Una nuova serie di attacchi in Israele e Palestina
Fra ieri e oggi ce ne sono stati quattro, quasi tutti compiuti da civili palestinesi: tre degli assalitori sono stati uccisi dai militari israeliani
Fra venerdì 16 settembre e sabato 17 ci sono stati quattro attacchi contro cittadini israeliani in diversi parti di Israele e Palestina. L’ultimo è avvenuto sabato mattina, quando un ragazzo palestinese di 25 anni ha aggredito con un coltello un soldato israeliano a Hebron, in Cisgiordania. Il soldato ferito è stato portato in ospedale, mentre l’aggressore è stato ucciso da altri soldati. Due palestinesi e un giordano invece sono stati uccisi il 16 settembre dopo aver condotto tre attacchi separati in tre diversi posti. Era da tempo che episodi di questo genere non succedevano a così poca distanza fra loro: nei momenti più gravi del nuovo ciclo di violenze – iniziato nel settembre 2015 – gli attacchi avvenivano giornalmente, ma negli ultimi mesi si erano molto diradati.
Il primo è avvenuto nella Città Vecchia di Gerusalemme. Secondo la versione della polizia israeliana, un 20enne giordano ha assalito dei poliziotti con un coltello vicino alla Porta di Damasco, una delle più frequentate porte di accesso alla Città Vecchia: poi è stato ucciso. Un testimone della scena contattato da Haaretz ha detto invece che il ragazzo ha urlato Allahu akbar – «Dio è grande», in arabo – quando a un controllo gli è stato chiesto di togliersi la maglietta, e che poi è stato colpito prima che potesse attaccare i poliziotti.
Il secondo è avvenuto nell’insediamento israeliano di Kiryat Arba, che si trova alla periferia di Hebron: due palestinesi – un uomo che è stato successivamente ucciso dai soldati israeliani, e una donna che è stata ferita gravemente dagli stessi soldati – hanno assalito un gruppo di coloni israeliani che aspettavano a una fermata dell’autobus andando contro di loro con un’automobile. I media palestinesi dicono che la donna coinvolta era la sorella di un’altra donna che a luglio aveva provato a investire delle persone nello stesso luogo di ieri, e che per questo era stata uccisa. Tre degli israeliani attaccati sono rimasti feriti. Il terzo attacco invece si è svolto a un checkpoint di Hebron, dove un palestinese 15enne ha aggredito con un coltello un soldato israeliano prima di essere ucciso.
Secondo il conteggio israeliano, gli attacchi avvenuti nel corso dell’ultimo anno sono più di 300: gli israeliani uccisi sono stati 40 e quelli feriti 500, mentre i palestinesi uccisi dalle forze di sicurezza israeliane sarebbero circa 200. L’attacco più grave di questo ciclo è avvenuto a giugno, quando quattro persone sono morte e sei sono rimaste ferite in una sparatoria in un ristorante nel mercato coperto di Sarona a Tel Aviv, in Israele. Gli attentatori erano due uomini palestinesi intorno ai 20 anni, tra loro cugini e provenienti dall’area di Hebron (una delle città più pericolose e problematiche della Cisgiordania).
Negli ultimi mesi, prima degli eventi di ieri e oggi, il numero degli attacchi si era progressivamente ridotto: secondo alcuni per l’intervento del governo palestinese, che più volte ha pubblicamente invitato i giovani a non compiere attacchi di questo tipo (salvo poi incontrare i genitori di alcuni di questi giovani, in varie occasioni). Secondo altri, le violenze sono diminuite perché non sono state sostenute da nessuna fazione politica palestinese, al contrario di altre passate rivolte popolari.
In generale la condizione attuale della Palestina è piuttosto instabile. La Corte suprema ha da poco sospeso le elezioni amministrative in programma per l’8 ottobre sia in Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza, per via di alcune questioni burocratiche. Le elezioni erano molto attese: in Palestina il Parlamento non viene rinnovato da 10 anni, e le amministrative erano considerate una prova generale in vista delle “vere” elezioni, promesse da anni dal governo palestinese. Le ultime elezioni amministrative sono avvenute nel 2012 ma sono state boicottate da Hamas e sono avvenute solamente in una parte dei comuni della Cisgiordania. Il presidente Mahmoud Abbas – espresso da Fatah – governa senza mandato dal 2010, negli ultimi anni è estremamente impopolare e periodicamente circolano voci sul suo precario stato di salute o sull’imminente collasso del fragile governo palestinese (che di fatto controlla solo la Cisgiordania: la striscia di Gaza è in mano ad Hamas). I giornali palestinesi hanno fatto notare che da mesi Abbas riceveva pressioni sia da Fatah sia da Israele per rinviare o cancellare le elezioni, dato che secondo alcuni sondaggi era probabile una netta vittoria di Hamas.