Donald Trump ha chiesto scusa, più o meno
Nel tentativo di risollevare la sua campagna elettorale, dopo aver cambiato staff Trump stanotte ha cambiato registro: funzionerà?
Donald Trump, imprenditore americano e candidato del Partito Repubblicano alla presidenza degli Stati Uniti, ha rivolto stanotte a Charlotte, in North Carolina, un discorso particolarmente inusuale in cui a un certo punto si è anche detto dispiaciuto per le molte cose violente e false dette nelle scorse settimane. È stato l’esempio più lampante del “nuovo corso” della sua campagna elettorale, che da pochi giorni ha due nuovi dirigenti, ma arriva ben tre mesi e mezzo dopo la vittoria delle primarie e a due mesi e mezzo dalle elezioni dell’8 novembre: «Un Trump dispiaciuto cambia registro con 107 giorni di ritardo», titola oggi Politico, ed è una sintesi piuttosto efficace.
Le parole di Trump non sono sembrate comunque centratissime: in pratica il candidato dei Repubblicani si è scusato per essere stato «troppo sincero», facendone più una questione di modi che di merito.
Come sapete, non sono un politico. Sono un imprenditore, ho passato la mia vita adulta a creare posti di lavoro e costruire cose. Non ho mai voluto usare il linguaggio degli iniziati e non sono mai stato politicamente corretto: è uno spreco di tempo e rende le cose più complicate. A volte, nella foga della discussione, dovendo parlare di così tante cose, capita di non scegliere le parole migliori o di dire la cosa sbagliata. Io l’ho fatto e mi dispiace, che ci crediate o no. Mi dispiace in particolare per le volte in cui ho causato dolore a qualcuno. Ci sono cose troppo importanti in ballo per impiegare il nostro tempo con queste storie, ma vi garantisco una cosa: vi dirò sempre la verità. […]
Il mio unico interesse è il popolo americano. E se io ogni tanto posso essere persino troppo sincero, Hillary Clinton è l’esatto opposto: lei non dice mai la verità. Una bugia dopo l’altra, e peggiora ogni giorno che passa.
La ragione del tentativo di Trump di cambiare registro si deve alla sua posizione disastrosa nei sondaggi: a poco più di ottanta giorni dal voto, infatti, la campagna elettorale statunitense ha preso una forma che ha pochi precedenti nella storia politica americana recente: Trump è indietro di almeno 6-8 punti nella media nazionale dei sondaggi e soprattutto è indietro praticamente in tutti gli stati in bilico. Se le elezioni dell’8 novembre finissero così, Hillary Clinton, candidata del Partito Democratico, otterrebbe una larga vittoria.
Dopo la convention del Partito Repubblicano di luglio a Cleveland, Trump non era messo male nei sondaggi: poi però ha fatto un guaio dopo l’altro. Dagli insulti rivolti ai genitori di un soldato americano morto in Iraq alla lite con i pezzi grossi del suo partito, dalle sfacciate bugie raccontate sull’Iran o sui dibattiti televisivi alla dichiarazione preventiva sul fatto che le elezioni saranno truccate, dall’allusione al fatto che Clinton dovrebbe essere uccisa alla tesi per cui Obama avrebbe fondato l’ISIS, Trump ha commesso errori anche molto gravi praticamente ogni giorno, facendo parlare moltissimo di sé ma sempre per le ragioni sbagliate.
La svolta di Trump a Charlotte è descritta dalla gran parte degli analisti e degli osservatori americani come opportuna ma tardiva: e molti si chiedono se Trump saprà mantenere lo stesso tono del discorso di stanotte, che ha letto rigorosamente da un gobbo elettronico, anche quando parlerà a braccio o risponderà alle domande di un’intervista o parteciperà ai confronti televisivi con Hillary Clinton. Il suo discorso di stanotte è stato meno tetro di quello con cui aveva chiuso la convention di Cleveland, più concentrato sul futuro e meno sui “vecchi tempi”: Trump ha cercato di presentarsi come il candidato del cambiamento – a Cleveland si era descritto come quello della legge e dell’ordine – definendo Hillary Clinton la candidata dello status quo.