Hanno perso, ma ce li ricordiamo
Otto grandi storie di atleti che sono rimasti anche se non hanno vinto, per tenacia, per sfortuna o perché hanno incarnato il vero-spirito-olimpico
Uno degli episodi di cui si è parlato di più alle Olimpiadi di Rio è successo martedì durante una delle qualificazioni per i 5.000 metri femminili.
A quattro giri dalla fine, la neozelandese Nikki Hamblin e la statunitense Abbey D’Agostino si sono scontrate e sono cadute tutte e due. Prima D’Agostino ha aiutato Hamblin a rialzarsi, poi quando hanno ripreso a correre è stata D’Agostino ad accasciarsi di nuovo per il dolore e Hamblin si è fermata per convincerla ad alzarsi e finire la gara. Il gesto di D’Agostino e Hamblin è finito su tutti i giornali internazionali, e le due atlete hanno ricevuto unanimi complimenti per la loro sportività e generosità: per aver incarnato il vero-spirito-olimpico, insomma. Nonostante siano arrivate ultime nella loro batteria, entrambe sono state ammesse eccezionalmente alla finale dei 5000 metri, che sarà venerdì: correrà solo Hamblin però, perché D’Agostino si è infortunata nella caduta. Anche se Hamblin non vincerà la gara, è molto probabile che diventerà uno dei personaggi più ricordati di queste Olimpiadi.
Non è la prima volta che succede una cosa simile: le Olimpiadi sono piene di storie di atleti che non hanno vinto medaglie (o che non hanno vinto l’oro, almeno) e che ciononostante sono ricordati come e più dei vincitori: perché hanno fatto gesti di grande sportività sacrificando il proprio piazzamento per aiutare un altro atleta, oppure perché hanno dimostrato grande tenacia e perseveranza arrivando a competere con avversari molto più forti di loro, oppure perché hanno dimostrato grandi meriti sportivi ma hanno avuto molta sfortuna. Abbiamo scelto le otto più belle, di tutte queste storie.