Stati Uniti e Cina hanno ratificato l’accordo sul clima
Sono le due principali economie del mondo e i paesi che emettono più gas serra: e quindi è un grande passo in avanti
Sabato 3 settembre Cina e Stati Uniti hanno annunciato la ratifica dell’accordo sul clima di Parigi, raggiunto nel dicembre 2015 durante la Conferenza mondiale sul clima, nota anche come Cop21. L’accordo fu firmato da 195 paesi, tra cui Cina e Stati Uniti, e prevede che i paesi che aderiscono attraverso una successiva ratifica si impegnino a ridurre le emissioni inquinanti in tutto il mondo, a contenere l’aumento delle temperature, a smettere di incrementare le emissioni di gas serra e a finanziare i paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
L’accordo di Parigi entrerà però davvero in vigore solo quando sarà ratificato da almeno 55 paesi che insieme rappresentano il 55 per cento delle emissioni totali di gas serra. Cina e Stati Uniti sono le due principali economie mondiali e insieme sono responsabili per circa il 38 per cento delle emissioni. Prima di loro l’accordo era stato ratificato da 24 paesi, che insieme ne rappresentano circa l’1 per cento. L’Italia viene considerata come parte dell’Unione Europea, che ancora deve ratificare l’accordo. Qui c’è un grafico interattivo per capire chi emette quanto e quali paesi hanno già firmato.
L’annuncio della ratifica cinese è stato dato sabato mattina da Xinhua, l’agenzia di stampa cinese; alcune ore dopo è arrivato l’annuncio del presidente degli Stati Uniti Barack Obama, che si trova a Hangzhou, nell’est della Cina, per il G20 che inizierà ufficialmente il 4 settembre. Obama e il presidente cinese Xi Jinping hanno anche consegnato simbolicamente a Ban Ki-moon, il segretario generale delle Nazioni Unite, i documenti relativi alla ratifica, per riconoscergli il merito di aver contribuito ai negoziati tra i due paesi: rispettare gli accordi prevede estesi sforzi e investimenti economici, e sarebbe stato complicato per uno dei due paesi farlo senza la certezza che anche l’altro avrebbe fatto lo stesso.
Obama ha detto che la ratifica da parte di Cina e Stati Uniti è «un punto di svolta per il nostro pianeta» e ha citato un modo di dire inglese, “you need to put your money where you mouth is” (cioè, parafrasando: se si dice di credere in qualcosa bisogna adoperarsi – con soldi e investimenti – per quel qualcosa). Ci si aspetta che ora molti altri paesi ratifichino l’accordo facendolo entrare formalmente in vigore: tra quelli che mancano ci sono Russia e India, che insieme producono più del 10 per cento delle emissioni totali di gas serra.
Guida minima all’accordo di Parigi
L’accordo contiene sostanzialmente quattro impegni per gli stati che lo hanno sottoscritto (il testo integrale è qui).
• Mantenere l’aumento di temperatura inferiore ai 2 gradi, e compiere sforzi per mantenerlo entro 1,5 gradi.
• Smettere di incrementare le emissioni di gas serra il prima possibile e raggiungere nella seconda parte del secolo il momento in cui la produzione di nuovi gas serra sarà sufficientemente bassa da essere assorbita naturalmente.
• Versare 100 miliardi di dollari ogni anno ai paesi più poveri per aiutarli a sviluppare fonti di energia meno inquinanti.
• Controllare i progressi compiuti ogni cinque anni, tramite nuove Conferenze.
Alcune di queste disposizioni sono legalmente vincolanti, mentre alle altre i vari paesi aderiscono solo in maniera volontaria. Ad esempio, tutti i paesi saranno obbligati dal trattato a fornire l’obbiettivo di riduzione delle emissioni a cui mirano e a partecipare al processo di revisione quinquennale. La maggiore critica che viene avanzata al documento è però il fatto che non sono previste sanzioni in caso in cui gli obbiettivi non vengano raggiunti, e che sostanzialmente diversi paesi avranno margine per ignorare le raccomandazioni contenute nel documento.