La rapina inventata dai nuotatori americani
Cosa è successo davvero al campione di nuoto Ryan Lochte e ai suoi tre compagni di squadra a Rio de Janeiro, spiegato dall'inizio
La storia del furto subìto a Rio de Janeiro da quattro nuotatori statunitensi, tra cui il plurimedagliato Ryan Lochte, è stata definitivamente smentita giovedì dalla polizia brasiliana. Fernando Veloso, il capo della polizia civile dello stato di Rio de Janeiro, ha detto che la versione dell’accaduto fornita da Lochte – una rapina a mano armata compiuta da alcuni uomini che dicevano di essere agenti di polizia – è completamente inventata. I quattro nuotatori sarebbero invece responsabili di aver danneggiato il bagno di una stazione di rifornimento a Rio, dove si erano fermati tornando da una festa in un club della città. Questa versione sembra confermata anche da un video girato dalle telecamere a circuito chiuso della stazione di rifornimento e diffuso dalla polizia brasiliana giovedì sera. La storia è stata molto ripresa sia per la notorietà di Lochte, uno dei più forti nuotatori statunitensi degli ultimi anni, grande avversario di Michael Phelps, sia per la reazione frustrata e furiosa di molti brasiliani, che non hanno preso per niente bene le bugie raccontate sulla vicenda.
Come è iniziato tutto
La mattina del 14 agosto alcuni media hanno cominciato a parlare di una rapina a mano armata subìta a Rio de Janeiro da quattro nuotatori statunitensi: Ryan Lochte (32 anni), Gunnar Bentz (20 anni), Jack Conger (21 anni) e James Feigen (26 anni). Poco dopo la diffusione della storia, i quattro sono stati convocati da alcuni funzionari del dipartimento di Stato americano, della nazionale americana di nuoto e dell’organizzazione olimpica per spiegare cosa fosse successo la notte precedente. Nonostante le raccomandazioni del comitato olimpico statunitense di mantenere il silenzio sulla storia finché non fossero stati chiariti i dettagli, quel pomeriggio Lochte ha dato una colorita intervista a NBC raccontando la sua versione dell’accaduto: ha detto che la notte precedente lui e altri tre suoi compagni di squadra erano stati derubati da alcuni uomini che sostenevano di essere agenti di polizia. Uno di loro avrebbe anche tirato fuori una pistola e l’avrebbe puntata alla testa di Lochte. Il furto sarebbe avvenuto per strada, quando i quattro erano a bordo di un taxi e stavano tornando al villaggio olimpico.
La versione di Lochte è sembrata fin da subito esagerata, anche se considerata dai media tutto sommato credibile (i livelli di criminalità in Brasile sono molto alti e nel corso di queste Olimpiadi ci sono stati diversi incidenti che hanno riguardato atleti stranieri). Poco dopo la prima intervista a NBC, Lochte ha cominciato però a cambiare versione: ha detto che la rapina non era avvenuta per strada ma in una stazione di rifornimento dove lui e i suoi compagni si erano fermati per andare in bagno. Le indagini successive della polizia brasiliana hanno poi trovato diverse altre discordanze: per esempio i quattro nuotatori hanno mentito sull’ora in cui hanno lasciato la festa, per nascondere il fatto di essere tornati al villaggio olimpico di prima mattina.
La stazione di rifornimento dove è successo l’episodio con i quattro nuotatori statunitensi, a Rio de Janeiro (Mario Tama/Getty Images)
La bugia della rapina
Ma soprattutto Lochte ha mentito sul fatto di avere subìto una rapina a mano armata. Come hanno mostrato le testimonianze di chi era presente alla stazione di rifornimento la notte tra sabato e domenica, e come dimostra anche un video girato dalle telecamere a circuito chiuso, Lochte e gli altri tre nuotatori non sono stati affatto derubati. Verso le 6 di mattina sono arrivati alla stazione di rifornimento in taxi, chiaramente ubriachi, ha raccontato un testimone. Sono andati in bagno e hanno rotto il portasapone, danneggiato una porta, tirato giù un cartello e urinato ovunque. Poi a un certo punto sono stati avvicinati da due guardie armate che li hanno fatti scendere di nuovo dal taxi e hanno chiesto loro dei soldi per lasciarli andare. Anche Veloso, il capo della polizia civile dello stato di Rio de Janeiro, ha detto di non poter escludere che a un certo punto ci sia stato un tentativo di estorsione da parte delle guardie presenti. In mezzo alla confusione di quello che stava accadendo, qualcuno ha chiamato la polizia: quando sono arrivati gli agenti sul posto, però, i quattro nuotatori se n’erano già andati.
Quando la polizia brasiliana è riuscita a raccogliere prove sufficienti per smontare la versione dei nuotatori americani, Lochte era già tornato negli Stati Uniti. Mercoledì sera Bentz e Conger sono stati fatti scendere dal loro aereo in partenza per gli Stati Uniti per poter essere sentiti dalla polizia brasiliana: sembra che i due abbiano dato una versione della storia diversa da quella di Lochte. Quando sono usciti dalla stazione di polizia, ha scritto il New York Times, la folla che intanto si era radunata lì attorno ha cominciato a urlare “bugiardi”. Giovedì sera i due sono tornati negli Stati Uniti, ha confermato in un comunicato il comitato olimpico statunitense.
Gunnar Bentz e Jack Conger lasciano l’aeroporto di Rio de Janeiro dopo essere stati fatti scendere dal loro aereo per le indagini sulla finta rapina, il 18 agosto 2016 (Chris McGrath/Getty Images)
Le conseguenze di questa storia
Molti brasiliani hanno reagito con rabbia alle bugie di Lochte, che hanno alimentato ancora di più l’idea di Rio de Janeiro come città pericolosa e insicura. Il comitato olimpico statunitense ha diffuso un comunicato per scusarsi del comportamento dei suoi atleti e ha ipotizzato di prendere provvedimenti: «Il comportamento di questi atleti non è accettabile, non rappresenta il valore della squadra statunitense o il comportamento della grande maggioranza dei suoi membri. Valuteremo la questione ed eventuali conseguenze per gli atleti una volta di ritorno negli Stati Uniti». Giovedì alcuni agenti della polizia brasiliana hanno parlato della possibilità di perseguire legalmente Lochte e Feigen per falsa testimonianza. Marcello Rubioli, il giudice che sta seguendo il caso, ha detto comunque che dare una falsa testimonianza in Brasile non è un reato così grave e prevede una «punizione molto piccola»: «Se sono riconosciuti colpevoli, potrebbero fare una donazione a una ONG che svolge un lavoro umanitario», ha detto Rubioli. Venerdì Feigen ha accettato di donare 11mila dollari a un’associazione di beneficenza per poter lasciare il Brasile e tornare negli Stati Uniti. Sempre venerdì Lochte ha diffuso un comunicato in cui si è scusato per quello che è successo a Rio de Janeiro e ha detto che avrebbe dovuto essere più cauto e attento a descrivere gli eventi di domenica mattina.
Diversi giornali hanno anche parlato degli effetti che questa storia potrebbe avere sulle relazioni bilaterali tra Stati Uniti e Brasile, che nei mesi precedenti alle Olimpiadi erano migliorate. Per esempio i due paesi avevano cominciato a cooperare sull’antiterrorismo, per preparare le forze di sicurezza brasiliane a eventuali attacchi terroristici durante i Giochi. Non sembra comunque che quello che è successo possa creare grandi problemi, anche per le tempestive scuse degli americani.