Come si leggono i sondaggi sulle elezioni americane
Per evitare di farsi trascinare dai titoloni roboanti su questo o quel dato, c'è soprattutto una cosa da tenere presente: le medie
di Jonathan Bernstein – Bloomberg
A questo punto della campagna elettorale presidenziale statunitense, i sondaggi sono una buona indicazione di cosa succederà a novembre, e quindi vale la pena fare un ripasso su come leggerli.
Partiamo da cosa fare del sondaggio di CNN diffuso martedì 6 settembre, che dà Donald Trump in vantaggio di due punti percentuali su Hillary Clinton tra le persone che probabilmente andranno a votare. L’avete già sentito dire un milioni di volte da me e da altre persone (come il politologo Matthew Dickinson, il giornalista esperto di numeri Harry Enten, e, se siete iscritti alla sua newsletter sulle elezioni americane, anche da Francesco Costa del Post): bisogna guardare la media dei sondaggi, e non i singoli sondaggi. Come ha scritto Greg Sargent sul Washington Post:
I risultati sorprendenti dei sondaggi possono essere un’anomalia, o riflettere variazioni ed errori statistici o fluttuazioni a breve termine. Per fortuna abbiamo una cura: le medie dei sondaggi, che usano campioni molti ampi che coprono periodi più lunghi e aiutano a scartare gli errori statistici. A seconda di chi fa la media, Clinton è attualmente avanti del tre (The Upshot), quattro (Real Clear Politics), o del cinque per cento (Huffpollster).
Sono questi i numeri principali che ci servono per capire cosa sta succedendo, e mostrano le stesse cose che hanno mostrato per tutta la campagna elettorale: è probabile – non sicuro, probabile – che le elezioni le vinca Clinton.
Guardare oggi ai singoli stati e alle implicazioni sul collegio elettorale ha più probabilità di confondere piuttosto che illuminare. Certo, siti di ottima qualità che si occupano di previsioni come Daily Kos di Drew Linzer e FiveThirtyEight di Nate Silver usano le previsioni sui singoli stati, ma è meglio fare attenzione quando si cerca di interpretare i sondaggi nei singoli stati. Anche in questo caso, le medie dei sondaggi ci dicono più cose di qualsiasi sondaggio specifico. Le stesse medie, inoltre, possono essere fuorvianti visto che in molti stati vengono fatti meno sondaggi (e in alcuni casi pochissimi sono fatti bene). Le stime su base nazionale sono ancora quelle che ci dicono le cose che dobbiamo sapere, perché quasi sempre chi vince il voto popolare ottiene anche la maggioranza dei grandi elettori. Se ci dovesse essere una discrepanza tra voto popolare e grandi elettori, è ancora troppo presto per capire se un partito ha un vantaggio in termini di grandi elettori.
Le storie sugli uomini-che-mordono-un-cane attireranno sempre di più l’attenzione, come nel caso dei risultati “sorprendenti” dell’ultimo sondaggio di CNN. La teoria della probabilità ci dice che di tanto in tanto dobbiamo aspettarci fluttuazioni statistiche bizzarre. Certo, a volte i sondaggi possono individuare una tendenza nuova nell’elettorato. Ma non c’è modo di sapere da un singolo sondaggio se una cosa del genere sta succedendo davvero. I singoli sondaggi – anche quelli fatti da sondaggisti affidabili – potrebbero essere fatti male, e aggiungere errori. Martedì, dopo che CNN aveva pubblicato il suo sondaggio, alcuni Democratici hanno criticato il network su Twitter, come hanno fatto i Repubblicani con i sondaggi favorevoli a Clinton.
Fare i sondaggi è difficile, soprattutto dal momento che oggi i tassi di risposta sono molto bassi. È sempre stata un’arte tanto quanto una scienza, che implica scelte discutibili di ogni tipo. Metterne in dubbio la metodologia, però, è il modo sbagliato di reagire a un sondaggio che ha dei risultati sgraditi. Seguire questo approccio – analizzando attentamente ogni risultato che non ci piace – è un modo sicuro per portare ad altri risultati tendenziosi. Il metodo giusto per gestire un sondaggio (apparentemente) strano è lo stesso da usare con ogni altro sondaggio: metterlo insieme a tutti gli altri, e guardare le medie.
© 2016 – Bloomberg