L’Islam progressista in Francia
Tareq Oubrou, un imam di Bordeaux, critica il velo, vuole politiche più inclusive per i musulmani omosessuali, ed è minacciato dall'ISIS
di James McAuley – The Washington Post
Tareq Oubrou è il capo di una comunità musulmana di Bordeaux, la città francese conosciuta per i vini rossi e terrosi che hanno reso famosa la sua regione e che però i fedeli musulmani non possono assaggiare. Tra le tensioni dovute a tre attacchi terroristici in due anni e alla recente polemica sul burkini, in Francia Oubrou è diventato il più grande sostenitore di un Islam progressista, inclusivo e soprattutto francese.
In una serie di articoli, interviste in televisione e ora anche in un libro di successo, Oubrou ha criticato pubblicamente il velo, ha parlato in favore dell’inclusione dei musulmani omosessuali nell’Islam ed equiparato l’essenza dell’Islam alla fondamentale visione francese dell’emancipazione umana: per Oubrou queste ultime due sono la stessa cosa, e non hanno niente a che vedere con le frequenti polemiche pubbliche su cosa debbano indossare le donne musulmane, in strada o in spiaggia. «Non mi importa cosa mettono in testa le persone», ha detto Oubrou in una recente intervista nel suo ufficio nella magnifica moschea di Bordeaux, in una stanza piena di libri, sistemati in pile che dal pavimento arrivavano al soffitto. «Lo trovo un dibattito vergognoso», ha aggiunto Oubrou.
Nel suo recente libro Ce que vous ne savez pas sur l’Islam (“Quello che non sapete sull’Islam”), Oubrou fa un appello per un «Islam di Francia», che definisce come «la riconciliazione di un Islam spirituale che si esprima nel linguaggio dei valori repubblicani», cioè il sacro motto francese di libertà, uguaglianza e fraternità. Grazie soprattutto a idee come queste, Oubrou è diventato una figura cara alle élite politiche francesi. Nel 2013 è diventato cavaliere della Legione d’Onore, la più alta onorificenza al merito civile e militare del paese. Nel gennaio 2015, dopo gli attacchi al giornale satirico Charlie Hebdo e al supermercato kosher nella periferia di Parigi, è stato scelto come consulente speciale del governo dal Ministero dell’Interno. Secondo alcune voci, potrebbe diventare ministro nel caso in cui l’anno prossimo il popolare sindaco di Bordeaux Alain Juppé vincesse le elezioni presidenziali.
Oubrou ha però anche molti detrattori, soprattutto tra i musulmani francesi comuni, molti dei quali pensano che le sue idee scimmiottino quelle del governo. In fondo le persone che hanno insignito Oubrou della Legione d’Onore sono le stesse che in sostanza hanno approvato il divieto al burkini, visto come un affronto all’uguaglianza repubblicana. «Credo che abbia buone intenzioni», ha detto in un’intervista Marwan Muhammad, direttore del Collettivo contro l’Islamofobia in Francia (CCIF). «Molte persone però pensano che in sostanza la sua visione dell’Islam – secondo cui i musulmani dovrebbero essere discreti e meno visibili di quanto siano oggi – legittimi gli stereotipi islamofobici che vorrebbero che i musulmani dimostrassero la loro fedeltà allo stato facendosi assimilare».
Nel frattempo, lo Stato Islamico (o ISIS) ha emesso diverse fatwa contro Oubrou, l’ultima delle quali è stata pubblicata nel numero primaverile di Dar al Islam, la rivista in francese dell’ISIS, che ha spesso definito Oubrou «l’imam della dissolutezza», e che quest’estate è arrivata a dire che «dovrebbe essere ucciso senza esitazioni». Per Oubrou, a partire dalla Rivoluzione Francese la Francia è diventata più un concetto che un paese, grazie al suo impegno sul fronte dei diritti umani e dell’uguaglianza universale. Queste, secondo Oubrou, sono le stesse nobili aspirazioni dell’Islam, e di ogni vera religione. «La religione musulmana è al servizio dell’umanità in generale, come la Francia», ha detto. «Una religione è questo: si occupa di come servire l’uomo, trasformarlo e renderlo il più perfetto possibile nel pensiero, la sensibilità e la spiritualità, in relazione ai misteri di Dio».
Oubrou è nato in Marocco da genitori francofoni nel 1959, ed è stato naturalizzato cittadino francese alla fine degli anni Ottanta, un momento di svolta nella sua vita e nel suo sviluppo come pensatore. Per dirla con le sue parole: «Ho adottato la nazionalità francese e quindi, in poche parole, dovrei essere fedele alla Francia. Dovrei rispettare la legge, contribuire all’economia e alla prosperità di questo paese tanto quanto gli altri cittadini». In Francia, come anche in altri paesi europei, esiste una lunga tradizione di religioni che vengono percepite come «straniere» e che si danno moltissimo da fare per dimostrare che i loro insegnamenti sono più che compatibili con la società che li ospita. Per esempio i capi ebrei della Francia nell’Ottocento risposero all’antisemitismo diffuso sostenendo che la Bibbia ebraica enfatizzasse gli stessi valori della società francese, e durante la Prima guerra mondiale mandarono con orgoglio i loro figli e fratelli a prestare servizio nell’esercito.
Di fronte alla crescente islamofobia, i sermoni e gli insegnamenti di Oubrou mostrano un impulso patriottico simile. Per esempio Oubrou ha insistito che durante le funzioni nella moschea di Bordeaux si parlasse francese, e non solo arabo. I bambini che frequentano la scuola della moschea studiano l’Islam in francese, come le persone iscritte al seminario della moschea. «La nostra terza generazione sogna in francese», ha raccontato Oubrou, «dovrebbero palare a Dio in francese». Inoltre, dice Oubrou, la cittadinanza francese implica un’identità diversa dalle altre affiliazione nazionali: è un “contratto morale”, un impegno verso ideali nobili e astratti che hanno più senso quando i singoli individui riescono a collegarli con il credo privato. «Partendo dalle mie tradizioni», ha raccontato Oubrou, «posso rafforzare le idee di cittadinanza e di impegno politico e conciliarle allo stesso tempo con la morale privata». Oubrou ha detto di non essere troppo preoccupato per le ultime minacce dello Stato Islamico, e continua a rifiutare l’offerta di protezione della polizia da parte del governo. «Se fossi spaventato sarebbe una sconfitta», ha detto.
Ad ogni modo, Oubrou è interessato principalmente ai fattori sociali che portano i giovani musulmani – la maggior parte dei quali è francese o francofona – a radicalizzarsi, e non alle minacce di chi lo è già. Per questo, insieme al Comune di Bordeaux, ha creato un programma pilota per “deradicalizzare” i giovani sospettati di avere tendenze violente. Il programma, chiamato Centro d’Azione e Prevenzione contro la Radicalizzazione degli Individui (CAPRI), è stato annunciato formalmente a gennaio, dopo gli attacchi a Charlie Hebdo e Parigi dell’anno scorso. Marik Fetouh, l’assessore di Bordeaux che si occupa di uguaglianza e cittadinanza e supervisiona il programma, ha raccontato che le autorità locali segnalano al programma i soggetti che si sospetta possano essere a rischio di radicalizzazione: di solito sono uomini giovani relativamente isolati socialmente e i cui profili sui social network lasciano pensare a un’affinità con lo Stato Islamico o altri gruppi di estremisti. Fetouh ha aggiunto che dall’annuncio del programma alcune famiglie locali si sono avvicinate a CAPRI per via dei loro figli, in modo totalmente indipendente dalle autorità. Queste persone si sentono tranquille perché CAPRI non è pensato come un programma di detenzione, ma principalmente come iniziativa per la salute mentale, in cui lavorano professionisti qualificati che aiutano i giovani problematici a identificare e affrontare i motivi della loro rabbia. Fetouh ha raccontato che da quando è stato avviato a gennaio, CAPRI ha lavorato con circa 30 soggetti. Nonostante sia difficile stimare il suo tasso di successi, la speranza è che il programma sia un esempio di quello che altre comunità francesi potrebbero fare in un periodo in cui il paese è alle prese con il problema della radicalizzazione interna. Quest’anno, il primo ministro francese Manuel Valls ha annunciato l’istituzione di centri di deradicalizzazione, che però si concentreranno su persone a uno stadio più avanzato.
Per Oubrou, un fattore decisivo nella lotta contra la radicalizzazione è riconoscere i difetti della Francia, il paese che sostiene da una vita. «Onestamente la radicalizzazione è un sintomo del malessere della Repubblica. La nostra nozione di uguaglianza non viene mai applicata a livello dello scuole o del lavoro. L’uguaglianza è importante tra donne e uomini, e tutti devono vestirsi allo stesso modo», ha detto Oubrou, facendo riferimento alla logica delle persone che si sono opposte al burkini, «ma non per quanto riguarda lo stipendio». Per Oubrou è questo l’eterno enigma della repubblica francese, che a volte è elusiva ed equivoca quanto le religioni a cui il suo convinto secolarismo si oppone in superficie. «La Francia è forse il paese più utopistico del mondo», ha detto Oubrou. «Ma la sua è un’utopia irraggiungibile».
© 2016 – The Washington Post