L’ambasciatore statunitense in Italia ha detto che sarebbe meglio vincesse il sì al referendum
«La vittoria del sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro»
John Phillips, ambasciatore degli Stati Uniti in Italia, durante un convegno ha spiegato perché secondo lui sarebbe meglio per l’Italia se al referendum del prossimo autunno sulla riforma costituzionale – il cosiddetto ddl Boschi – vincesse il sì, e la riforma entrasse quindi in vigore.
«La vittoria del sì sarebbe una speranza per l’Italia, mentre se vincesse il no sarebbe un passo indietro»
L’opposizione e parte della maggioranza hanno protestato contro Phillips, compresi alcuni parlamentari che la riforma in questione l’hanno votata più volte in Parlamento: Pierluigi Bersani, per esempio, ha detto: «Da non credere, ma per chi ci prendono? Aver allestito un appuntamento come se fosse un giudizio di Dio, un fatto cosmico, darà fiato alla speculazione finanziaria e a chi vuol mettere le mani sul nostro sistema. Chi ha il potere di farlo deve raffreddare il clima». Phillips ha spiegato invece che la vittoria del sì darebbe stabilità ai governi italiani e quindi renderebbe il paese più attraente per imprese e investitori stranieri. Scrive il Sole 24 Ore:
Secondo l’ambasciatore Philips, «quello che serve all’Italia è la stabilità e le riforme assicurano stabilità, per questo il referendum apre una speranza». L’Italia, ha detto ancora l’ambasciatore, «deve garantire di avere una stabilità di governo» per attrarre investimenti stranieri. Perché, prosegue Phillips, «63 governi in 63 anni non danno garanzie». Per Phillips, «il referendum offre una speranza e una opportunità per la stabilità di governo».
Parlando a un convegno del centro di studi americani su Brexit, l’ambasciatore americano ha aggiunto che «molti Ceo di grandi imprese Usa guardano con grande interesse al referendum», per capire quale sarà il contesto italiano per il loro investimenti. Renzi ha svolto un compito importante ed è considerato con grandissima stima da Obama, che apprezza la sua leadership».