Cose che forse non sapete sul calciomercato
Un po’ di chiarezza su alcuni meccanismi del calciomercato, sfatando cose come la storia delle magliette di Ibrahimovic, per esempio
Quanto è costato esattamente il trasferimento di Paul Pogba dalla Juventus al Manchester United? E quanto ha pagato realmente il Bayern Monaco per comprare il diciannovenne Renato Sanches dal Benfica? Nel calcio, a differenza di altri sport – come per esempio il basket NBA – è molto difficile sapere le cifre esatte che riguardano i trasferimenti e gli ingaggi dei giocatori, sopratutto quando le trattative avvengono tra squadre di paesi diversi. È raro che dell’acquisto di un calciatore si venga a sapere esattamente la cifra spesa, e quanto il suo ingaggio pesi sui bilanci della sua nuova società. La ragione è che i club di calcio europei non sono obbligati a rendere note le cifre che spendono e che guadagnano nel calciomercato, se non alle proprie federazioni, al fisco e alla UEFA. Ultimamente sono circolate online le immagini di alcuni contratti d’acquisto stipulati da diverse società di calcio europee, che hanno rivelato che le trattative di calciomercato sono spesso più complesse e ingarbugliate di quanto sembrino, viste da fuori. Il sito The Set Pieces ha fatto un po’ di chiarezza su alcune dinamiche del calciomercato e in generale sui bilanci dei club, spiegando che alcune cose che sentiamo spesso non sono corrette, a partire dai ricavi generati dalle vendite delle magliette.
Perché circolano sempre cifre diverse sui trasferimenti e sugli ingaggi
Una delle ragioni principali è che le cifre riportate dai giornali sportivi, quando scrivono di un trasferimento in fase di trattative o appena avvenuto, si basano soltanto sulle informazioni raccolte da quei giornalisti che seguono molto da vicino almeno una delle società coinvolte. Le cifre sono più o meno attendibili a seconda che il giornalista, negli anni, sia riuscito o meno a coltivarsi una serie di fonti affidabili. Ma anche se le fonti sono sicure, le cifre possono cambiare a seconda di chi le riporta. Se per esempio un giornalista ha parlato con una fonte interna al club che sta comprando un giocatore, potrebbe riportare solo la cifra dell’acquisto iniziale, senza tutti i bonus aggiuntivi previsti nella trattativa. Al contrario, se un giornalista parla con una fonte del club che sta vendendo il calciatore, è probabile che riporterà una cifra più alta, che include i bonus, senza considerare quanto sia probabile che questi saranno effettivamente raggiunti (i bonus solitamente dipendono dalle prestazioni del calciatore nella nuova squadra). Funziona così anche per gli ingaggi dei calciatori: una fonte vicina al giocatore probabilmente citerà una somma più alta, che include anche i diritti di immagine e i bonus, mentre una fonte vicina al club è più facile che riporti solo l’ingaggio di base.
No, il Manchester United non si è ripagato Ibrahimovic con i soldi delle magliette
I maggiori fornitori tecnici — Adidas, Nike e Puma — prendono tra l’85 e il 90 per cento dei ricavi dalla vendita delle magliette e queste percentuali vengono applicate alla maggioranza dei club europei, tranne poche eccezioni come quella del Bayern Monaco, di cui Adidas possiede delle quote (e per questo potrebbe aver abbassato la percentuale di ricavi). Ai grandi club europei, quando firmano un contratto di sponsorizzazione tecnica, viene garantita una cifra calcolata in base a diverse stime, fra cui le previsioni di vendita e il prestigio della squadra. Nel 2013 l’Inter rinnovò il contratto con Nike per undici anni in cambio di circa 200 milioni di euro mentre la Juventus, per sei anni di contratto con Adidas, riceverà più di 139 milioni di euro. Le aziende di abbigliamento sportivo non pagano i club solo per avere il proprio marchio accanto a quello delle squadre più famose del mondo, ma pagano le società soprattutto per le attività di licensing e di merchandising da loro gestite, che nel caso di squadre come Manchester United e Real Madrid possono generare ricavi fino a un miliardo e mezzo di euro nel periodo previsto dal contratto, che di solito è decennale. Inoltre, capita anche che per ricevere la percentuale di ricavi sulla vendita delle magliette, la vendita stessa debba superare una determinata soglia: solo allora il club riceve le percentuali che gli spettano. Per tutti questi motivi, nessun club ha mai recuperato in breve tempo i soldi spesi per acquistare un giocatore dalla vendita delle magliette: nemmeno il Manchester United con Zlatan Ibrahimovic, contrariamente a quanto era circolato nelle scorse settimane su qualche tabloid inglese.
“È arrivato il fax”
Fino al 2010 un trasferimento fra due club era confermato solo attraverso l’International Transfer Certificate (ITC) della FIFA, un certificato che, prima di essere rilasciato, prevedeva un controllo di tutta la documentazione inviata dai club coinvolti nella trattativa. L’invio dei documenti però, tra i club stessi e tra i club e la FIFA, avveniva tramite fax o tramite corrieri, e questo comportava spesso disguidi, ritardi e a volte anche il rinvio di un trasferimento. Dal 2010 per tutti i trasferimenti internazionali è diventato obbligatorio usare il Transfer Matching System Web (TMS), un sistema di monitoraggio elettronico predisposto dalla FIFA — che lo gestisce tramite la società controllata FIFA TMS — ideato per controllare ogni dettaglio di un trasferimento e per evitare il più possibile le irregolarità. Il TMS tiene traccia degli importi di pagamento, dei conti bancari, della provenienza e dei dati dei giocatori. Molti club hanno dei dipendenti che si occupano appositamente della gestione del TMS e da anni quindi non si parla più di fax.
Il ruolo degli agenti
Da qualche tempo le società non si avvalgono più degli agenti sportivi solo quando c’è da trattare l’acquisto e l’ingaggio di un giocatore in entrata, ma lo fanno anche per vendere i propri giocatori, sia quelli fuori rosa e con poco mercato (cioè nei casi in cui la ricerca di un acquirente e la vendita richiede più tempo) sia per giocatori famosi richiesti da molte squadre. Ultimamente questo è successo spesso nel campionato inglese, in cui alcuni agenti sportivi hanno gestito per conto dei club la vendita dei brasiliani Ramires e Paulinho in Cina e quella di Robin Van Persie dal Manchester United al Fenerbahce. In Italia, invece, il recente acquisto da parte dell’Inter del portoghese Joao Mario dallo Sporting Lisbona è stato gestito dall’agente sportivo Kiavash Joorabchian, coinvolto spesso in questo tipo di attività.
Quando una società dà mandato ad un agente di trattare l’acquisto o la vendita di un giocatore, l’agente stesso dovrebbe informare il giocatore del conflitto di interessi che si è creato (l’agente lavora sia per il club che vende il calciatore sia per il calciatore stesso), consigliandogli di cercare un consulente indipendente e facendogli firmare dei documenti che accertano la conoscenza della trattativa. Per questo tipo di servizio inoltre, i club sono tenuti a pagare gli agenti sportivi.
I diritti d’immagine
Una delle voci che spesso viene esclusa dalle cifre riguardanti un trasferimento riportate dai giornali è quella relativa ai diritti d’immagine. In Italia se ne parla solo per i giocatori del Napoli, visto che la società è solita acquistare il 100 per cento dei diritti d’immagine dei propri tesserati. Funziona così: un calciatore percepisce l’ingaggio dal club in cui gioca, poi, a seconda del paese e delle politiche del club, può contare o meno sulla vendita dei propri diritti d’immagine, cioè gli sponsor. Se è la società che detiene i diritti, un giocatore non potrà venderli per conto proprio e sarà la società a incassare la maggior parte dei soldi ricavati dalla vendita delle sponsorizzazioni. Se la squadra detiene una percentuale minore dei diritti d’immagine, il giocatore può riceverne una parte nel proprio ingaggio. In altri club i diritti d’immagine restano tutti al giocatore, che quindi può gestirli come vuole.