Il “superfood” non esiste
Mirtilli, bacche di goji, semi di chia, quinoa e compagnia sono ottimi alimenti, ma non sono migliori degli altri
I mirtilli fanno benissimo alla memoria, le bacche di açai sono ricche di antiossidanti, il succo di melagrana aiuta ad abbassare la pressione sanguigna, la barbabietola fa bene al cuore e il cacao aiuta a prevenire i problemi cardiovascolari, o almeno queste sono le convinzioni dei consumatori dei cosiddetti “superfood”, che considerano alcuni alimenti migliori di altri per via delle loro presunte qualità nutrizionali superiori. Il termine esiste nel mondo anglosassone da decenni, ma solo negli ultimi anni si è diffuso ampiamente arrivando anche in Italia, dove basta fare una ricerca su Google per scoprire che migliaia di siti se ne occupano in continuazione, con consigli e suggerimenti per vivere meglio. In realtà, dietro al concetto di “superfood” ci sono spesso convinzioni scientifiche sbagliate, leggende metropolitane e nel complesso l’idea che esistano alimenti migliori di altri e che possano rimettere a posto una dieta squilibrata. Come vedremo, la chiave per una buona alimentazione è naturalmente ben diversa e prevede di mangiare nel modo più vario possibile, senza fare favoritismi e imbottirsi a tutti i costi di mirtilli.
Da dove viene l’idea di “superfood”
È opinione condivisa di nutrizionisti e ricercatori che la parola “superfood” sia banalmente un prodotto del marketing, con pochissime basi scientifiche. Mentre può essere utilizzata senza particolari limitazioni negli Stati Uniti, sulle confezioni di diversi alimenti, nell’Unione Europea l’utilizzo della parola “superfood” è consentito solamente se ci sono prove scientifiche chiare sui benefici del prodotto messo in vendita. Questa distinzione si è resa necessaria per evitare che ci potessero essere confusioni e fraintendimenti tra i consumatori: alcuni “superfood” sono presentati come soluzioni per prevenire o per curare particolari malattie, compreso il cancro. Nella realtà, nessun alimento ha capacità di questo tipo: solo una dieta sana ed equilibrata può contribuire a ridurre il rischio di sviluppare un tumore. Inoltre, il consumo di grandi quantità di alcuni “superfood” può essere pericoloso per la salute: l’assunzione di dosi eccessive di cacao con l’illusione di prevenire malattie cardiovascolari, per esempio, porta a un consumo più alto di grassi e altre sostanze che fanno ingrassare e aumentano il rischio di contrarre altre patologie. L’effetto di molti “superfood” è inoltre stato mitizzato nel tempo, come ha spiegato di recente il Guardian esaminando le qualità nutritive di alcuni degli alimenti più di moda negli ultimi anni.
Cavolo riccio (Kale)
Soprattutto negli Stati Uniti, il cavolo riccio ha da qualche anno un successo senza precedenti, è compreso in innumerevoli ricette ed è consigliato da moltissimi blog e siti con consigli per l’alimentazione. È un parente del cavolo, termine generico che racchiude in realtà un’innumerevole serie di varietà di piante coltivate, ma non ha nessun particolare pregio in più rispetto alle altre verdure che dovrebbero far parte di una normale dieta. Secondo gli impallinati di “superfood”, il cavolo riccio è la varietà di cavolo migliore perché contiene ferro, vitamine, fibre e antiossidanti. È sicuramente vero che questo vegetale contiene quei nutrienti, ma non è certo l’unico e ci sono centinaia di altre verdure con proprietà simili. Mangiare molto cavolo riccio non dà qualche potere in più, se si mangia un po’ di tutto. I sostenitori dei “superfood” sono poi sempre attenti a dire cosa c’è nel loro superalimento preferito, e non cosa manca. Il cavolo riccio, per esempio, ha meno vitamina A delle carote, meno ferro, magnesio e potassio degli spinaci e ha meno fibre rispetto ai cavoletti di Bruxelles.
Avocado
Le pagine di Facebook che mostrano videoricette hanno una certa dipendenza dall’avocado, soprattutto negli Stati Uniti. L’avocado è un frutto, non una verdura, ed è ricco di acidi grassi monoinsaturi, che in linea di massima sono utili per proteggere il sistema cardiovascolare. Questi stessi acidi grassi, però, non sono presenti solo nell’avocado: c’è una pletora di alimenti ricchi di queste sostanze come la frutta secca, l’olio di oliva a crudo e il pesce. In molti casi le alternative offrono maggiori quantità di acidi grassi monoinsaturi e sono al tempo stesso meno caloriche rispetto all’avocado. Un solo frutto contiene 240 calorie, più di una barretta Mars. Mangiarne in grandi quantità con l’illusione di proteggere cuore e apparato circolatorio può portare a un aumento di peso, più controproducente degli effetti degli acidi grassi. Coltivare avocado richiede inoltre molte risorse e questi frutti hanno quindi un impatto energetico e ambientale piuttosto marcato.
Melagrana
Il succo di melagrana è molto popolare tra i sostenitori del “superfood”, che spesso ignorano che le parti più rilevanti come tutta la fibra è nei singoli chicchi e non certo nella spremuta del frutto. Secondo alcune ricerche scientifiche, il succo di melagrana aiuta a ridurre i danni causati alle arterie dal colesterolo e a migliorare la circolazione sanguigna, ma per ora sono stati trovati solo indizi in tal senso e mancano studi più solidi e affidabili sui suoi presunti benefici. Si dice anche che rallenti l’evoluzione dei tumori alla prostata, ma anche in questo caso mancano prove concrete e incontrovertibili. I suoi nutrienti e altre sostanze di cui è ricco, come gli antiossidanti, possono essere trovati in numerosi altri frutti e alimenti.
Bacche di goji
Esteticamente assomigliano ad acini d’uva di colore rosso, ma sono quasi sempre commercializzate in forma essiccata, quando assomigliano a chicchi più allungati e colorati di uva passa. Sono usate da tempo immemore nella medicina tradizionale cinese, che però non ha praticamente nessuna base scientifica affidabile. Sulle bacche di goji non ci sono prove convincenti circa il fatto che apportino qualche beneficio in più rispetto al consumo di qualsiasi altro frutto. C’è qualche ricerca, a dirla tutta non molto affidabile, che lega queste bacche alla prevenzione dei tumori e delle malattie cardiovascolari, ma con conclusioni poco consistenti e spesso sulla base di esperimenti in laboratorio non su esseri umani e con un grande consumo di queste sostanze, non compatibili con una normale dieta.
Semi di chia
La chia è una pianta da fiori originaria del Guatemala e del Messico centrale e meridionale. I suoi semi sono ricchi di omega-3, acidi grassi considerati importanti per la salute del cuore: in 100 grammi di semi di chia ce ne sono 17 di omega-3, una concentrazione molto alta. Ma gli omega-3 di questa pianta sono diversi da quelli che si trovano nel pesce e richiedono più lavoro al nostro organismo per essere assorbiti. Dal pesce ne assumiamo in media 2,3 grammi ogni 100 grammi, dai semi di chia 1,8 grammi, nonostante la concentrazione sia molto più alta. Non sarebbe comunque molto pratico mangiarsi ogni volta un etto di questi semi, considerato anche che sono molto calorici. Gli effetti benefici dei semi di chia sono quindi difficili da dimostrare, e sono comunque incomparabili con quelli dell’assunzione di omega-3 dal pesce. Poi c’è anche da considerare che in molti hanno dubbi circa l’effettiva capacità degli omega-3 di proteggere da malattie cardiache, ma questa è un’altra storia.
Barbabietole
Ogni barbabietola è ricca di vitamine e minerali, ma è l’alta concentrazione di nitrati ad averla resa un “superfood”. Secondo alcuni studi, grazie alla loro presenza, il succo di barbabietola ha un blando effetto nel ridurre la pressione sanguigna. Ma chi ha bisogno di tenerla sotto controllo seriamente non dovrebbe fare affidamento sulle barbabietole, ma su una dieta varia e sana, sul perdere peso e sul fare regolarmente attività fisica. In combinazione con alcuni alimenti, come la carne rossa, i nitrati della barbabietola si trasformano in nitrosammine, composti organici che provocano mutazioni nel DNA delle cellule facendo aumentare il rischio di cancro dello stomaco e dell’esofago. Anche per questo motivo viene sconsigliato di mangiare più di due barbabietole al giorno. C’è poi chi sostiene che questi alimenti abbiano effetti positivi in chi fa sport a livello amatoriale, perché contribuiscono a fare circolare più ossigeno nel sangue, ma l’effetto non è così rilevante.
Alghe
Le alghe ricorrono in numerose ricette della cucina asiatica e da qualche anno sono spesso comprese negli elenchi dei “superfood”. Sono ricche di vitamina B12, che si trova quasi esclusivamente negli animali e che ha un ruolo importante nel mantenere la salute dei nervi. Le alghe sono quindi un valido integratore alimentare per i vegani che non vogliono assumere pillole di B12 ogni giorno, ma per tutti gli altri non comportano particolari vantaggi in più, se si segue già cosa? Bravi, una dieta equilibrata.
Bacche di açai
Derivano da una pianta della famiglia delle palme, diffusa soprattutto in Amazzonia. Chi le commercializza sostiene che sono ricche di fibre, di vitamine A, B, C, E, di sali minerali, metalli, grassi monoinsaturi e antiossidanti. In termini assoluti è vero, ma non ci sono ricerche scientifiche che abbiano dimostrato la presenza di antiossidanti a livelli così alti e rilevanti come viene spesso propagandato. Anche in questo caso, i nutrienti presenti nelle bacche di açai si trovano in una miriade di altri alimenti, quindi non è necessario nutrirsene a tutti i costi o farne indigestione.
Quinoa
Soprattutto in Italia, da qualche tempo si trovano ricette, consigli e alimenti preconfezionati di ogni tipo contenenti quinoa, una pianta con una stretta parentela con spinaci e barbabietole (Chenopodiaceae) e che è alla base dell’alimentazione delle popolazioni andine. I suoi semi vengono macinati fino a ottenere una farina dal ricco contenuto di amido, comparabile a quella dei cereali (spesso viene definita un cereale anche la quinoa). Non contiene glutine, buona notizia per i celiaci, ha un’alta concentrazione di proteine e contiene anche acidi grassi in prevalenza insaturi. Non è comunque in assoluto migliore di altri cereali e ha un apporto calorico piuttosto marcato: 368 calorie per 100 grammi.
Mirtilli
I mirtilli sono tra i frutti preferiti dagli appassionati di “superfood”, e sono anche tra i veterani della categoria. Anche per questo motivo sono stati al centro di numerosi studi scientifici: alcuni hanno rilevato un’alta concentrazione di composti vegetali antiossidanti, come le antocianine, che in laboratorio sembrano fermare la crescita delle cellule tumorali nel colon umano. Sono inoltre frutti ricchi di antiossidanti in generale, quindi in grado di rallentare i processi di invecchiamento. Come per tutti gli altri alimenti elencati in precedenza, caratteristiche simili sono condivise da molti altri frutti e vegetali, quindi non si può dire che i mirtilli siano meglio di altro o che siano sufficienti per ridurre il rischio di alcuni tipi di tumore.
Supermorale
Pensare che una ristretta cerchia di alimenti “super” possa migliorare in modo significativo il proprio benessere è sbagliato, e in alcuni casi può essere anche pericoloso. È noto che alcuni cibi possiedono particolari qualità, ma è il loro consumo nell’ambito di una dieta varia che li rende utili per la nostra salute. Dire che ci sono alimenti migliori di altri è pericoloso, perché può fare passare l’idea che ne esistano di meno sani o efficaci nel fornire nutrienti di cui ha bisogno il nostro organismo. Al concetto di “superfood” bisognerebbe quindi sostituire l’idea di una “superdieta”: mangiare un po’ di tutto in quantità modiche, variando spesso gli alimenti, assumere verdure in quantità e frutta in diversi momenti della giornata, fare moderata attività fisica (40 minuti di passeggiata ogni giorno sono già sufficienti) e concedersi ogni tanto qualche strappo, senza troppe preoccupazioni.