Le malattie segrete dei presidenti americani
Negli Stati Uniti c'è una secolare tradizione di presidenti con vari problemi di salute tenuti nascosti: la poca trasparenza di Clinton e Trump non è una novità
di Joel Achenbach e Lillian Cunningham – The Washington Post
Durante il suo secondo mandato come presidente degli Stati Uniti, Dwight Eisenhower aveva l’aspetto di un uomo anziano. Ebbe un grave infarto, a causa del quale era stato ricoverato a lungo, nel 1955, e poi un ictus. In contrapposizione alla sua apparente senescenza, il suo successore John F. Kennedy sembrava energico ed esuberante. In realtà Eisenhower non era poi tanto vecchio – quando fu eletto aveva 62 anni – e Kennedy non era così in salute: era affetto da diversi problemi medici, tra cui la malattia di Addison, che i suoi collaboratori tennero nascosta all’opinione pubblica.
La storia dei presidenti americani è percorsa da un filo conduttore di malattie e invalidità, la maggior parte delle quali furono tenute segrete per calcolo politico. Nel 1919, per esempio, un ictus invalidò Woodrow Wilson, ma l’opinione pubblica americana non ne seppe nulla per mesi. Quando nel 1893 Grover Cleveland dovette sottoporsi a un’operazione chirurgica per farsi rimuovere un tumore dalla bocca, lo fece in segreto sullo yacht di un amico mentre attraversava il canale Long Island Sound.
Grover Cleveland (National Archive/Newsmakers)
Nella politica presidenziale americana, poi, emerge una tendenza più sottile: l’età non conta più come una volta. La cultura americana ha ridefinito il concetto di anzianità. La medicina moderna permette di vivere più a lungo e rimanere in forze ben oltre quella che una volta era considerata l’età senile. Oggi negli Stati Uniti ci si candida alla presidenza quando si è già arrivati, o si è vicini, ai 70 anni, indicati dalla Bibbia come la durata della vita di una persona (Salmo 90:10).
Hillary Clinton ha 68 anni e Donald Trump 70. Sono la coppia di candidati dei principali partiti americani più anziana della storia. Se venisse eletta, Clinton sarebbe la seconda persona più anziana ad assumere l’incarico dopo Ronald Reagan, mentre Trump sarebbe il più vecchio in assoluto. La relativa anzianità – potremmo definirla “maturità” – dei due candidati di quest’anno non è stata molto al centro dell’attenzione, se non negli ultimi giorni.
La salute dei candidati è diventata improvvisamente un motivo d’apprensione nella campagna elettorale dopo il mancamento avuto da Clinton domenica dopo una cerimonia di commemorazione per l’11 settembre a New York. Inizialmente i responsabili della campagna elettorale di Clinton hanno parlato di un semplice colpo di calore. Più tardi nella giornata di domenica, però, hanno rivelato che venerdì a Clinton era stata diagnosticata la polmonite. Lunedì 12 settembre un portavoce di Clinton ha ammesso che domenica i responsabili della sua campagna elettorale avrebbero potuto essere più «schietti».
Nessuno dei due candidati ha diffuso una documentazione medica dettagliata sul proprio stato di salute. Trump ha pubblicato una breve lettera scritta da un dottore che dichiara, senza fornire prove, che se fosse eletto sarebbe «la persona più in salute mai eletta alla presidenza». Su un punto, Clinton è avvantaggiata dal fatto di essere una donna: negli Stati Uniti, infatti, le donne vivono diversi anni in più rispetto agli uomini. Stando alle stime sull’aspettativa di vita del sito della Social Security Administration – un’agenzia indipendente del governo americano che gestisce un programma che si occupa di sostegno a pensionati, persone con disabilità e veterani di guerra – è probabile che una donna dell’età di Clinton viva per altri 18,4 anni, che diventano 15,2 per un uomo dell’età di Trump.
Quando voteranno a novembre, gli elettori americani dovranno decidere se lo stato di salute poco chiaro di Clinton e Trump è un fattore importante. Quello che è certo è che la campagna elettorale può essere brutale e che la stessa presidenza può intaccare seriamente la salute di chiunque occupi lo Studio Ovale. Nella storia americana, quattro presidenti – William Henry Harrison, Zachary Taylor, Warren G. Harding e Franklin Delano Roosevelt – sono morti durante il mandato a causa di problemi di salute.
Il desiderio di mantenere segrete le loro condizioni di salute ha portato molti presidenti americani a non rivolgersi ai medici migliori, ha detto lo storico Matthew Algeo, autore di un libro sull’operazione segreta di Cleveland nel suo libro The President Is a Sick Man. «Molto spesso i presidenti non ricevono la migliore assistenza medica possibile. Ci si aspetterebbe il contrario, ma sono talmente paranoici sulla possibilità che qualcuno venga a conoscenza dei loro problemi di salute che spesso si rivolgono a vecchi medici di famiglia», ha detto Algeo, secondo cui Cleveland nascose la sua operazione in parte perché il cancro era una malattia molto temuta. Cleveland, però, pensava anche che la sua condizione medica fosse solo affar suo e aveva grande sfiducia nei confronti dei giornalisti.
Quando Franklin Delano Roosevelt si candidò alla presidenza nel 1932, l’opinione pubblica americana non aveva molte informazioni sulla sua condizione fisica. La stampa evitava di dire che Roosevelt usava una sedia a rotelle. Quando si candidò al quarto mandato nel 1944, Roosevelt soffriva di cardiopatia, era sempre stanco e faticava a concentrarsi. Frank Lahey, un chirurgo che lo visitò, scrisse in una nota che Roosevelt non sarebbe mai sopravvissuto a un altro mandato di quattro anni. La nota non fu resa pubblica fino al 2011. Harry Truman, l’ultimo candidato vicepresidente di Roosevelt, rimase sconvolto quando lo vide per la prima volta dopo un anno perché, come raccontò a un suo collaboratore, «fisicamente stava cadendo a pezzi», un momento che viene descritto nel libro di Michael Beschloss The Conquerors. Quando un amico disse a Truman di guardare bene la Casa Bianca perché presto avrebbe vissuto lì, Truman rispose: «Sono spaventato. Mi fa una paura terribile». L’opinione pubblica, però, non seppe mai niente di tutto questo, ha raccontato Beschloss. L’avversario di Roosevelt, Thomas Dewey, prese in giro i «vecchi stanchi» della Casa Bianca, ma venne sconfitto nettamente alle elezioni. Roosevelt morì pochi mesi dopo, nell’aprile del 1945, lasciando a Truman il compito di terminare la Seconda guerra mondiale. Fu Truman, che non era stato messo a conoscenza del Progetto Manhattan, a dover prendere la difficile decisione di sganciare le bombe atomiche sul Giappone.
Franklin Delano Roosevelt (Keystone Features/Getty Images)
Anche i problemi di salute di Eisenhower vennero inizialmente tenuti segreti. Dopo il primo infarto, ai giornalisti venne detto che Eisenhower aveva avuto «un disturbo digestivo durante la notte», racconta John Dickerson nel suo libro Whistlestop.
Dwight Eisenhower (McNeill/Fox Photos/Getty Images)
Kennedy prendeva in segreto steroidi e altri farmaci per allontanare i sintomi della malattia di Addison. Come scrisse il Los Angeles Times: «Durante la campagna elettorale del 1960, gli avversari di Kennedy dissero che aveva l’Addison. I suoi medici diffusero un comunicato scritto in modo molto abile in cui si diceva che Kennedy non aveva la malattia di Addison causata dalla tubercolosi, e la questione venne accantonata. Kennedy cadde due volte a causa della malattia: una volta alla fine di un corteo durante una campagna elettorale, e un’altra durante una visita del Congresso nel Regno Unito». Lo storico Robert Dallek ha raccontato al Washington Post che forse Kennedy non sarebbe diventato presidente se i suoi problemi di salute fossero diventati di dominio pubblico. Dallek, però, ha un punto di vista diverso sui problemi di salute dei leader politici: è giusto che un tumore mortale impedisca a una persona di candidarsi alla presidenza, mentre altri problemi di salute non sono così invalidanti. «Franklin Roosevelt era paraplegico e rimase in carica per 12 anni. Kennedy ebbe molti problemi di salute e fu un buon presidente», ha detto Dallek. «Le difficoltà e le disabilità si superano. Con Franklin Roosevelt fu così: i suoi problemi di salute gli tornarono molto utili nel corso della presidenza, perché durante la Depressione le persone pensavano che siccome era guarito dalla polio fosse la persona giusta per guidare il paese attraverso la ripresa. Dal punto di vista psicologico, questa cosa gli diede una grande presa sull’opinione pubblica e lo aiutò molto».
John Fitzgerald Kennedy (National Archive/Newsmakers)
Già prima di Franklin Roosevelt alcuni presidenti americani avevano sfruttato la reputazione di essere persone in grado di superare difficoltà fisiche. Dickerson ha fatto l’esempio di Andrew Jackson, che fu presidente dal 1829 al 1837 ed era famoso per avere due proiettili incastrati nel corpo dovuti ad alcuni duelli fatti da giovane e perché si faceva un salasso ogni notte prima di andare a letto. Theodore Roosevelt fu un ragazzo cagionevole, cosa che compensò dedicandosi alla «vita faticosa». Mentre era impegnato nella campagna presidenziale del 1912 per il Partito Progressista, Roosevelt scampò a un attentato perché il proiettile dell’uomo che gli sparò fu rallentato da un discorso di 50 pagine piegato e da una custodia per occhiali che aveva messo nella tasca del suo cappotto. Il proiettile finì tra due costole di Roosevelt che, sanguinante, insisté per andare comunque nell’auditorium dove era diretto e tenere il suo discorso. «Vi devo chiedere di fare più silenzio possibile. Non so se capite pienamente che mi hanno appena sparato. Ma ci vuole ben altro per uccidere un alce [bull moose in inglese, il soprannome che Theodore Roosevelt usava per descrivere la sua forma fisica, che poi passò a indicare il Partito Progressista americano, ndt]», disse Roosevelt ai suoi sostenitori secondo la rivista Smithsonian. La spavalderia non bastò a Roosevelt per vincere le elezioni, in cui Wilson sconfisse sia lui che il presidente in carica William Howard Taft, che con i suoi 136 chili è stato il presidente americano più pesante della storia.
Theodore Roosevelt (Hulton Archive/Getty Images)
L’età di Reagan (69 anni) fu un problema durante la sua candidatura alla presidenza nel 1980. Ciononostante, quando assunse l’incarico per la prima volta, Reagan sembrava essere in forze, sollevava regolarmente pesi e andava a cavallo nel suo ranch. All’inizio del suo primo mandato sopravvisse a un attentato quasi mortale, in cui gli spararono al petto. Nel primo dibattito con il suo avversario, Walter Mondale, durante la campagna elettorale per la sua rielezione nel 1984, Reagan sembrò confuso, ma si rifece nel dibattito successivo dicendo con una battuta che non avrebbe sfruttato a fini politici «la giovane età e l’inesperienza» del suo avversario. Nel 1994 a Reagan fu diagnosticato l’Alzheimer. Giornalisti e storici – e addirittura suo figlio, Ronald Jr. – hanno detto che Reagan mostrò segni della malattia già durante il suo secondo mandato, iniziato quando aveva 73 anni. Dell’argomento si discute ancora oggi, e molti suoi ex collaboratori hanno ribadito invece che Reagan non aveva ancora la malattia quando era presidente.
Il 25esimo emendamento della Costituzione americana prevede il trasferimento dei poteri al vicepresidente nel caso in cui il presidente non sia in grado di svolgere l’incarico. Il presidente George W. Bush è ricorso al 25esimo emendamento due volte, nel 2002 e nel 2007, trasferendo i suoi poteri all’allora vicepresidente Dick Cheney per sottoporsi a delle colonscopie di routine. In entrambi i casi, il trasferimento dei poteri durò solo un paio di ore. Situazioni come queste sottolineano un altro sottile cambiamento nella politica americana, ha detto Nicole Hemmer, assistente professore di studi presidenziali al Miller Center della University of Virginia. Secondo Hemmer, oggi i vicepresidenti sono controllati più attentamente e vengono coinvolti più da vicino nelle operazioni del governo rispetto a un secolo fa. Per questo motivo, oggi una successione alla presidenza dovuta a una malattia o alla morte del presidente ha meno probabilità di diventare uno sconvolgimento catastrofico. I progressi nelle cure mediche, inoltre, danno a un presidente più possibilità di superare gravi problemi di salute, ha aggiunto Hemmer. «Oggi, le questioni legate alla salute dei candidati sono più rilevanti in termini di immagine, ma meno rispetto all’effettiva capacità di svolgere l’incarico», ha detto Hemmer.
© 2016 – The Washington Post