Mai nessuno come lui
La storia di Michael Phelps, il più forte nuotatore di sempre che quattro anni fa sembrava essersi perso per strada: e invece no
Lui: «sarà una vittoria per un pelo, Phelps resiste, è in testa. Ha toccato? No, non ha toccato. Le Clos ha toccato prima perché Phelps ha sbagliato il tempo dell’arrivo. È incredibile. È una sconfitta scioccante. Aveva vinto qualsiasi cosa ma ha sbagliato l’ultima bracciata»
Lei: «nella farfalla il tocco finale è una questione di precisione e tempismo. L’uomo da cui nessuno si sarebbe aspettato un errore ha fatto un errore»
Due telecronisti statunitensi commentarono così gli ultimi secondi della finale dei 200 farfalla alle Olimpiadi di Londra 2012, la gara che in un certo senso segnò più di tutte le altre la carriera di Michael Phelps. Phelps era rimasto davanti per 199,95 metri, a soli cinque centimetri dal vincere la prima medaglia d’oro di quei Giochi. La sua Olimpiade non era iniziata benissimo: era rimasto fuori dal podio nei 400 misti e con la nazionale statunitense era arrivato solo secondo nella staffetta 4×100 stile libero. Ma i 200 farfalla erano la sua gara, che Phelps non perdeva in una competizione internazionale da 12 anni. A pochi centimetri dalla fine, Phelps sbagliò la bracciata: perse velocità e potenza e fu superato dal nuotatore sudafricano Chad le Clos, che toccò primo per soli 5 centesimi di secondo. Appena si rese conto di quello che era riuscito a fare, le Clos cominciò a dimenarsi nell’acqua, con un’eccitazione che raramente si vede nel nuoto. Phelps invece lanciò via la cuffia in un gesto di stizza. «Un errore da principiante del più grande nuotatore di tutti i tempi», commentò un telecronista britannico con la voce piena di incredulità.
Quattro anni prima, alle Olimpiadi di Pechino – quelle dei supercostumi –, Phelps aveva vinto otto medaglie d’oro. Otto. Aveva eguagliato il record di cinque ori olimpici individuali ottenuto da altri due grandi atleti del passato: il pattinatore statunitense Eric Heiden (Lake Placid 1980) e il ginnasta bielorusso Vital’ Ščėrba (Barcellona 1982). Sembrava imbattibile. Ma nei quattro anni tra Pechino e Londra qualcosa era cambiato. Phelps aveva cominciato a dire cose come «Non mi piace alzarmi così presto la mattina. Entrare nell’acqua fredda della piscina non è divertente. È uno schifo». Aveva cominciato a saltare alcuni degli allenamenti quotidiani, il suo ritmo in vasca era calato e il suo storico compagno di squadra e avversario Ryan Lochte lo aveva superato su diverse distanze. L’impressione di molti, scrisse allora il New Yorker, era che Phelps avesse delle straordinarie doti atletiche ma che non gli importasse abbastanza di essere il migliore. Sembrava che la sua carriera internazionale, iniziata alle Olimpiadi di Sydney, avesse preso la via di un lento declino. E lo stesso Phelps aveva annunciato il suo ritiro dalle gare dopo Londra 2012.
«Dopo il 2008, mentalmente avevo dato tutto. Non volevo più nuotare. Ma allo stesso tempo sapevo che non potevo fermarmi. Così forzai me stesso a fare qualcosa che in realtà non volevo fare, cioè continuare a nuotare. Per tutti quei quattro anni saltai almeno due allenamenti a settimana. Perché? Perché non volevo andare. Non me la sentivo. Al diavolo. Volevo continuare a dormire. Saltavo il venerdì e mi facevo il weekend lungo»
Fino alle Olimpiadi di Londra, Phelps non aveva fatto altro che migliorarsi. Originario di Baltimora (Maryland), aveva cominciato a nuotare a sette anni, spinto anche dalla famiglia (le due sorelle più grandi, Whitney e Hilary, nuotavano a livelli professionistici). A soli 15 anni Phelps si qualificò per le Olimpiadi di Sydney, diventando il più giovane nuotatore statunitense a partecipare ai Giochi in 68 anni: non vinse medaglie, ma arrivò quinto nella finale dei 200 farfalla, un risultato straordinario. Quattro anni dopo, alle Olimpiadi di Atene, si presentò come grande promessa del nuoto internazionale: vinse 6 ori e 2 bronzi, anticipando l’incredibile Olimpiade che fece a Pechino. Ai Giochi di Londra, nonostante qualche inaspettata delusione, divenne l’atleta più medagliato della storia delle Olimpiadi. Giornalisti ed esperti cominciarono a studiare il corpo di Phelps per capirne l’unicità: in diversi parlarono di una eccezionale capacità polmonare, che unita ad altre precise caratteristiche fisiche rendeva il suo corpo perfetto-per-il-nuoto. La sua storia aveva avuto uno sviluppo senza sbavature, ha scritto Sports Illustrated: «nel 2000 era un prodigio; nel 2004 brillante ma imperfetto; nel 2012 una leggenda che stava facendo il suo tour d’addio».
Dopo il ritiro, Phelps cominciò a occupare il suo tempo con il poker e il golf, e iniziò a bere. Il 29 settembre 2014 fu fermato a Baltimora sulla strada che da casa sua portava a un casinò: fece l’alcol test e per due volte i suoi valori risultarono superiori a quelli concessi dalla legge. Fu accusato di eccesso di velocità e guida in stato di ebbrezza. Non era la prima volta che Phelps faceva parlare di sé per episodi simili: dieci anni prima, dopo le Olimpiadi di Atene, era stato fermato mentre guidava ubriaco, e nel 2009 il tabloid inglese News of the World aveva pubblicato una sua foto mentre fumava il bong: la foto era stata scattata alla University of South Carolina nel 2008, tre mesi prima le otto medaglie d’oro di Pechino. Phelps aveva tentato di comprare la fotografia prima che venisse diffusa, ma News of the World aveva deciso di pubblicarla lo stesso, provocando un grande scandalo. Bob Bowman, che è da moltissimi anni l’allenatore di Phelps, commentò quello che era successo dicendo: «Vivevo nella paura di ricevere una telefonata in cui mi si diceva che era successo qualcosa. Pensavo che per come le cose gli stavano andando, avrebbe finito per uccidersi. Non nel senso del suicidio, ma qualcosa di simile al guidare ubriaco, o anche peggio». La notizia dell’arresto fece il giro del mondo, anche perché qualche mese prima Phelps era tornato a gareggiare in un meeting ufficiale, in Arizona. Non uscì di casa per quattro giorni e tempo dopo, commentando quel periodo, disse: «Ero in un momento molto negativo. Non volevo più vivere». Il fine settimana successivo all’arresto, Phelps decise di entrare in un centro di riabilitazione per farsi curare: prese un aereo privato che da Baltimora lo portò a Wickenburg, in Arizona, e poi andò in una struttura chiamata The Meadows, in mezzo al deserto. Ne uscì 45 giorni dopo e riprese subito ad allenarsi.
Michael Phelps dopo un’udienza del suo processo per guida in stato di ebbrezza ed eccesso di velocità. Baltimore, 19 dicembre 2014 (PAUL J. RICHARDS/AFP/Getty Images)
La rinascita di Phelps, come venne definita da molti giornali internazionali, iniziò dopo la riabilitazione, quando erano in pochi a credere che sarebbe tornato ai livelli precedenti. Le prime dimostrazioni di forza arrivarono, guarda a caso, in un confronto a distanza con Chad le Clos, il nuotatore sudafricano che lo aveva battuto all’ultima bracciata alle Olimpiadi di Londra. I due si punzecchiarono nell’agosto 2015, quando nella città russa di Kazan si stavano tenendo i campionati mondiali di nuoto. Phelps non c’era a Kazan: doveva finire di scontare la sospensione che aveva rimediato per l’arresto in stato di ebbrezza e aveva deciso di partecipare ai campionati nazionali che si stavano tenendo a San Antonio, in Texas. A Kazan c’era invece le Clos, che vinse i 100 farfalla con un tempone, 50 secondi e 56 centesimi: «Ho appena fatto un tempo che Phelps non fa da quattro anni. Ora può starsene in silenzio», commentò le Clos a fine gara. Il giorno dopo Phelps vinse i 100 farfalla a San Antonio con un tempo di 50 secondi e 45 centesimi. Phelps andò fortissimo anche nei 200 farfalla e 200 misti: se fosse stato a Kazan, con quei tempi avrebbe vinto tre medaglie d’oro.
Nel 2015 Phelps smise di saltare gli allenamenti e le sue prestazioni migliorarono progressivamente. Uno dei motivi della sua maturazione personale e sportiva, ha raccontato il New York Times, fu il riavvicinamento col padre, con cui Phelps non aveva rapporti da moltissimi anni. Phelps si riconciliò anche con la fidanzata, Nicole Johnson, con la quale aveva rotto nel suo periodo più difficile. Allison Schmitt, nuotatrice statunitense che abitò per un periodo con Phelps e Johnson, ha detto che i due formano una coppia perfetta. A marzo, dopo un allenamento in preparazione delle Olimpiadi di Rio, Phelps parlò di andare a fare una partita a golf a Whisper Rock, un club esclusivo il cui accesso è consentito solo agli uomini. Quando Johnson lo venne a sapere, lo rimproverò: non avrebbe dovuto andare in un posto che non permetteva l’accesso alle donne. «È perfetta per lui. Sa perfettamente quali sono i suoi diritti. Non ha bisogno e non vuole i soldi di Phelps. È una persona indipendente», ha detto Bowman parlando di Johnson. Oggi Phelps e Johnson hanno un bambino di tre mesi, si chiama Boomer.
Michael Phelps insieme alla compagna Nicole Johnson e al figlio Boomer, dopo la finale dei 200 farfalla a Rio de Janeiro (MARTIN BUREAU/AFP/Getty Images)
Phelps si è presentato a Rio de Janeiro come uno dei favoriti per vincere delle medaglie d’oro, ma le aspettative su di lui erano molto più basse rispetto a Pechino e Londra. Ha preparato queste Olimpiadi lasciando fuori alcune delle gare a cui aveva partecipato nelle scorse edizioni, per esempio i 400 misti: ha escluso le gare più lunghe perché sono quelle in cui può pagare l’età e la maggiore potenza di nuotatori più giovani di lui.
A 31 anni, in queste Olimpiadi Phelps ha vinto quattro ori e un argento: oro nei 200 farfalla, nei 200 misti, nelle staffette 4×100 e 4×200 stile libero; argento nei 100 farfalla, dove è stato superato da un suo fan di dieci anni più giovane. È arrivato a 27 medaglie d’oro olimpiche, un risultato incredibile, ed è diventato il nuotatore più anziano ad avere vinto un oro olimpico in una gara individuale: ha anche superato il record di ori individuali ottenuti alle Olimpiadi che resisteva da 2.168 anni ed era detenuto da Leonida da Rodi (a anche questa è una storia notevole). Il momento in cui Phelps ha recuperato quel senso di imbattibilità che lo aveva circondato a Pechino è stato probabilmente nella gara dei 200 farfalla, molto attesa per la presenza di vasca di Chad le Clos: ancora lui. Phelps ha toccato il traguardo per primo, le Clos è arrivato quarto e poi è successo questo, parole del New Yorker: «All’inizio non ha sorriso, non ha festeggiato. Si è mosso a malapena. Poi, improvvisamente, ha chiuso i pugni e ha alzato le braccia, sembrava Poseidone. La folla ha urlato, sua madre ha cominciato a piangere e i giocatori della nazionale statunitense di basket, seduti in tribuna, si sono trasformati in tifosi sfegatati e festanti. Phelps è tornato a essere un dio, ed è stata una cosa buona».