Altre brutte notizie dal Venezuela
Decine di migliaia di persone stanno andando in Colombia per comprare cibo e medicine introvabili nel loro paese, e ora si sta anche diffondendo la malaria
Negli ultimi quattro giorni decine di migliaia di venezuelani hanno superato il confine tra Venezuela e Colombia per comprare cibo e beni di prima necessità che da tempo non sono più reperibili nel loro paese. Il flusso eccezionale di persone è stato reso possibile dalla riapertura del confine, dopo che era stato chiuso su decisione del governo venezuelano nell’agosto 2015: per ora la frontiera si può attraversare in cinque punti e solo a piedi, ma il Venezuela ha detto che ha in progetto di aprire altri passaggi in futuro. Alcuni venezuelani hanno viaggiato per oltre 800 chilometri pur di entrare in Colombia e comprare beni come riso, zucchero e olio da cucina. Solo nelle prime due ore dalla riapertura, ha detto a Reuters un funzionario del ministero degli Esteri colombiano, hanno attraversato il confine circa cinquemila persone.
In Venezuela – un paese la cui economia sta collassando – molti beni primari sono praticamente introvabili da mesi. Il governo ha tagliato la fornitura di elettricità e le città venezuelane soffrono continui blackout e funzionano solo poche ore al giorno (anche l’orario lavorativo dei funzionari pubblici è stato limitato a poche ore giornaliere, per risparmiare sull’energia). Gli ospedali stanno cadendo a pezzi: non sono più forniti di medicine, visto che il ministero della Sanità ha smesso di distribuirle per mancanza di soldi, spesso i pazienti non hanno nemmeno un posto letto e il personale medico è costretto a lavorare senza alcune delle garanzie sanitarie minime, come l’uso dei guanti. Sempre più venezuelani si sono rivolti al mercato nero per recuperare medicine, cibo e altri beni di prima necessità, ma i prezzi sono saliti moltissimo diventando irraggiungibili per molti.
Per far fronte a questa situazione, il governo venezuelano guidato da Nicolás Maduro ha trovato un accordo con il presidente colombiano Juan Manuel Santos per la riapertura del confine. I passaggi tra i due paesi erano stati interrotti nell’agosto 2015, quando dei paramilitari colombiani attaccarono sul confine una pattuglia militare venezuelana e ferirono tre soldati. Da allora i rapporti tra i due paesi erano peggiorati parecchio: molti colombiani erano stati espulsi dal Venezuela e diversi accordi commerciali bilaterali erano stati fatti fallire. Secondo diversi osservatori, Maduro aveva chiuso il confine anche per dare a qualcuno la colpa della gravissima crisi interna che aveva già cominciato a colpire il Venezuela, e per focalizzare l’attenzione della popolazione su qualcosa che non fossero le colpe del governo venezuelano.
Nonostante negli ultimi giorni migliaia di famiglie siano riuscite a recuperare dei beni introvabili, in Venezuela la situazione non sta per niente migliorando. Tra i problemi che stanno affrontando i venezuelani, se n’è aggiunto di recente uno molto grave e preoccupante: la diffusione della malaria. Il New York Times ha raccontato che a causa del collasso dell’economia e dell’inflazione altissima, molti venezuelani della classe media – circa 70mila – hanno cominciato a fare un secondo lavoro, spesso nelle miniere in mezzo alla giungla, dove è più facile contrarre la malaria. Negli anni Sessanta il Venezuela era stato il primo paese del mondo a debellare la malaria, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità; oggi la malaria si sta diffondendo di nuovo non solo nelle aree rurali, ma anche nelle città. Nei primi sei mesi del 2016 i casi di malaria sono cresciuti del 72 per cento, per un totale di 125mila persone che hanno contratto la malattia. Il New York Times ha scritto: «A causa del collasso dell’economia spesso non ci sono medicine, e la poca fumigazione per prevenire i morsi delle zanzare sta facendo ammalare decine di migliaia di persone e sta lasciando intere città disperate e bisognose di aiuto».