Non tutti gli atleti della Crimea sono potuti andare alle Olimpiadi
Dopo l'annessione della penisola da parte della Russia, gli atleti hanno dovuto scegliere se rimanere ucraini o diventare russi: ai Giochi hanno potuto partecipare solo i primi
Le Olimpiadi non sono estranee alle conseguenze della politica internazionale, come si è visto in più occasioni negli ultimi decenni. Ai Giochi di Rio de Janeiro – a cui tra l’altro è presente per la prima volta una selezione scelta dal Comitato Olimpico Internazionale (CIO) in rappresentanza di tutti i rifugiati del mondo – una situazione particolare determinata da eventi recenti della politica internazionale è quella vissuta dagli atleti originari della Crimea, la penisola che la Russia ha annesso nel 2014 e che prima apparteneva all’Ucraina. Dopo l’annessione russa gli atleti della Crimea si sono trovati davanti a una scelta molto difficile: mantenere la nazionalità ucraina oppure decidere di chiedere quella russa. Quelli che hanno scelto di diventare russi, però, non hanno potuto partecipare alle Olimpiadi.
Il regolamento del CIO, infatti, all’articolo 41 stabilisce che chi ha partecipato ai Giochi o a un’altra competizione sportiva riconosciuta dalle federazioni internazionali e poi ha cambiato nazionalità, può gareggiare per un altro paese soltanto dopo che sono trascorsi tre anni dall’acquisizione della nuova nazionalità. Il periodo di “quarantena” può essere ridotto o annullato da parte del CIO in accordo con i comitati olimpici nazionali: nel caso degli atleti crimeani che hanno scelto la cittadinanza russa, il comitato olimpico ucraino ha opposto il veto, e quindi alcuni sportivi nati in Crimea, anche di alto livello, non hanno potuto andare a Rio.
È il caso ad esempio di Artur Ayvazyan, 43 anni, che vinse l’oro nella Carabina 50 metri alle Olimpiadi di Pechino nel 2008 e che è dovuto rimanere a Simferopoli, la capitale della Crimea, mentre in Ucraina, ha raccontato all’Associated Press, molti lo considerano un traditore. Una situazione diversa è invece quella della giavellottista Vera Rebrik, campione d’Europa per l’Ucraina nel 2012: dopo una lunga battaglia legale era riuscita a far riconoscere il suo cambio di nazionalità ed era stata inserita nella squadra russa di atletica leggera, prima che questa venisse squalificata in blocco dalla federazione internazionale di atletica (IAAF).
Alle Olimpiadi quindi, gli unici atleti crimeani sono quelli che hanno deciso di restare cittadini ucraini, come il nuotatore Andriy Hovorov, arrivato quinto nella finale dei 50 metri stile libero. Parlando ancora con Associated Press, Hovorov ha detto che è “orgoglioso di gareggiare per l’Ucraina”, ma capisce che altri atleti possano essere tentati di prendere la nazionalità russa, vista la difficile situazione in Crimea. Nel suo caso, ha spiegato, la federazione di nuoto ucraina nonostante le difficoltà lo ha incoraggiato a proseguire gli allenamenti all’estero. Un’altra forte atleta crimeana, che gareggerà per un podio a Rio, è la ginnasta ritmica Anna Rizatdinova, oro ai campionati mondiali del 2013, che dopo l’annessione si è trasferita a Kiev mentre la madre è restata in Crimea: durante l’invasione russa stava gareggiando in Ungheria e “tutti i miei pensieri erano per i miei parenti rimasti in Crimea: voglio provare che vengo dalla Crimea e però gareggio per l’Ucraina, e sventolerò la bandiera ucraina”.