Da dove viene Vasco Errani
Storia del nuovo commissario per la ricostruzione dopo il terremoto, che ha avuto lo stesso incarico in Emilia, e del processo per cui alcuni lo criticano
Vasco Errani, 61enne esperto politico del Partito Democratico ed ex presidente regionale dell’Emilia-Romagna, è stato nominato Commissario straordinario per la ricostruzione nelle aree colpite dal terremoto del Centro Italia. La nomina era stata annunciata nei giorni scorsi dal presidente del Consiglio Matteo Renzi ma è stata ufficializzata solo oggi dal Consiglio dei ministri.
Errani è considerato da molti una delle persone più qualificate per l’incarico di Commissario straordinario: dal 2012 al 2014 ha avuto lo stesso incarico per occuparsi della ricostruzione dopo il terremoto che ha interessato diversi comuni dell’Emilia-Romagna nel 2012. Oggi il processo di ricostruzione in Emilia è giudicato in modo molto positivo, cosa che non si può dire di simili processi in altre zone colpite da terremoti come l’Irpinia o l’Aquila. La nomina di Errani ha attirato però anche alcune polemiche: nel 2014 Errani si era dimesso da presidente della regione dopo essere stato condannato in appello a un anno di prigione per falso ideologico, con l’accusa di avere sviato le indagini su un finanziamento concesso dalla Regione Emilia-Romagna all’azienda agricola di suo fratello Giovanni. La vicenda si è comunque conclusa in maniera diversa: Errani è stato assolto nel secondo processo di appello, proprio poche settimane fa.
Da dove arriva Errani
Vasco Errani è nato a Massa Lombarda, in provincia di Ravenna. Da giovane fece parte del Partito Comunista Italiano, con cui fu eletto consigliere comunale a Ravenna nel 1983. Dopo essere stato brevemente assessore delle Attività economiche del comune di Ravenna fra 1992 e 1993, nel 1995 fu sottosegretario alla presidenza dell’Emilia-Romagna sotto Pier Luigi Bersani, a cui negli anni successivi è rimasto sempre molto vicino. Nel 1999 venne eletto presidente regionale dell’Emilia-Romagna, carica che ha mantenuto fino alle sue dimissioni del 2014.
La sua terza ricandidatura, nel 2010, fece molto discutere: avvenne in deroga a quanto previsto dallo statuto del Partito Democratico e fu contestata sulla base di una legge che limitava a due i mandati consecutivi possibili per i presidenti di regione. Dopo molte contestazioni e ricorsi, il tribunale di Bologna difese la legittimità della sua rielezione perché la legge nazionale che l’avrebbe vietata non era stata recepita da una legge regionale.
Negli ultimi anni Errani è diventato una delle figure nazionali più importanti per il Partito Democratico. Ha fatto parte del Comitato nazionale per il Partito Democratico, che ha contribuito alla fondazione dello stesso partito. Nel 2009 è entrato nella segreteria del partito, nominato dall’allora segretario Dario Franceschini. Negli ultimi tempi è diventato uno dei politici più importanti che all’interno del PD stavano cercando una mediazione fra la mozione per il Sì al prossimo referendum costituzionale, e la minoranza “di sinistra” che si è detta contraria nonostante abbia votato la riforma in Parlamento.
Il caso della condanna per falso ideologico
La storia risale al 2006, quando la cooperativa Terremerse di Ravenna, presieduta dal fratello di Vasco Errani, Giovanni, ricevette un milione di euro dalla regione Emilia-Romagna per costruire una cantina vinicola a Imola. Nel 2009 il Giornale pubblicò un articolo in cui sosteneva che la costruzione della cantina si fosse conclusa diversi mesi dopo i termini necessari per ottenere il finanziamento. Poco dopo la pubblicazione dell’articolo, la regione inviò alla procura una relazione in cui provava la regolarità del finanziamento. La procura di Bologna sospettò che Errani avesse fatto pressioni sui due dirigenti autori della relazione del 2009 affinché testimoniassero la regolarità del finanziamento alla cooperativa del fratello: che si era effettivamente conclusa dopo i termini previsti per ottenere il finanziamento, come ha stabilito un processo separato il quale però si è fermato al primo grado a causa della prescrizione. Errani e i due dirigenti furono incriminati di falso ideologico: chiesero il rito abbreviato e nel 2012 vennero assolti. La sentenza di appello del 2014 condannò invece Errani a un anno per lo stesso reato contestato nel processo di primo grado. Errani si dimise subito da presidente della Regione.
Nel 2015, in Cassazione, è stato lo stesso procuratore generale – cioè l’accusa – a chiedere l’annullamento della condanna ricevuta in appello e l’assoluzione per Errani, che in effetti è arrivata nel giugno 2016 alla fine del secondo processo di appello. Nelle motivazioni della sentenza, pubblicate a luglio del 2016, i giudici della Corte di appello hanno scritto che la relazione del 2009 era effettivamente sbagliata ma che sia Errani sia i dirigenti che hanno scritto la relazione erano in buona fede, e non hanno agito per coprire delle irregolarità. Nella motivazione, i giudici hanno fatto notare «la sussistenza di plurimi convergenti indicatori della buona fede di tutti gli imputati, dell’errore in cui erano incorsi Filomena Terzini e Valtiero Mazzotti nel redigere la relazione incriminata, dell’assenza di qualsiasi atto di induzione o istigazione al falso da parte del presidente Errani».
A giugno Errani ha commentato la sentenza del secondo processo di appello in una lunga nota su Facebook, spiegando di avere «pagato un prezzo altissimo» ma di «avere sempre avuto un comportamento corretto e coerente di lealtà e pieno rispetto delle istituzioni che per me vengono sempre prima delle vicende, anche le più ingiuste, che coinvolgono una persona».