Pensione anticipata, come funzionerà
Si potrà andare in pensione con un anticipo fino a 3 anni e 7 mesi, ha anticipato il governo, ma bisognerà pagare parecchio
Lunedì sono stati annunciati i primi risultati dei colloqui tra governo e sindacati sulla nuova pensione anticipata, l’APE. Non è stato ancora pubblicato un documento definitivo e ci sono ancora diversi dettagli da chiarire, ha detto Tommaso Nannicini, sottosegretario alla presidenza del Consiglio: si dovrebbe sapere qualcosa di più il 21 settembre, quando terminerà il ciclo di incontri tra governo e sindacati. Della “flessibilità in uscita”, cioè la possibilità di andare in pensione prima rispetto alle rigide regole stabilite dalla riforma Fornero, si parla oramai da anni, ma è una norma che finora è stata sempre rinviata a causa del suo costo molto elevato.
Come funziona l’APE?
Stando alle informazioni comunicate ieri da Nannicini, l’APE varrà per tutti i lavoratori, compresi gli autonomi, con almeno 20 anni di contributi, che nel corso del 2017 compiranno almeno 63 anni (i nati fino al 1954, quindi). Grazie all’APE, questi lavoratori potranno ottenere un anticipo della pensione fino a 3 anni e 7 mesi: visto che l’età minima per la pensione di vecchiaia prevista dalla rifroma Fornero è 66 anni e 7 mesi, potranno andare in pensione a partire dai 63 anni.
Lo “sconto” avrà per il lavoratore un costo proporzionale alla sua durata. Nannicini ha fatto l’esempio di un lavoratore con una pensione da 1.000 euro. Il costo minimo dello sconto sarebbe in questo caso di 50/60 euro al mese per 20 anni nel caso chieda un anno di sconto. Potrà salire fino a 150-200 euro, sempre per un ventennio, nel caso di uno sconto da tre anni. Potranno usufruire dell’APE senza costi aggiuntivi alcune categorie particolarmente svantaggiate, come i disoccupati di lungo corso, chi svolge un lavoro rischioso, pesante, faticoso e chi è in condizioni soggettive di bisogno (come chi si occupa dell’assistenza a un familiare disabile).
Secondo Nannicini, nei primi tre anni di applicazione potranno usufruire dell’APE circa 350 mila persone. Il sottosegretario ha anche aggiunto che l’APE sarà in un periodo di “sperimentazione” per i primi due anni, un periodo nel quale la regola potrebbe essere sottoposta a modifiche, prima di diventare strutturale nel 2019.
Chi paga?
Introdurre una forma di flessibilità in uscita è stato difficile perché si tratta di una norma potenzialmente rischiosa per i conti pubblici. Nel 2011 la riforma Fornero del governo Monti introdusse una serie di nuove regole molto rigide per modificare un sistema pensionistico molto squilibrato, che rischiava di causare grossi problemi ai conti pubblici entro pochi anni. Oggi il sistema pensionistico italiano è ritenuto uno dei più sostenibili d’Europa. Secondo una stima dell’INPS, la riforma Fornero dovrebbe portare risparmi per 80 miliardi solo nei primi dieci anni di applicazione (saranno probabilmente di meno, perché nel frattempo gli effetti della riforma sono stati in parte limitati per salvaguardare i cosiddetti “esodati”).
Eliminare pezzi della riforma Fornero, per esempio concedendo la possibilità di andare prima in pensione, rischia di annullare almeno parte di quei risparmi. Per questa ragione, l’APE non peserà molto sui conti pubblici: circa un miliardo di euro, che sarà impiegato soprattutto per consentire l’uscita anticipata dei lavoratori più svantaggiati (quelli che non dovranno pagare nulla). Il resto sarà usato per “assicurare” chi sfrutterà l’APE: statisticamente, infatti, non tutti vivranno abbastanza da estinguere il loro debito ventennale. Il resto del denaro sarà fornito dal sistema bancario. L’APE, infatti, è in sostanza un prestito che le banche concedono ai pensionati tramite l’INPS; la riduzione dell’assegno è il pagamento degli interessi sul prestito.