Come va la battaglia per Aleppo
I militari del governo siriano e quelli dell'opposizione continuano a combattere, mentre la Russia e i ribelli più estremisti rendono difficile un accordo tra le parti
di Karen DeYoung e Hugh Naylor – The Washington Post
La situazione disastrosa e in rapida evoluzione dentro e nei dintorni di Aleppo, in Siria, ha riportato a scontrarsi tutte le principali parti coinvolte nella guerra civile siriana, per quella che potrebbe essere la battaglia più importante del conflitto iniziato cinque anni fa, e che servirà a capire se la speranza che la cooperazione tra Stati Uniti e Russia ponga fine alla guerra è un sogno irrealizzabile o meno. A nord della città – di cui il governo Assad controlla il lato occidentale e l’opposizione moderata, sostenuta dagli Stati Uniti, occupa la parte orientale dal 2012 – a causa dei continui attacchi da parte delle forze aeree e dell’artiglieria russa e siriana, l’opposizione ha perso il controllo dell’unica via di comunicazione attraverso cui otteneva i rifornimenti. La strada verso la Turchia era anche l’unica rotta da cui arrivavano gli aiuti umanitari e la sola via di fuga per almeno 250mila civili intrappolati all’interno di Aleppo, che – stando a quanto detto questa settimana dalle Nazioni Unite – sono rimasti senza cibo, forniture mediche e acqua corrente.
La situazione è così tragica che i colloqui tra Russia e Stati Uniti – avviati quest’estate dall’amministrazione Obama con l’obiettivo di coordinare le operazioni di antiterrorismo in Siria – sono stati sospesi per poter intavolare le trattative urgenti con il governo di Mosca sulla riapertura del passaggio verso la Turchia, stando a quanto detto dagli Stati Uniti. L’ambasciatore russo all’ONU Vitaly Churkin ha confermato l’esistenza delle trattative dopo una riunione a porte chiuse del Consiglio di Sicurezza di martedì, ma ha detto che rimanevano ancora «alcuni problemi», come per esempio l’insistenza della Russia perché non venga sfruttato il passaggio per mandare rifornimenti ai ribelli. Fino a ora, i progressi nelle trattative tra Stati Uniti, Russia e Nazioni Unite sono stati rallentati dal disaccordo sulla distanza a cui le armi dovrebbero essere posizionate rispetto alla strada aperta al passaggio e su chi dovrebbe monitorare il rispetto dell’accordo e i checkpoint.
A sinistra: la zona di Aleppo conquistata il 28 luglio dalle forze di Assad, che hanno isolato i ribelli nella parte orientale della città. A destra: le conquiste dei miliziani di Jabhat Fateh al Sham del 6 agosto.
A Ginevra, il rappresentante russo all’ONU ha accusato chi sostiene l’opposizione di promuovere una falsa «isteria» sulla situazione umanitaria, ha riportato l’agenzia di stampa russa Interfax. Nel frattempo, nella periferia sudoccidentale di Aleppo una forza d’opposizione guidata da terroristi islamisti – sotto i violenti attacchi di Siria e Russia – è riuscita ad attraversare un accerchiamento del governo entrando nella zona della città controllata dai ribelli, dove ora i combattenti dell’opposizione più moderata rischiano di essere inglobati o allontanati dai miliziani. Sembra che i miliziani abbiano già iniziato a istituire dei consigli giudiziari e reti per la distribuzione di aiuti all’interno di Aleppo, ha raccontato Hassan Hassan, un esperto di Siria della no-profit Tahrir Institute for Middle East Policy. «Vogliono dominare la zona e controllare le persone che ci vivono. Stanno cercando di aumentare la loro legittimazione tra le persone del posto dando prova del loro potere militare e conquistando i cuori e le menti delle persone», ha detto Hassan parlando del gruppo che ora si fa chiamare Jabhat Fateh al Sham, o Fronte per la conquista della Siria. Due settimane fa, il gruppo ha cambiato il suo vecchio nome, Fronte al Nusra, dicendo che di aver interrotto la sua affiliazione ad al Qaida, una mossa che le autorità occidentali hanno descritto come un cambiamento di facciata per mascherare altre motivazioni.
Mentre Jabhat Fateh al Sham si mescola sempre di più ai civili, ai gruppi d’opposizione moderata e al resto della popolazione civile di Aleppo, le speranze degli Stati Uniti di riuscire a separarli per poi colpirli insieme alla Russia sembrano essere diminuite. In tutto il nordovest della Siria i combattenti moderati – alcuni con riluttanza, altri meno – hanno iniziato in massa a stringere rapporti di convenienza con gli estremisti, meglio armati e con maggiori successi alle spalle, nel tentativo di rimuovere il presidente Bashar al Assad. Tutto questo ha quasi portato lo scorso febbraio alla fine della tregua negoziata nel paese poco più di un mese prima da Stati Uniti e Russia, che avevano promesso di farla rispettare ai rispettivi alleati siriani sul territorio. Solo al Nusra e lo Stato Islamico erano stati esclusi dall’accordo. Ma quando le forze di Assad hanno perso terreno nella battaglia continua contro al Nusra, i loro alleati russi hanno ripreso i bombardamenti. Gli Stati Uniti hanno accusato la Russia e Assad di usare al Nusra come pretesto per colpire l’opposizione moderata. In risposta, la Russia ha detto che era difficile distinguere gli uni dagli altri. «Chiediamo da tempo ai nostri partner americani di spingere perché i loro alleati in Siria smettano di associarsi ad al Nusra, e di dire chiaramente dove questi gruppi moderati, che hanno promesso di osservare la cessazione delle ostilità, siano posizionati», ha detto Alexei Borodavkin, il rappresentante della Russia all’ONU a Ginevra, questa settimana.
Il mese scorso, il segretario di Stato americano John Kerry aveva presentato a Mosca una proposta per condividere le informazioni di intelligence tra Stati Uniti e Russia, per individuare le aeree controllate dalle varie forze di opposizione, e coordinare gli attacchi ai terroristi individuati da entrambe le parti. Il piano, che secondo le autorità americane è stato sostenuto dalla Casa Bianca nonostante una forte opposizione del Pentagono, prevedeva anche che la Russia obbligasse Assad a interrompere i bombardamenti. Alcuni funzionari americani – a condizione di restare anonimi – hanno parlato di incontri a porte chiuse con la Russia e della situazione in rapido sviluppo sul territorio. È stato istituito un gruppo congiunto per l’attuazione del piano formato da importanti funzionari militari e d’intelligence americani e russi, ed è stata concordata la mappatura del territorio. Ma come spesso accade in Siria, gli avvenimenti sul territorio si sono sviluppati più velocemente del piano. Prima c’è stato un attacco congiunto tra Siria e Russia a nordovest di Aleppo, che ha permesso di completare l’accerchiamento della zona da parte del governo e di interrompere la strada del Castello, l’unica via percorribile dai ribelli e dagli aiuti umanitari per raggiungere la metà orientale della città. Poi, sabato, i combattenti dell’opposizione guidati da Jabhat Fateh al Sham hanno spinto le forze filogovernative fuori dalla zona di Ramouseh, a sudovest di Aleppo. Nonostante questi sviluppi avessero fatto sperare che i rifornimenti ai quartieri assediati potessero entrare attraverso un rotta meridionale, i recenti combattimenti nelle aree conquistate sono stati ancora troppi intensi per permettere il passaggio di cibo e altri aiuti, ha raccontato Firas Mashhadi, un attivista della zona orientale di Aleppo che sostiene la ribellione. Mashhadi e altre persone contattate telefonicamente dal Washington Post hanno detto che gli aerei da guerra russi e del governo siriano hanno intensificato gli attacchi in risposta alle conquiste dei ribelli.
I ribelli hanno detto di voler allargare i loro attacchi ai quartieri occidentali di Aleppo controllati dal governo. Sperano di consolidare la loro conquiste prima del che arrivi l’atteso contrattacco delle forze filogovernative, che comprendono anche miliziani sciiti iracheni e combattenti di Hezbollah dal Libano. Gli attacchi hanno aumentato la possibilità che le forze d’opposizione riescano ad assediare le zone della città controllate dal governo. Pare che questi timori abbiano causato l’aumento del prezzo del cibo e di altri beni nei quartieri fedeli al governo, che fino a oggi sono stati in gran parte risparmiati dai combattimenti. «Sono in corso battaglie per mettere in sicurezza strade e altri punti d’accesso per Aleppo, e stiamo cercando di espandere le aree che controlliamo nelle zone sudoccidentali della città per rafforzare le nostre posizioni», ha raccontato il capitano Abdulsalam Abdulrazak, portavoce del gruppo di ribelli Harakat Nour al Din al Zenki, affiliato all’organizzazione militare “ombrello” Free Syrian Army. Abdulrazak ha criticato gli Stati Uniti per quella che ha definito una «mancanza di sostegno» alle forze di opposizione ad Aleppo. Nonostante le richieste interne all’amministrazione americana e da governi alleati di aumentare l’assistenza ai ribelli – per esempio con l’invio di equipaggiamento anti-aereo che permetterebbe ai ribelli di provare a contrastare l’enorme vantaggio strategico garantito ad Assad dai suoi aerei ed elicotteri, oltre che da quelli russi – alcuni funzionari hanno detto che la Casa Bianca rimane riluttante all’idea.
Dopo aver notato i progressi fatti dalle forze guidate da Jabhat Fateh al Sham nel contrastare le truppe governative sul territorio e la loro capacità di sopportare un alto numero di morti e feriti causati dai violenti attacchi aerei, i capi dei ribelli all’interno di Aleppo hanno respinto l’idea che gli estremisti possano sostituirli. Adeeb Alsen, che fa parte del gruppo di ribelli Jabhat Shamia, ha riconosciuto che sono le truppe di Jabhat Fateh al Sham a guidare l’assalto, ma ha anche detto che «non crediamo abbia l’ambizione di provare a diventare la forza dominante ad Aleppo». Jeff White del Washington Institute for Near East Policy ha detto che i progressi fatti dei ribelli ad Aleppo hanno sottolineato la persistente debolezza delle truppe di terra di Assad. «Il problema fondamentale per il regime è che è in grado di conquistare territori sfruttando la sua potenza di fuoco e quella della Russia, ma poi mantenere quei territori diventa molto difficile».
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