila sta cercando di portare avanti in modo illegittimo il suo mandato. I sostenitori del presidente parlano invece di problemi con le liste elettorali che renderebbero impossibile una votazione entro la fine dell’anno.
La scorsa settimana i sostenitori di Kabila e alcuni membri dell’opposizione avevano annunciato di aver trovato un accordo sui tempi delle prossime elezioni. Alexis Thambwe Mwamba, ministro della Giustizia, aveva detto che alla scadenza del mandato di Kabila sarebbe stato formato un governo ad interim in cui sarebbero entrati anche alcuni membri dell’opposizione e che le elezioni sarebbero state rinviate fino alla metà del 2017. La maggior parte dei principali partiti di opposizione avevano però boicottato i negoziati e sembra improbabile che l’accordo annunciato metterà fine alle proteste.