Perché si parla delle Filippine
Il suo controverso presidente, quello che ha dato del "figlio di puttana" a Obama, ha adottato politiche anti-droga violente e incredibili
Uno dei più controversi e violenti leader asiatici è il presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, 71 anni, soprannominato anche “Il Punitore” ed eletto a giugno. Duterte è diventato noto in tutto il mondo per i suoi metodi spicci e brutali nella lotta contro il crimine – in particolare contro lo spaccio e l’uso di droga – e per alcune sue uscite decisamente sopra le righe. Lunedì i giornali di mezzo mondo sono tornati a occuparsi di lui riportando una sua frase contro il presidente americano Barack Obama. Rispondendo a una domanda di un giornalista locale che gli chiedeva cosa avrebbe fatto se Obama gli avesse chiesto conto delle politiche autoritarie e violente adottate dal suo governo, Duterte ha risposto dando ad Obama del “figlio di puttana”. Gli Stati Uniti allora hanno subito annullato l’incontro previsto. Se all’estero aumentano le critiche contro il governo locale e le sue politiche violente, nelle Filippine il consenso verso Duterte sembra essere cresciuto.
È piuttosto raro per Obama cancellare un incontro internazionale di questa importanza, ha scritto il Wall Street Journal: una cosa simile si era verificata nel 2013, quando Obama aveva cancellato un incontro con il presidente russo Vladimir Putin dopo che il governo russo aveva dato asilo a Edward Snowden, ex collaboratore della NSA (l’agenzia di sicurezza nazionale statunitense) considerato un traditore dagli Stati Uniti. Nel caso attuale la decisione di Obama è stata ancora più significativa, visto che le Filippine sono un paese alleato degli Stati Uniti (fino al 1946 furono una colonia americana, dopo essere state una colonia spagnola fino a fine Ottocento): il governo filippino beneficia dell’appoggio americano nella sua disputa territoriale con la Cina nel Mar Cinese Meridionale; inoltre le Filippine ospitano diversi soldati americani come parte della strategia di Obama di rafforzare la presenza americana nella regione Pacifica dell’Asia.
Le dichiarazioni contro Obama di questa settimana sono state solo l’ultimo di una serie di episodi negativi che hanno coinvolto Duterte e che sono stati ripresi dalla stampa internazionale. Per esempio in passato Duterte ha detto di avere due mogli e due “fidanzate”, ha chiamato Papa Francesco scherzosamente “figlio di puttana” (circa l’83 per cento dei 100 milioni di filippini è cattolico, ma non sembra che queste uscite abbiano influenzato la popolarità del presidente), ha ammesso in televisione di avere ucciso personalmente diverse persone e dopo che una missionaria australiana era stata stuprata e uccisa durante una rivolta della prigione della città di Davao, nel 1989, ha detto di essere rimasto deluso perché in quanto sindaco avrebbe dovuto essere il primo a stuprarla (poi ha specificato che “gli uomini parlano così”, poi il suo ufficio ha diffuso delle scuse, poi lui ha detto di non sapere niente del comunicato di scuse).
Uomini arrestati per droga dentro a una palestra di Manila, il 20 agosto 2016 (Dondi Tawatao/Getty Images)
Ma il motivo per cui è così criticato, a parte le dichiarazioni sopra le righe, è la sua violenta campagna contro il crimine e la droga, iniziata quando era sindaco di Davao, dal giugno 2013 al giugno 2016. In quel periodo Davao armò delle milizie civili per combattere i ribelli comunisti: le milizie diventarono presto delle “squadre della morte” dirette contro chiunque venisse considerato un pericolo per l’ordine pubblico. Durante l’ultimo comizio della sua campagna elettorale, prima di essere eletto presidente, Duterte disse: «Dimenticatevi i diritti umani. Se arriverò al palazzo presidenziale, farò quello che ho fatto da sindaco. Voi spacciatori, rapinatori, nullafacenti, meglio che ve ne andiate. Perché vi ucciderò. Vi scaricherò tutti nella Baia di Manila, dove andrete a ingrassare i pesci». Disse anche che avrebbe firmato un’ordinanza per garantire a lui e a tutte le forze di sicurezza filippine l’immunità per i reati commessi anche dopo avere lasciato gli incarichi pubblici. Il 2 settembre Duterte ha annunciato un ulteriore aumento dei poteri dell’esercito: dopo un attentato compiuto a Davao e rivendicato da un gruppo estremista islamista locale, Duterte ha deciso di attribuire ai militari alcuni poteri che ora spettano alla polizia, come il pattugliamento di aree urbane e l’istituzione di checkpoint.
Intanto il governo filippino ha detto che negli ultimi due mesi sono state uccise 1.300 persone sospettate di spacciare o fare uso di droga (Duterte aveva detto che avrebbe ucciso 100mila criminali nei suoi primi sei mesi di presidenza). Alcune di queste uccisioni sono diventate discusse e riprese anche dalla stampa internazionale: è stato così per l’omicidio di Michael Siaron, un uomo di 29 anni che faceva il conducente di risciò a Manila e che è stato ucciso lo scorso giugno, di notte, da uomini armati non identificati mentre stava pedalando alla ricerca di un cliente. La foto che ritrae la moglie accasciata di fianco a Siaron è stata ripresa e raccontata da molti giornali e scelta come simbolo da diverse organizzazioni per la difesa dei diritti umani.
Jennilyn Olayres accasciata di fianco al marito, Michael Siaron, ucciso da un uomo armato a Manila e lasciato in mezzo alla strada con di fianco un cartello che dice: «Sono uno spacciatore». La foto è stata scattata il 23 luglio 2016 (NOEL CELIS/AFP/Getty Images)
L’estrema violenza contro le persone che fanno uso di droga ha anche spinto migliaia di persone a “consegnarsi” alle autorità per sottoporsi a una terapia di disintossicazione. Come ha raccontato il New York Times, tuttavia, le strutture esistenti nelle Filippine si sono rivelate del tutto insufficienti ad accogliere coloro che devono sottoporsi alla disintossicazione, sia a livello di spazi che di personale medico competente. A non tutti però è stata data questa possibilità: la polizia filippina ha detto che circa 15mila persone sono state arrestate – e ora si trovano nelle prigioni del paese, tra le più affollate al mondo – mentre altre sono state uccise da sconosciuti dopo essere state rilasciate dalla autorità.