Il partito di Mandela è andato male alle amministrative in Sudafrica
L'African National Congress ha ottenuto uno dei suoi peggiori risultati in 20 anni al governo, perdendo il controllo di diverse grandi città
Mercoledì 3 agosto si è votato per le amministrative in Sudafrica. I risultati completi e definitivi non sono ancora stati annunciati ed è stato scrutinato circa l’80 per cento delle schede. Dai dati parziali sono però piuttosto chiare alcune nuove tendenze. L’African National Congress (ANC) che negli ultimi 22 anni, e cioè dalla fine dell’apartheid, è stato il partito di maggioranza del paese, non ha ottenuto buoni risultati, come indicavano già i sondaggi prima del voto. La povertà dilagante, la disoccupazione al 25 per cento, la debolezza dell’economia e gli scandali legati al presidente Jacob Zuma hanno allontanato gli elettori e le elettrici. E il paese, retto di fatto da un sistema politico a partito unico, sembra avviarsi verso un sistema in cui i partiti principali sono invece tre.
In base ai primi risultati l’ANC sembra aver perso il controllo nelle tre principali municipalità del paese: Nelson Mandela Bay dove si trova la città portuale di Port Elizabeth, Tshwane, che comprende la capitale amministrativa Pretoria e, infine, Johannesburg dove si trova l’omonima città, che è anche la più popolosa del Sudafrica e che viene considerata il suo centro economico. A Johannesburg la situazione è più incerta che nelle altre due aree: il conteggio delle schede è arrivato al 64 per cento e ANC e il principale partito di opposizione, Alleanza Democratica, sono molto vicini. Secondo Reuters a Pretoria, con il 66 per cento dei voti scrutinati, Alleanza Democratica è in leggero vantaggio e ha già rivendicato la vittoria nella zona di Nelson Mandela Bay: qui, con il 98 per cento delle schede contate, Alleanza Democratica è al 46,65 per cento e ANC al 40,99. AD non ha ottenuto i voti sufficienti per governare da sola e dovrà formare una coalizione, ma difficilmente lo farà con l’ANC.
Anche se alla fine dello scrutinio ANC dovesse vincere nella maggior parte dei 278 comuni che sono andati al voto, il partito di Nelson Mandela rischia di perdere quasi otto punti a livello nazionale (fermandosi al 54 per cento contro il 62 delle amministrative del 2011, secondo i sondaggi). Per l’ANC, passare sotto la soglia simbolica del 60 per cento sarebbe una novità: non è infatti mai accaduto dal 1994, da quando cioè Nelson Mandela portò il partito al governo per la prima volta. A Johannesburg, Pretoria e Port Elizabeth vivono poi più di 8 milioni di persone e la perdita del governo in queste tre città sarebbe un colpo durissimo per l’ANC che è così convinto, scrive il Guardian, «del suo diritto a governare che il segretario generale del partito ha recentemente dichiarato di aver ricevuto un mandato da Dio». Insomma, gli anni in cui il Sudafrica è stato governato come un paese a partito unico sembrano essere definitivamente finiti.
Un altro significativo segnale della tendenza di queste ultime elezioni arriva dai risultati di un piccolo partito radicale che nelle diverse zone dove né ANC né AD raggiungeranno la maggioranza assoluta potrebbe diventare decisivo: si tratta dei Combattenti per la Libertà Economica guidati dall’ex leader dei giovani dell’ANC Julius Malema. Sostengono la nazionalizzazione di miniere, banche e terreni e durante la campagna elettorale avevano assicurato che non avrebbero formato alcuna coalizione con l’ANC.
Più la tendenza dei risultati diventa chiara più l’opposizione ha cominciato a rivendicare la vittoria come un referendum nei confronti del presidente Zuma e come un cambiamento valido non solo nelle amministrazioni locali, ma anche a livello nazionale contando anche il numero record delle persone che si sono iscritte ai registri elettorali per votare: 26 milioni, in totale. Zuma è criticato da tempo anche all’interno del suo stesso partito e in molti vorrebbero che si dimettesse prima della scadenza del suo mandato prevista fra tre anni, nel 2019.
Zuma viene considerato responsabile della diffusa corruzione, della cattiva gestione delle imprese statali ed è stato coinvolto in diversi scandali. In passato si era parlato molto di quello legato a un presunto uso illecito di soldi pubblici da parte di Zuma per costruire una residenza di lusso privata a Nkandla, nel Sudafrica orientale. All’inizio di quest’anno un tribunale ha stabilito che Zuma dovrà restituire parte dei 246 milioni di rand di denaro pubblico (20 milioni di euro) utilizzato per rinnovare la sua casa. Zuma è stato anche coinvolto in quello che la stampa ha definito con il termine “Guptagate”. I Gupta sono una ricca e influente famiglia di origine indiana che si è trasferita in Sudafrica nei primi anni Novanta alla fine dell’apartheid. Gestiscono importanti affari nel campo dell’estrazione di risorse, dell’informazione, dell’ingegneria e dell’informatica. Zuma non solo avrebbe favorito i loro affari, ma avrebbe anche permesso loro di interferire con le decisioni politiche del governo (diversi politici di alto livello hanno testimoniato di aver ricevuto la proposta di diventare ministri direttamente dai membri di quella famiglia).