Le auto di Uber a Pittsburgh si guidano da sole
Il famoso servizio di automobili con autista ha avviato un servizio sperimentale di automobili senza autista
Uber ha iniziato a sperimentare una flotta di automobili che si guidano da sole, per le persone che prenotano un viaggio tramite la sua applicazione a Pittsburgh, in Pennsylvania. È il primo test aperto al pubblico di questo tipo nel settore dei veicoli autonomi, nel quale sono attive alcune delle più grandi e ricche aziende al mondo, come Google che sperimenta da anni sistemi di questo tipo. Uber sta investendo molto nella tecnologia delle auto che si guidano da sole perché potrebbero contribuire a ridurre i costi del suo servizio, dovuti al personale, ed estenderlo in buona parte del mondo. Lo scorso agosto Uber ha acquisito Otto, promettente startup che ha sviluppato sistemi di guida autonoma con i camion, e ha avviato una collaborazione con la casa automobilistica svedese Volvo.
Le automobili usate per i test a Pittsburgh sono state realizzate in collaborazione con i ricercatori della Carnegie Mellon University, che da tempo si occupa di robotica e di sistemi per automatizzare la guida dei veicoli. In questa prima fase a bordo delle auto di Uber ci saranno comunque un autista e un ingegnere, per raccogliere dati sul comportamento del pilota automatico e per intervenire con i comandi manuali nel caso in cui qualcosa vada storto. Uber, inoltre, cercherà di registrare e analizzare le reazioni dei passeggeri al nuovo sistema automatico, per capire come metterli più a loro agio in una condizione che può indurre qualche comprensibile preoccupazione, soprattutto se non si è a conoscenza della tecnologia e dei sistemi di sicurezza montati su ogni automobile.
La richiesta di un’auto di Uber avviene nel classico modo, attraverso l’applicazione: il pilota automatico registra la posizione della persona che ha prenotato l’auto e la raggiunge. Al suo arrivo, la persona sale a bordo sul sedile posteriore e si trova davanti un touchscreen, attraverso il quale può avviare il trasporto e indicare eventuali variazioni sulla destinazione finale. Lo schermo mostra in tempo reale che cosa vede l’automobile attraverso il suo radar, le telecamere, il sistema GPS e altri sensori di prossimità. In questo modo ci si può fare un’idea di come funziona il sistema e degli accorgimenti studiati per la sicurezza. Arrivati a destinazione, si scende dall’auto e il costo della corsa viene scalato dalla propria carta di credito, come avviene col classico servizio di Uber con autisti in carne e ossa.
Signe Brewster del sito di tecnologia TechCrunch ha provato il nuovo servizio di Uber a Pittsburgh: è andato tutto liscio, ma ha ammesso di essersi preoccupata molto durante i primi minuti del viaggio, anche se c’era comunque un autista pronto a intervenire. Il pilota automatico ha funzionato per la maggior parte del tempo e gli interventi sono stati limitati a casi particolari, dovuti più che altro ad auto in sosta per la strada cui il pilota automatico si accodava invece di superarle. L’automobile si è regolarmente fermata per dare la precedenza e ha rispettato la segnaletica stradale: in un caso si è fermata col giallo a un semaforo mentre in un altro simile ha proseguito la corsa, valutando di avere il tempo per completare in sicurezza la manovra.
La tecnologia a bordo dei veicoli autonomi di Uber ricorda molto quella sperimentata finora da Google e altre società del settore. Uno degli strumenti principali è il Lidar, un laser che gira velocissimo su se stesso proiettando un raggio che serve per mappare, tridimensionalmente, tutto ciò che il veicolo ha intorno. Il sistema mette insieme 1,4 milioni di punti ogni secondo, e il dato viene poi utilizzato dal computer di bordo insieme alle informazioni raccolte da altre telecamere, dai sensori di prossimità intorno al veicolo e dall’antenna GPS, che serve al veicolo per seguire un itinerario.
L’esperimento di Pittsburgh per ora è limitato ad alcuni quartieri della città. Nelle prossime settimane sarà esteso ad altre zone, compresa quella dell’aeroporto per offrire il servizio da lì fino al centro cittadino. La scelta di procedere gradualmente è dovuta al fatto che Uber mappa prima tutte le vie in cui attiva il suo servizio, in modo da avere informazioni più precise sulla segnaletica e su altri elementi che l’autopilota deve tenere in considerazione: è una pratica piuttosto diffusa ed è seguita anche da altre aziende che stanno mettendo a punto i loro servizi di guida autonoma. I dati di ogni viaggio sono registrati e utilizzati per migliorare gli algoritmi che fanno funzionare il sistema, quindi più chilometri vengono percorsi, più diventa affidabile e sicuro. Vengono registrati anche i momenti in cui interviene l’autista e le manovre che compie, per fare in modo che il computer di bordo impari a comportarsi in situazioni impreviste.
Uber è una delle aziende più grandi al mondo per i servizi di trasporto con autista e da qualche anno mostra particolare interesse per le auto che si guidano da sole, che le consentirebbero di risparmiare molte risorse sul personale, ridurre le commissioni per i clienti e rendere più flessibile il suo servizio. Per avere un autopilota affidabile sono necessarie centinaia di milioni di chilometri di test, e per questo la sperimentazione di Pittsburgh è importante per affinare i sistemi. L’azienda che ha macinato finora più chilometri è stata Google, che però è interessata soprattutto a realizzare un sistema di guida automatico da vendere in licenza ai produttori di auto, o a gestori di particolari servizi di trasporti. I modelli più recenti di Tesla, la casa che produce automobili elettriche, hanno un autopilota sperimentale già messo a disposizione dei loro proprietari, cui viene però richiesto di essere sempre sul sedile del guidatore e di intervenire quando il sistema si disattiva per motivi di sicurezza richiedendo l’intervento manuale. In questo modo Tesla confida di raccogliere grandi quantità di dati per arrivare alla piena autonomia delle sue auto elettriche, che potrebbero cambiare il modo stesso in cui concepiamo l’utilizzo e la proprietà di un’automobile, come ha spiegato di recente il suo CEO Elon Musk.
In pochi anni le tecnologie per i veicoli autonomi sono diventate molto più sicure ed è opinione diffusa che possano essere il futuro dell’automobile, cosa di cui sono sempre più convinti anche i produttori tradizionali. Ford, tra i tanti, ha da poco allestito una nuova divisione con l’ambizioso obiettivo di arrivare a veicoli completamente autonomi entro circa tre anni. L’ostacolo più grande potrebbe essere dato dalla mancanza di regole chiare a livello legislativo: per ora queste iniziative si muovono in aree grigie, sfruttando la mancanza di leggi che contemplano esplicitamente la guida senza esseri umani al volante. Negli Stati Uniti, dove si concentrano le principali aziende che sviluppano questi sistemi, alcuni singoli stati hanno adottato leggi per regolamentare il settore, spesso dopo un intenso lavoro di lobby da parte dei produttori.