L’incredibile storia di Shahram Amiri
Cioè lo scienziato nucleare iraniano scomparso misteriosamente nel 2009 in Arabia Saudita, ricomparso un anno dopo negli Stati Uniti e impiccato pochi giorni fa in Iran
Il 6 giugno 2010 la televisione iraniana trasmise un video che mostrava Shahram Amiri, un giovane scienziato nucleare iraniano, raccontare di essere stato rapito dalla CIA e dai servizi segreti sauditi mentre si trovava in pellegrinaggio a Medina, in Arabia Saudita. Amiri – che aveva girato il video in modo molto rudimentale, usando la telecamera del computer come se fosse una conversazione in Skype – diceva che in quel momento si trovava a Tucson, una città dell’Arizona. Press TV, la televisione iraniana controllata dal governo, diede la notizia presentandola nel sottopancia con la frase: «Un cittadino iraniano è stato rapito».
Il giorno dopo, il 7 giugno, fu pubblicato su YouTube un altro video, ambientato in un ufficio con sullo sfondo una scacchiera e un mappamondo. In questo secondo video Amiri cambiava radicalmente versione: diceva che era arrivato negli Stati Uniti volontariamente ma che sentiva la mancanza del figlio rimasto a Teheran.
La storia di Amiri sembrava incredibile, non solo per la diffusione di due video così diversi nel giro di due giorni. Amiri, che allora aveva 32 anni ed era uno specialista della misurazione delle radiazioni nucleari, scomparve misteriosamente da una stanza di albergo di Medina nella primavera del 2009, lasciandosi dietro solo pochi oggetti personali. Le autorità iraniane parlarono di un rapimento della CIA, mentre gli americani negarono qualsiasi coinvolgimento: l’allora segretario di Stato Hillary Clinton disse che Amiri era entrato negli Stati Uniti “di sua spontanea volontà” e che poteva andarsene quando voleva. La realtà era che Amiri era entrato in contatto con la CIA, ma non era stato rapito: aveva deciso di passare agli americani le informazioni che aveva sul programma nucleare iraniano, probabilmente in cambio di cinque milioni di dollari e una nuova identità.
Amiri fu inserito all’interno di un programma del governo americano finalizzato a fornire copertura e protezione alle spie straniere. Fu trasferito a Tucson, una città dell’Arizona di mezzo milione di abitanti. Fin da subito cominciò a parlare di quanto gli mancasse suo figlio, che era rimasto a Teheran insieme alla madre, e cominciò anche a fare delle telefonate a casa sua in Iran. Nel frattempo, ha raccontato il New York Times, i servizi segreti iraniani iniziarono a fare pressioni sulla sua famiglia e minacciare ritorsioni contro il figlio. Stando alle ricostruzioni dei giornali americani, l’Iran convinse Amiri a farsi un video nel quale diceva di essere stato rapito, drogato e torturato: il video fu trasmesso dalla televisione iraniana il 6 giugno 2010. A sua volta allora la CIA gli fece produrre un video, ambientato in una stanza apparentemente confortevole. Nel video, Amiri diceva: «Sono libero e voglio assicurare tutti che sono al sicuro». Poche settimane dopo le autorità iraniane diffusero un terzo video, nel quale Amiri riprendeva la storia del rapimento già raccontata nel primo.
Sembra che la CIA cercò di far cambiare idea ad Amiri, ricordandogli che tornare in Iran dopo avere collaborato con un governo straniero poteva costargli la vita. La CIA non aveva però strumenti legali per trattenerlo: in caso l’avesse voluto, lui avrebbe potuto andarsene e lasciare il paese. E così successe: nel luglio 2010 Amiri andò all’ambasciata pakistana a Washington, quella che rappresenta gli interessi dell’Iran negli Stati Uniti in mancanza di strutture diplomatiche iraniane. Il 15 luglio tornò a Teheran dove si riunì con il figlio, e una foto di entrambi molto sorridenti fu mostrata da tutte le televisioni iraniane per celebrare il ritorno a casa dello scienziato rapito dagli americani. Ai giornali iraniani, Amiri raccontò che aveva rifiutato milioni di dollari per stare negli Stati Uniti e rivelare tutto quello che sapeva sul programma nucleare del suo paese. Qualche mese dopo scomparve.
Shahram Amiri e il figlio all’aeroporto internazionale di Teheran, in Iran, il 15 luglio 2010 (Getty Images)
La famiglia venne a sapere che Amiri era stato arrestato e a un certo punto si parlò di una condanna a 10 anni di carcere per tradimento. Ma le notizie non erano certe perché le autorità iraniane non comunicavano nulla di ufficiale. Domenica 7 agosto – dopo oltre sette anni da quel pellegrinaggio a Medina – uno dei portavoce del ministro della Giustizia iraniano ha detto che Amiri è stato impiccato per avere rivelato segreti di stato a un paese nemico. Non è chiaro ancora oggi che tipo di informazioni Amiri sia stato in grado di dare al governo americano: non era un grande conoscitore del programma nucleare iraniano e non aveva contatti con Mohsen Fakhrizadeh, lo scienziato che tentò di sviluppare la parte militare del programma. Sembra comunque che Amiri avesse visitato diversi siti nucleari ed è possibile che avesse cominciato a collaborare con gli americani prima di lasciare il suo paese. «Era una spia improbabile, un po’ goffa e nervosa», ha scritto di lui il New York Times.