La scoperta di “Proxima b”
È stato trovato il pianeta più vicino fuori dal nostro Sistema solare in una "zona abitabile": è la notizia astronomica più importante degli ultimi tempi
di Emanuele Menietti – @emenietti
Utilizzando i telescopi dello European Southern Observatory e altri strumenti, un gruppo di astronomi ha osservato un pianeta che orbita intorno a Proxima Centauri, la stella più vicina alla Terra dopo il Sole. È una scoperta molto importante per la storia dell’astronomia: difficilmente troveremo altri pianeti più vicini di questo al nostro Sistema solare e, dai primi dati, sembra essere adatto a ospitare acqua allo stato liquido sulla sua superficie, condizione necessaria per l’esistenza di forme di vita per come le conosciamo. Serviranno altre analisi e osservazioni per capire meglio le caratteristiche di questo esopianeta (i pianeti che non appartengono al nostro Sistema solare sono chiamati così), ma la notizia sta facendo molto discutere ed è la dimostrazione dei grandi progressi ottenuti dalla ricerca astronomica negli ultimi 20 anni.
Proxima b
L’esopianeta è stato chiamato “Proxima Centauri b” (ma si usa il più informale “Proxima b”), perché gli esopianeti assumono il nome della stella intorno alla quale orbitano cui viene poi aggiunta una lettera dell’alfabeto in base all’ordine della scoperta, partendo dalla “b”. Mentre la Terra impiega circa 365 giorni per compiere un’orbita completa intorno al Sole, Proxima b ci mette appena 11,2 giorni per un giro intorno a Proxima Centauri. Gli astronomi stimano che abbia una massa circa 1,3 volte quella della Terra, e che si trovi a una distanza media dalla sua stella di 7,3 milioni di chilometri, molto poco rispetto a quella del nostro pianeta dal Sole di circa 150 milioni di chilometri.
Una stretta vicinanza, in termini astronomici, di solito implica una torrida relazione tra un pianeta e la sua stella, ma questo non è il caso del nuovo esopianeta. Proxima Centauri è una nana rossa, una stella poco luminosa e debole rispetto al nostro Sole, di conseguenza Proxima b riceve circa 2/3 della luce rispetto alla Terra. Nonostante sia molto vicino alla sua stella, Proxima b si trova lo stesso in una zona abitabile e non si può escludere che ci sia acqua allo stato liquido sulla sua superficie, per lo meno sulla faccia del pianeta che è sempre esposta verso la nana rossa (in questo il pianeta sembra comportarsi un po’ come la nostra Luna con la Terra, mostrando sempre lo stesso lato).
Proxima Centauri è conosciuta da tempo dagli astronomi: fu scoperta nel 1915 dallo scozzese Robert Innes mentre stava compiendo osservazioni del sistema stellare Alfa Centauri, il terzo elemento più brillante visibile a occhio nudo nel cielo notturno dopo Sirio e Canopo. Trovandosi a 4,3 anni luce da noi (40mila miliardi di chilometri), appare come un unico punto luminoso, ma in realtà Alfa Centauri è formata da due stelle simili al nostro Sole e comprende a una distanza di 0,1 anni luce da loro una terza stella: Proxima Centauri. A una simile distanza, la nana rossa è abbastanza per conto proprio nello Spazio, ed è anche la stella più vicina al Sole e di conseguenza a noi.
La ricerca di un altro mondo
Dopo la sua osservazione un secolo fa, Proxima Centauri è diventata una delle stelle più studiate e osservate dagli astronomi, proprio per la sua relativa vicinanza. Quando si è scoperto con certezza che esistono altri pianeti al di fuori del nostro Sistema solare (prima non era così scontato), i ricercatori hanno iniziato a chiedersi se ce ne potesse essere almeno uno in orbita intorno a quella stella, ottenendo nel tempo risultati talvolta contraddittori. Nel 2012, per esempio, fu annunciata la scoperta di un pianeta nel sistema di Alfa Centauri con grande enfasi ed entusiasmi nella comunità scientifica: successive ricerche dimostrarono però che si era trattato di un abbaglio. Questa volta i dati ottenuti con i telescopi dell’ESO sono molto più solidi e sembra escluso che ci possano essere imprevisti o brutte sorprese.
Rilevare la presenza di un pianeta a 4,3 anni luce non è semplice: la distanza è enorme e gli attuali strumenti non permettono di osservarne direttamente l’esistenza. I ricercatori guidati da Guillem Anglada-Escudé della Queen Mary University (Londra, Regno Unito) hanno scoperto Proxima b osservando le variazioni di luce causate dal suo passaggio intorno alla nana rossa Proxima Centauri. Semplificando molto: quando un pianeta orbita intorno alla sua stella compie un grande cerchio e questo movimento, per via della gravità, influenza la stessa stella che si mette a sua volta a compiere un piccolo cerchio. Dal nostro punto di osservazione, questo movimento fa sembrare che la stella si allontani e riavvicini: la variazione nel modo in cui riceviamo la sua luce può essere sfruttato per capire che a causare tutto questo è un pianeta che le gira intorno (effetto doppler).
Più il pianeta orbita velocemente intorno alla sua stella, più è marcata la variazione di luce, cosa che la rende più semplice da identificare. Nel caso di Proxima b, la variazione è quasi impercettibile, ma grazie ai progressi degli ultimi anni nei sensori dei telescopi e alla capacità dei ricercatori di escludere i segnali che potevano disturbare l’osservazione, è stato possibile ottenere serie di dati affidabili che indicano la presenza dell’esopianeta in modo quasi del tutto inequivocabile (un minimo di margine di errore resta, è inevitabile).
Com’è fatto Proxima b?
Sappiamo che c’è un pianeta intorno a Proxima Centauri, che è il più vicino che potremo mai scoprire alla Terra e che si trova probabilmente in una zona abitabile, ed è una gran cosa per la ricerca astronomica, ma ci sono ancora un sacco di dettagli da chiarire. Per ora, non abbiamo per esempio molte certezze sulla sua massa perché non abbiamo molti dettagli sull’orbita di Proxima b e sulla sua inclinazione: l’ipotesi di massima è che sia 1,3 volte quella della Terra, ma con inclinazioni diverse del piano orbitale potrebbe essere molto più massivo. Nonostante i dubbi sull’orbita, sembra essere comunque plausibile che Proxima b si trovi a una distanza tale dalla sua stella da essere nelle condizioni di ospitare qualche forma di vita. Ma anche qui è bene andarci cauti e non volare troppo con la fantasia: è necessario che il pianeta abbia un’atmosfera densa a sufficienza per avere un clima abitabile – in sua assenza la temperatura media superficiale potrebbe essere intorno ai -40 °C – e devono quindi esserci gas serra come l’anidride carbonica per mitigare le temperature e rendere possibile l’esistenza di acqua allo stato liquido. Per ora non possiamo saperlo e non è detto che lo scopriremo presto.
A vela tra le stelle
Proxima b si trova a 40mila miliardi di chilometri da noi e con le attuali tecnologie per i viaggi spaziali è impossibile arrivarci: le astronavi più veloci finora costruite impiegherebbero decine di migliaia di anni per fare visita al nostro nuovo vicino. Lo scorso aprile il multimilionario russo Yuri Milner ha annunciato un progetto molto ambizioso, secondo i più critici irrealizzabile, per costruire astronavi a vela velocissime che potrebbero rendere raggiungibile Alfa Centauri in appena 20 anni, viaggiando a decine di migliaia di chilometri al secondo. Questa tecnologia, che in linea puramente teorica funziona, deve essere ancora sperimentata nella pratica e fino ad allora solo nuovi e più potenti telescopi potranno aiutarci a scoprire qualcosa di più di Proxima b.
Un grande progresso
Il risultato delle ricerche condotte con gli strumenti dell’ESO è comunque molto importante di per sé, soprattutto se si pensa all’accelerazione nello sviluppo delle tecnologie che lo ha reso possibile. Gli astronomi hanno trovato solide conferme sull’esistenza di pianeti fuori dal Sistema solare solo all’inizio degli anni Novanta e da allora ne abbiamo scoperti più di 3mila, soprattutto grazie al telescopio spaziale Kepler della NASA. E su base statistica ora i ricercatori possono affermare con certezza che esistono miliardi di esopianeti solo nella Via Lattea, la nostra galassia, e che molti di questi hanno dimensioni comparabili a quelle della Terra. Uno di questi, a quanto pare, ci osserva dalla stella più vicina.