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  • Mercoledì 24 agosto 2016

Il problema delle alghe nel Po a Torino

L'acqua è infestata da una pianta tropicale invasiva, la nuova amministrazione del Movimento 5 Stelle è stata criticata per la gestione "fai da te" della questione

(ARPA)
(ARPA)

Da luglio una parte del fiume Po a Torino è diventata verde perché si è riempita di una pianta acquatica tropicale: non è pericolosa per l’uomo, ma non è bella da vedere ed è soprattutto pericolosa per l’ecosistema del fiume. La pianta acquatica si chiama Myriophyllum aquaticum – il nome più facile è “millefoglio acquatico” – e arriva dal Rio delle Amazzoni: da noi è usata negli acquari come ornamento e ossigenatore (costa pochi euro, ce l’hanno tutti i negozi specializzati). Si pensa che la pianta sia arrivata nel Po proprio perché qualcuno ha svuotato nello scarico o direttamente nel fiume il contenuto del proprio acquario. All’inizio il millefoglio si è visto soprattutto nella parte di fiume vicino ai Murazzi – nel centro di Torino – poi si è pian piano espanso seguendo il corso del fiume fino ad arrivare poco prima della diga Michelotti, che per ora ne sta impedendo l’espansione più avanti.

Il millefoglio è molto infestante perché si rigenera facilmente e in fretta: come ha scritto la Stampa «basta un piccolo rametto, anche strappato, perché attecchisca altrove». Appena il comune di Torino e gli enti che devono monitorare lo stato del Po (tra cui l’ARPA, l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale) hanno confermato la presenza del millefoglio, hanno dovuto decidere come fare per provare a estirparlo. Un po’ perché il comune di Torino ha pochi fondi per la pulizia del tratto di Po che la riguarda (Repubblica ha parlato di seimila euro l’anno) e un po’ perché la si riteneva essere la soluzione migliore nell’immediato (oltre che indubbiamente efficace dal punto mediatico), l’11 agosto si è scelta una soluzione “fai da te“. Secondo quanto scritto dalla Stampa gli interventi di ditte specializzate sarebbero costati tra i 40mila e i 50mila euro. Il 9 agosto, quando si decise di fare l’intervento “fai da te”, la Stampa ha scritto:

Vista la rapidità con cui contamina le acque, uccidendo la biodiversità, il Comune ha deciso di correre subito ai ripari. E ha scelto la soluzione più economica e veloce: non sradicare la pianta con metodi costosi e meccanizzati che avrebbero richiesto la presenza di imbarcazioni noleggiate in giro per l’Italia, altamente specializzate in ripulitura di fiumi e laghi, ma usare il sistema più antico del mondo, quello delle mondine.

Il nome scelto per la pulizia “fai da te” è stato «Un Po più tuo» e l’iniziativa è stata promossa da Chiara Appendino, che è del Movimento 5 Stelle ed è sindaco di Torino da qualche mese. Alla pulizia del fiume c’erano Appendino, alcuni assessori e volontari di diverse associazioni. Guidati da alcuni esperti hanno tutti contribuito alla rimozione del millefoglio, strappandolo con le mani o usando reti simili a quelle usate dalle mondine.

Parlando dell’iniziativa l’ARPA aveva scritto:

Il materiale vegetale è stato completamente asportato e stoccato a distanza di sicurezza dalla sponda ed è stata posizionata una barriera galleggiante per evitare la diffusione di Myriophyllum a valle. L’area interessata è stata in tal modo ripulita, ponendo particolare cura nell’individuazione e raccolta dei piccoli frammenti residui, secondo un protocollo concordato con AMIAT [Azienda Multiservizi Igiene Ambientale Torino] che provvederà al suo incenerimento.

Il problema è che poco dopo la pulizia dell’11 agosto il millefoglio «è rispuntato qua e là in acqua a ciuffetti» e la rimozione sembra essere stata inutile o secondo alcuni addirittura dannosa e controproducente. Come ha spiegato successivamente l’ARPA, il Myriophyllum aquaticum «ha grandi capacità di adattabilità e di invasione di ingenti superfici acquatiche» e si riproduce vegetativamente, cioè «mediante il meccanismo della frammentazione di piccole parti di pianta che rigenerano nuovi individui, impone la necessità di effettuare un’estirpazione in modalità controllata con posizionamento di uno sbarramento filtrante a valle per impedire la dispersione della specie. I frammenti, infatti, se non rimossi completamente, possono essere trasportati dalla corrente e rigenerare popolamenti altrove».

Il 15 agosto Repubblica ha scritto: «Basta affacciarsi da qualsiasi ponte per vedere quelle che comunemente vengono definite “alghe” in ogni parte del fiume». Maria Lapietra, assessore ai trasporti (che si occupa anche delle vie d’acqua), aveva detto:

Capisco che il colore del fiume verde possa indurre dei dubbi ma le operazioni di pulizia di giovedì scorso sono state fondamentali e propedeutiche a quelle meccanizzate. Era necessario un intervento per gradi. L’eliminazione a mano era l’unica possibile, il primo passaggio necessario. Nei prossimi giorni verrà abbassata la diga Michelotti per far scorrere maggiormente l’acqua e per far defluire quel verde che si vede in superficie.

Il 18 agosto l’ARPA però ha chiesto ai torinesi di «non effettuare autonomamente estirpazioni della pianta, ma lasciare il compito a personale esperto in materia». Sembra infatti che qualcuno, probabilmente ispirato dall’iniziativa «un Po più tuo», abbia provato a strappare il millefoglio alla buona, diciamo, facendo più danni che altro. Il problema del millefoglio a Torino non è quindi ancora stato risolto e anche l’apertura della diga Matteotti è stata rimandata: aprendola ci sarebbe il rischio di far arrivare il millefoglio lungo tutto il Po.

Lapietra ha detto che seppur «l’intervento di estirpazione manuale è stato efficace nell’eradicare la maggior parte delle piante infestanti e per contenerne la diffusione», era solo la prima fase di un percorso molto più lungo e che il comune sta «valutando seriamente di affidare la rifinitura del lavoro di pulizia, che dovrà riguardare anche il fondale, a una ditta specializzata in questo tipo di operazioni. Che non solo garantisca uno sradicamento totale, ma che si occupi anche dello smaltimento dei resti». Non è ancora chiaro se l’operazione “fai da te” – promossa dal Movimento 5 Stelle come uno di quei casi in cui i cittadini risolvono da sé i problemi – abbia effettivamente migliorato o peggiorato la situazione, e prima dell’operazione “fai da te” non era nemmeno stato spiegato chiaramente che sarebbe stata una fase preliminare a cui sarebbe seguita la “rifinitura” di una ditta specializzata.