Cosa succede al Monte dei Paschi
Perché il capo della banca più antica del mondo si è dimesso e cosa c'entrano la politica e il governo
Aggiornamento – Mercoledì sera il presidente di MPS Massimo Tononi ha annunciato le sue dimissioni.
Lo scorso 8 settembre l’amministratore delegato di Monte dei Paschi di Siena, Fabrizio Viola, ha dato le dimissioni. Viola era arrivato al Monte dei Paschi di Siena nel 2012, durante uno dei periodi più difficili della lunga storia della banca, che è la più antica del mondo ed è in difficoltà da molti anni. Sulle ragioni della sua uscita dall’istituto non c’è molta chiarezza, ma secondo molti hanno a che fare con il nuovo momento delicato che sta vivendo la banca, che come molti altri nella sua storia è legato alla politica e non solo alla finanza.
Perché Viola si è dimesso?
Come sempre in questi casi, i comunicati ufficiali sono molto scarni, quindi per farsi un’idea della situazione l’unica alternativa è rifarsi alle cronache dei giornali basate su commenti e indiscrezioni anonime, a volte affidabili, altre meno. Diversi giornali, la Stampa in particolare, scrivono che Viola si è dimesso su richiesta del governo. Altri, come Camilla Conti sul Giornale, sottolineano che anche molti degli azionisti storici della banca volessero la sostituzione di Viola.
La ragione principale è che Viola sembra diventato un ostacolo verso l’ennesimo salvataggio dell’istituto, in crisi oramai da quasi un decennio. La banca ha bisogno di raccogliere nuovi capitali e vendere parte delle sue “sofferenze”, ovvero i crediti che non riesce più a riscuotere. Viola, però, negli ultimi 4 anni ha già gestito aumenti di capitale per un totale di 8 miliardi di euro e, a quanto riportano diversi giornali, molti ritengono che i potenziali investitori non si sentano rassicurati dalla sua presenza al vertice della banca per l’ennesimo aumento di capitale.
Inoltre, sembra che Viola abbia avuto diversi contrasti con le banche d’affari che stanno facendo da consulenti a Monte dei Paschi per il nuovo piano di salvataggio, tra cui la più importante è l’americana JP Morgan. Il fatto che l’amministratore delegato della banca americana, Jamie Dimon, abbia visitato l’Italia pochi giorni prima delle dimissioni di Viola, ha fatto pensare che il suo colloquio con il governo potesse essere in qualche misura collegato alle dimissioni. In questi giorni, inoltre, i giornali hanno aggiunto un altro motivo per cui il governo potrebbe guardare con favore un cambio ai vertici di MPS.
Il nuovo salvataggio
L’operazione di risanamento compiuta da Viola e, fino alle sue dimissioni nel 2015, dal presidente Alessandro Profumo, è stata considerata in maniera positiva da molti osservatori. Oggi il Monte dei Paschi è una banca ancora in grado di produrre ricavi e i conti presentati nell’ultima relazione di Viola sono migliori delle aspettative. I lunghi anni di cattiva gestione, però, hanno lasciato alla banca una zavorra di miliardi di crediti deteriorati. La situazione di incertezza dei mercati internazionali e l’incerto stato di salute di tutto il settore finanziario italiano hanno fatto il resto e oggi, nonostante il buon lavoro di Viola e Profumo, la banca ha di nuovo bisogno di soldi.
Il piano per risolvere – auspicabilmente una volta per tutte – i problemi di Monte dei Paschi è stato annunciato lo scorso luglio e prevede la cessione di gran parte dei crediti deteriorati e un aumento di capitale fino a 5 miliardi di euro. Alla riuscita del salvataggio contribuiranno un gruppo di banche, tra cui JP Morgan, e Atlante, un fondo privato ma con una forte sponsorizzazione da parte del governo, creato per l’occasione. Si tratta di un piano complesso, in cui parecchi elementi dovranno allinearsi nel giusto ordine affinché tutto vada bene. In caso contrario è probabile che il governo si trovi costretto a intervenire in modo diretto. Secondo i tempi stabiliti nelle settimane precedenti, peraltro, il piano avrebbe dovuto concludersi a novembre; con le dimissioni di Viola e l’arrivo di un nuovo amministratore delegato, Marco Morelli (che è stato nominato mercoledì sera e inizierà a lavorare dal 20 settembre), i giornali scrivono che molto probabilmente il piano sarà rimandato di qualche mese, fino all’inizio del 2017.
La questione politica
Diversi analisti, come Silvia Merler, una ricercatrice dell’istituto Bruegel, hanno sottolineato come per il governo sarebbe politicamente problematico trovarsi costretto a salvare Monte dei Paschi, soprattutto se l’intervento arrivasse nei giorni vicini al referendum costituzionale, probabilmente il momento politico più importante di questa stagione per il presidente del Consiglio Renzi. Non solo l’opinione pubblica italiana è piuttosto ostile ai salvataggi pubblici delle banche, ma qualsiasi intervento pubblico farebbe scattare il famoso “bail-in”, il meccanismo imposto dalla nuova direttiva europea che regola la procedura di risoluzione delle banche in difficoltà.
Il bail-in stabilisce in sostanza che quando una banca riceve soldi pubblici, gli azionisti (cioè i proprietari) e gli obbligazionisti (cioè chi ha scommesso sulla banca investendoci del denaro) devono partecipare al salvataggio: in sostanza devono perdere parte del denaro che hanno investito. Il principio alla base del bail-in è rendere responsabili proprietari e investitori, in modo che chi ha amministrato in maniera poco efficiente una banca paghi almeno in parte per i danni che ha causato. L’applicazione del bail-in in Italia, però, è complicata dal fatto che spesso le banche hanno venduto prodotti finanziari rischiosi (come azioni e obbligazioni subordinate, i titoli più a rischio in caso di bail-in) anche a risparmiatori privati, che non avevano un’idea chiara di quello che stavano acquistando.
Quando nello scorso autunno si è arrivati al bail-in per quattro banche popolari, migliaia di piccoli risparmiatori hanno perso i loro investimenti. Ci sono state proteste e manifestazioni contro il governo, che per settimane è stato costretto a respingere le critiche di aver messo sul lastrico migliaia di persone, benché non ne avesse responsabilità e stesse anzi cercando di rimborsare quelle persone nonostante non fosse dovuto. MPS è considerevolmente più grande delle quattro banche popolari e un bail-in rischia di causare proteste simili a quelle dello scorso autunno. I piccoli risparmiatori di MPS potrebbero essere salvati da una norma apposita – come è accaduto con quelli delle quattro banche – ma l’intervento avrebbe un costo e richiederebbe qualche tempo.