Le elezioni in Palestina sono state sospese
L'8 ottobre erano in programma le amministrative, le prime elezioni "vere" da dieci anni, ma ora non si sa più se si voterà o no
La Corte suprema della Palestina ha sospeso le elezioni amministrative in programma per l’8 ottobre sia in Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza. Le motivazioni della sospensione non sono chiarissime: sembra che la decisione sia avvenuta in seguito a un ricorso sulla legittimità di un tribunale di Gaza – che dal 2006 è di fatto sotto il controllo del gruppo politico-terroristico Hamas, dopo aver cacciato il partito Fatah con la forza – che aveva escluso dei candidati di Fatah. Secondo il quotidiano israeliano Yedioth Ahronot la sospensione è temporanea, e la Corte prenderà una decisione definitiva dopo la festa islamica del Eid al-Adha, prevista per la settimana prossima. Alcuni esperti contattati dal Guardian dubitano che la decisione della Corte sarà modificata.
Un portavoce di Hamas ha detto che la decisione è stata «politica» – dando di fatto la colpa a Fatah, più indietro nei sondaggi rispetto ad Hamas – e spiegando che Hamas non riconosce la decisione della Corte. Alcune fonti anonime palestinesi hanno invece spiegato ad Haaretz che lo stato palestinese – controllato da Fatah – ha visto come una provocazione l’esclusione di alcune liste di Fatah da parte di tribunali controllati da Hamas.
Le elezioni dell’8 ottobre erano molto attese: in Palestina, infatti, il Parlamento non viene rinnovato da 10 anni, e le amministrative erano considerate una prova generale in vista delle “vere” elezioni, promesse da anni dal governo palestinese. Le ultime elezioni amministrative sono avvenute nel 2012 ma sono state boicottate da Hamas e sono avvenute solamente in una parte dei comuni della Cisgiordania.
La sospensione ha sorpreso diversi osservatori, dato che dal punto di vista burocratico tutto stava procedendo senza grandi intoppi: durante l’estate i partiti hanno messo insieme le liste elettorali, presentate ufficialmente dalla Commissione elettorale il 29 agosto. Erano previste elezioni per 141 consigli municipali e 272 consigli del villaggio, per un totale di 4.162 seggi. Si erano registrati per votare meno di due milioni di elettori, fra cui il 90 per cento degli aventi diritto al voto nella Striscia di Gaza. La campagna elettorale sarebbe dovuta iniziare ufficialmente il 25 settembre. La campagna elettorale “ufficiosa” non era comunque iniziata nel migliore dei modi: nelle ultime settimane sia Fatah sia Hamas si sono accusate a vicenda di intimidazioni e violenze nei confronti di alcuni candidati.
In Palestina va avanti da anni una grave crisi politica: il presidente Mahmoud Abbas – espresso da Fatah – governa senza mandato dal 2010, negli ultimi anni è estremamente impopolare e periodicamente circolano voci sul suo precario stato di salute o sull’imminente collasso del fragile governo palestinese (che di fatto controlla solo la Cisgiordania: la striscia di Gaza è in mano ad Hamas). Il giorno prima della decisione della Corte, il canale israeliano Channel 1 ha diffuso un’inchiesta secondo cui durante la Guerra fredda Abbas lavorava come agente del KBG: la notizia non è verificata ma è plausibile – la classe dirigente palestinese aveva un legame storico con l’URSS – e ha consolidato la percezione di un presidente debole e legato a diversi scandali (il governo e la burocrazia palestinese sono fra i più corrotti al mondo).
Le ultime elezioni parlamentari del 2006 hanno prodotto una sanguinosa guerra civile, i cui effetti durano ancora oggi: Fatah e Hamas si parlano pochissimo; lo stallo politico ed economico favorisce il radicalismo di Hamas, cosa che a sua volta spinge ancora più “a destra” Fatah facendo preoccupare il governo israeliano. A proposito di Israele: nessuno sa cosa potrebbe succedere nel caso le elezioni si tengano davvero e vengano vinte da Hamas – con cui Israele è stato in guerra nell’estate 2014 – come appare probabile dai sondaggi.