La grande manifestazione di Caracas
Centinaia di migliaia di persone hanno protestato contro il presidente del Venezuela, accusato di essere responsabile della profonda crisi economica del paese
Giovedì 1 settembre centinaia di migliaia di persone hanno partecipato a due manifestazioni a Caracas, la capitale del Venezuela: una organizzata dagli oppositori del presidente Nicolás Maduro per chiedere le sue dimissioni, l’altra dai suoi sostenitori per confermare la fiducia nei confronti del successore di Hugo Chávez, morto nel 2013. Per quanto riguarda le opposizioni, è stata la più grande manifestazione organizzata in città negli ultimi due anni; non sono mancati momenti di tensione con la polizia, che ha in parte ostacolato il corteo e che si è scontrata con alcuni gruppi di violenti tra i manifestanti. Anche se la manifestazione è stata per lo più pacifica, dopo il corteo la polizia ha disposto l’arresto di alcuni politici di opposizione per non meglio precisati controlli.
I partiti di opposizione ritengono che sia Maduro il primo responsabile della profonda crisi economica che sta interessando il paese, per questo chiedono il suo allontanamento e nuove elezioni. La manifestazione è stata organizzata per contestare la recente scelta della Commissione elettorale di rinviare un referendum che potrebbe ridurre la durata della presidenza di Maduro. Le opposizioni finora hanno raccolto circa 200mila firme, pari all’1 per cento di quelle degli aventi diritti al voto nei 24 stati che formano il Venezuela. Ora chiedono alla Commissione di potere procedere con la seconda fase della petizione, nella quale sono previsti tre giorni di tempo per raccogliere il 20 per cento delle firme degli aventi diritto al voto, circa 4 milioni di persone, per avere i numeri necessari per chiedere un referendum per la rimozione del presidente. Alla consultazione vera e propria, le opposizioni dovranno ottenere più voti di quanti ne ottenne Maduro quando fu elettro presidente nel 2013, quindi più di 7,59 milioni.
Per ora la Commissione elettorale ha preso tempo, facendo in modo di ritardare l’avvio della seconda raccolta di firme. Le opposizioni chiedono di essere ascoltate e di potere esercitare il loro diritto di organizzare un referendum, per far terminare prima la presidenza di Maduro. Se il referendum sarà indetto prima del 10 gennaio 2017, si dovranno tenere subito nuove elezioni, che le opposizioni confidano di vincere. Se invece si arrivasse a un referendum dopo quella data, il mandato presidenziale sarebbe già entrato negli ultimi suoi due anni e in questo caso la legge prevede che tocchi al vicepresidente (che sta con Maduro) proseguire con il governo del paese nel caso di una vittoria delle opposizioni alla consultazione, fino al 2019.
Ieri a Caracas migliaia di persone hanno comunque partecipato a una manifestazione a sostegno di Maduro, per contrastare quella delle opposizioni, accusate dallo stesso presidente di volere organizzare “un colpo di stato” per strappargli la presidenza. Maduro ha accusato i manifestanti contro di lui di avere fallito l’obiettivo di portare più di un milione di persone in piazza: “La nazione ha trionfato. Ci volevano intimidire, ma il popolo è qui. Abbiamo sconfitto un tentato golpe che avrebbe portato violenza e morte a Caracas e nel resto del Venezuela”.
Secondo i leader dell’opposizione, invece, alla marcia ha partecipato più di un milione di persone, vestite per lo più in bianco e con numerosi striscioni e bandiere del Venezuela. La manifestazione è stata pacifica e solo verso la fine un gruppo di violenti si è brevemente scontrato con la polizia, causando il ferimento di qualche agente e di alcuni manifestanti.
In Venezuela molti beni primari sono praticamente introvabili da mesi. Il governo ha tagliato la fornitura di elettricità e le città soffrono continui blackout e funzionano solo poche ore al giorno (anche l’orario lavorativo dei funzionari pubblici è stato limitato a poche ore giornaliere, per risparmiare sull’energia). Gli ospedali cadono a pezzi: non sono più riforniti regolarmente di medicine, visto che il ministero della Sanità ha smesso di distribuirle per mancanza di soldi, spesso i pazienti non hanno nemmeno un posto letto e il personale medico è costretto a lavorare senza alcune delle garanzie sanitarie minime, come l’uso dei guanti. Sempre più venezuelani si sono rivolti al mercato nero per recuperare medicine, cibo e altri beni di prima necessità, ma i prezzi sono saliti moltissimo diventando irraggiungibili per molti.
Tra i problemi che stanno affrontando i venezuelani, se n’è aggiunto di recente uno molto grave e preoccupante: la diffusione della malaria. A causa del collasso dell’economia e dell’inflazione altissima, molti venezuelani della classe media – circa 70mila – hanno cominciato a fare un secondo lavoro, spesso nelle miniere in mezzo alla giungla, dove è più facile contrarre la malaria. Negli anni Sessanta il Venezuela era stato il primo paese del mondo a debellare la malaria, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità; oggi la malaria si sta diffondendo di nuovo non solo nelle aree rurali, ma anche nelle città.