Si può ignorare Foscolo?
Natalia Aspesi lo ha confessato ed è stata contestata sui social network
Martedì 13 settembre Repubblica ha pubblicato un articolo di Natalia Aspesi che parla delle reazioni aggressive e violente che ha subìto dopo aver scritto nella sua rubrica “Questioni di cuore”, – pubblicata sul settimanale di Repubblica, Venerdì – di non conoscere Ugo Foscolo. Aspesi ha raccontato al Post che sul Venerdì di Repubblica del 12 agosto ha pubblicato la lettera di Ida, una signora di 80 anni rimasta vedova da poco, che è riuscita a ritrovare un po’ di serenità grazie all’amicizia epistolare con la cugina Gabriella, 81 anni. Nella lettera pubblicata nella rubrica di Aspesi, Ida cita Il velo delle Grazie di Ugo Foscolo dicendo quanta gioia le aveva dato leggerlo e scoprire che la cugina aveva un quaderno in cui trascriveva le poesie che amava di più.
«Era una lettera d’amore» dice Aspesi «sull’amore per la letteratura. Nella mia risposta dicevo a queste due signore che le invidiavo per la loro bella corrispondenza e perché io non conosco il Foscolo. Ho ricevuto moltissimi commenti per lettera e via mail, un paio anche ironici, ma gentili, tutti gli altri fatti solo di insulti in cui mi si diceva che sono ignorante, che probabilmente leggo solo i libri di Bruno Vespa e Fabio Volo, in cui mi si chiedeva come potessi fare la giornalista. Una delle lettere che ho ricevuto l’ho pubblicata (sul Venerdì del 2 settembre, ndr), a una ho anche risposto dicendo che ho cominciato a lavorare a 17 anni e che non sono andata al liceo, allora mi è stato consigliato di andare alle scuole serali. Insomma, mi sembrava di essere diventata una nemica dell’umanità. Odiata a causa di Foscolo. Ci sono rimasta male non tanto per me, ma perché la rabbia che cova nelle persone fa sì che se uno non legge il Foscolo diventa qualcuno che va eliminato dalla faccia dalla terra. Questa rabbia, poi, si riversa nella politica, quindi ne ho molta paura». Nel suo articolo su Repubblica Aspesi ha spiegato bene questa sua paura: «soprattutto le persone colte», sembrano «arrabbiate sin dall’alba» e se per una singola idea o frase si diventa un bersaglio, quel bersaglio non avrà più scampo.
«Non ricordare i versi di Ugo Foscolo e non aver mai letto A Zacinto va considerato un peccato veniale o mortale? Merita indifferenza, sbadiglio, clemenza o ira funesta? Per aver scritto innocentemente e certo stupidamente di questo vuoto nella mia vita, sono stata lapidata da una quantità inaspettata di lettere e mail: un paio, pur deprecando, ironiche e leggiadre, le altre micidiali, tutte con lo scopo di cancellarmi dal genere umano. Riflessioni: gli italiani, o meglio i lettori di Repubblica, sono in gran parte colti e si struggono tra l’altro per la nostra grande letteratura affinché non venga dimenticata.
I lettori colti di Repubblica, malgrado sappiano a memoria tutto il Foscolo e si spera anche il Manzoni e il Leopardi, sorprendentemente non trascurano neppure le meno alate “Questioni di cuore” (la rubrica sul Venerdì in cui è apparsa la mia infelice confessione).Anche le persone colte, o forse soprattutto le persone colte, stanno perdendo l’abitudine al dialogo, allo scambio di idee, alla voglia di sapere i perché degli altri e a far sapere con pacatezza i propri perché. Oggi l’incontro è sostituito dallo scontro: la curiosità e la sapienza sono sostituiti dalla stizza e dal disprezzo.
Anche l’amore o l’indifferenza verso il Foscolo, diciamo oggi argomento dei meno scottanti, obbligano a crearsi un nemico, a non voler approfondire, a capire quel che si vuol capire, alla certezza di avere sempre ragione, all’insulto, alla cancellazione dell’altro. Al costante stato di tumulto interiore e quindi al corruccio, al bisogno di distruggere e al rifiuto di riflettere. Soprattutto di cambiare idea. (E per esempio un amico attaccando, con massimo rancore, la situazione politica romana e i pasticci pentastellati, incitava però a continuare a votarli, pur essendo il voto ancora lontano).
Le mail dei foscoliani a un, per esempio, stendhaliano o austeniano per limitarsi allo stesso primo Ottocento: si dicono scandalizzate, consigliano di leggere la nostra grande letteratura invece dei libri di Fabio Volo e Bruno Vespa, di vergognarsi di consigliarli, decidendo poi tutti che possedere molti libri è tipico di chi non legge, per esempio ricordando un genitore con figlia ignorante che addolorato sosteneva di possedere «ben diecimila euro di libri».
(Continua a leggere l’articolo su Repubblica)
Mercoledì Repubblica ha pubblicato un testo dello scrittore Michele Mari a commento della storia.