Assad sta usando ancora armi chimiche in Siria?
I ribelli continuano a denunciare casi di attacchi sui civili con il cloro, sostanza vietata dai trattati internazionali
L’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche (OPAC, la sigla in italiano) ha annunciato che investigherà sul sospetto uso di armi chimiche ad Aleppo, una città della Siria settentrionale che da anni è contesa dal regime siriano di Bashar al Assad e da diversi gruppi ribelli. La decisione è stata presa dall’OPAC dopo un attacco – compiuto mercoledì forse usando il cloro – su un’area di Aleppo controllata dai ribelli dove vivono anche molti civili: i ribelli hanno accusato il regime di Assad, che in passato era stato responsabile della morte di civili per l’uso di armi chimiche. Della questione discuterà anche il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ma con poche probabilità che si raggiungano esiti concreti: tra i membri permanenti con potere di veto c’è anche la Russia, il più importante alleato di Assad nella guerra siriana.
L’attacco di mercoledì è stato compiuto nel quartiere orientale Sukkari di Aleppo. Alcuni testimoni hanno detto di avere visto due elicotteri dell’esercito siriano sganciare bombe-barili contenenti del gas, che hanno ucciso almeno due persone e ne hanno ferite più di cento. Alcuni medici di Aleppo hanno raccontato di avere visto e medicato diverse persone che presentavano i sintomi tipici provocati da un attacco chimico: per esempio difficoltà respiratorie, irritazione agli occhi e nausea, tutti sintomi compatibili con un attacco al cloro, sostanza che se usata in grandi concentrazioni può anche causare la morte. La Difesa Civile Siriana, un’organizzazione di volontari che si occupa tra le altre cose di soccorso dei civili, e la Società Medica Americano-Siriana, un’organizzazione no-profit che rappresenta migliaia di medici siriano-americani negli Stati Uniti, hanno pubblicato sui social network alcune fotografie di persone – tra cui bambini – rimaste ferite nell’attacco. Nelle immagini si vedono alcune di loro completamente bagnate dopo essere state immerse in acqua, altre che respirano attraverso una maschera d’ossigeno: entrambe sono procedure che si applicano in caso di attacchi chimici.
Another reported use of chlorine gas in besieged eastern #Aleppo City. Casualties include many children. pic.twitter.com/HTQ2jcL0kJ
— sams_usa (@sams_usa) September 6, 2016
Molti si sono chiesti come sia possibile che in Siria vengano compiuti ancora attacchi chimici nonostante – almeno in teoria – quasi tutto l’arsenale chimico di Assad sia stato smantellato dall’OPAC negli anni scorsi. In realtà non è così strano, per diverse ragioni. Il regime di Assad aveva accettato di smantellare il proprio arsenale chimico nel 2013, per evitare l’inizio dei bombardamenti americani e sulla base di un accordo raggiunto tra gli stessi americani (allora nemici di Assad) e i russi (ancora oggi alleati di Assad). Tra le sostanze indicate nell’accordo c’erano il sarin e il VX, due tipi di gas nervino, e l’iprite, noto anche come gas mostarda per il suo odore; non c’era invece il cloro, il cui utilizzo è comunque vietato dalla Convenzione sulle armi chimiche, che la Siria ha firmato. Il problema è però che il cloro è una sostanza che viene ampiamente usata con finalità legali che nulla hanno a che fare con la guerra, e viene commercializzato senza troppi problemi attraverso i confini di moltissimi paesi. Inoltre le bombe al cloro non sono particolarmente difficili da fabbricare, anche se in diversi attacchi l’uso di elicotteri ha suggerito che i responsabili fossero i soldati fedeli ad Assad.
In un rapporto delle Nazioni Unite presentato di recente si dice che in Siria hanno fatto uso di armi chimiche sia il regime di Assad che lo Stato islamico. La Russia ha inoltre accusato i ribelli di avere compiuto attacchi di questo tipo. Il più grande attacco chimico in Siria finora è stato quello dell’agosto 2013 compiuto dal regime di Assad, quando più di 1.000 persone morirono a causa degli effetti provocati dal gas sarin.