E se non ci fosse stato Lenny Bruce?
Morì oggi, 50 anni fa, uno dei più importanti comici americani di sempre, che con la sua satira per l'epoca oscena aprì la strada a tutti quelli venuti dopo
Una delle cose che si dice più spesso riguardo a Lenny Bruce è che se non ci fosse stato lui, non ci sarebbero stati neanche Richard Pryor, George Carlin o Bill Hicks, alcuni dei più grandi comici americani della seconda metà del Novecento. Non possiamo saperlo, di certo c’è però che nessun’altra persona nella storia della stand up comedy, la comicità tipicamente statunitense in cui un comico recita un monologo da solo davanti al pubblico, è stato più importante di Bruce nell’aprire la strada alle cose che i comici potevano dire su un palco. Bruce ebbe una carriera breve, tra l’inizio degli anni Cinquanta e la metà dei Sessanta, e diventò famoso per il suo linguaggio molto volgare e per la sua satira sociale giudicata oscena e irrispettosa, che gli costò moltissimi arresti e processi. Morì di overdose a Hollywood il 3 agosto 1966, cinquant’anni fa.
Bruce era nato in una famiglia di origini ebraiche il 13 ottobre 1925 a Mineola, nello stato di New York, e il suo vero nome era Leonard Alfred Schneider. Suo padre era inglese e vendeva scarpe, mentre sua madre era una ballerina: divorziarono quando Bruce aveva 5 anni, e lui passò l’infanzia vivendo con vari parenti e traslocando spesso, finché nel 1942 si arruolò nella Marina. Durante la Seconda guerra mondiale prestò servizio nel Mediterraneo, e un giorno nel 1945 fece uno spettacolo sulla sua nave travestito da donna. Gli ufficiali si arrabbiarono, e lui fu congedato. Tornò negli Stati Uniti e si trasferì a New York, dove provò a inserirsi nel mondo dello spettacolo, con l’obiettivo di diventare un comico. Alla fine degli anni Quaranta cominciò a fare i suoi primi spettacoli nei night club, anche grazie ai contatti della madre: faceva monologhi e imitazioni, e sviluppò in fretta uno stile caratterizzato da humour nero e battute oscene, che suscitarono fin da subito critiche e rimproveri.
Nel 1951 Bruce conobbe la spogliarellista Honey Harlow, che sarebbe diventata sua moglie e che avrebbe cambiato lavoro per volere del marito. Ebbero una figlia nel 1955 e divorziarono nel 1957: dopo, Bruce frequentò per un periodo l’attrice Faye Dunaway. La prima performance importante, invece, Bruce la fece nel 1948, al programma televisivo Arthur Godfrey’s Talent Scouts. All’inizio degli anni Cinquanta Bruce, che si era trasferito a Los Angeles, lavorò alla sceneggiatura di alcuni film, e registrò quattro dischi con delle sue esibizioni dal vivo, sui temi di cui parlava più spesso: sesso, religione, droga, patriottismo, politica e questioni razziali. Per via della volgarità dei suoi spettacoli, Bruce non andò quasi mai in televisione: un’eccezione fu la sua apparizione nel 1959 allo Steve Allen’s Show, dove fu presentato come «il comico più shockante dei nostri tempi».
A partire dall’inizio degli anni Sessanta, Bruce cominciò ad avere problemi con la legge. La polizia cominciò a tenerlo d’occhio soprattutto dopo uno spettacolo nel 1961 alla Carnegie Hall di New York, e fu arrestato per la prima volta per oscenità il 4 ottobre dello stesso anno, dopo uno spettacolo al Jazz Workshop di San Francisco nel quale aveva detto cocksucker (“pompinaro”) e aveva fatto una disquisizione sulla parola venire usata in senso sessuale. Negli anni successivi la polizia lo prese di mira, e fu arrestato e processato in diverse occasioni, per oscenità e anche per possesso di droga. Dopo un suo arresto nel 1964 per uno spettacolo al Cafe Au Go Go nel Greenwich Village di Manhattan, diverse importanti personalità dello spettacolo e della cultura statunitensi firmarono un appello per la sua liberazione: tra queste c’erano Woody Allen, Bob Dylan, Allen Ginsberg, Saul Bellow, Arthur Miller e Norman Mailer.
Negli ultimi anni della sua vita, Bruce finì con l’essere bandito dalla maggior parte dei night club delle grandi città americane, perché i gestori avevano paura di essere arrestati per averlo fatto esibire. Nei suoi ultimi spettacoli, Bruce dedicò parte dei suoi monologhi a raccontare le persecuzioni e i soprusi della polizia nei suoi confronti. Si esibì per l’ultima volta il 25 giugno 1966 al Fillimore Auditorium di San Francisco. La sua dipendenza dalla droga era peggiorata, e le sue condizioni di salute non erano buone, secondo chi lo frequentò in quel periodo: fu trovato morto di overdose il 3 agosto di quell’anno, nel bagno della sua casa di Hollywood.
Bruce oggi è considerato uno dei simboli della battaglia per la libertà di parola degli anni Sessanta negli Stati Uniti, e il più importante pioniere della comicità americana. È considerato quello che ha permesso ai comici americani di usare la parola fuck nei propri monologhi, e una delle persone che più ha spostato i confini dei temi sui quali era permesso fare satira negli Stati Uniti. Nel suo primo spettacolo dopo la morte del presidente degli Stati Uniti John Fitzgerald Kennedy, Bruce salì sul palco scuotendo la testa e sospirando, e disse: «Vaughn Meader è fottuto». Meader era un comico famoso per le sue imitazioni della famiglia Kennedy. Nel 1974 uscì Lenny, un film di Bob Fosse sulla vita di Bruce, interpretato da Dustin Hoffman. In una delle scene più famose del film, viene riproposto un vero monologo di Bruce, nel quale si mise a identificare tra il pubblico le persone chiamandole negri e kyke, spic e wop, tre termini molto offensivi usati per rivolgersi a persone ebree, ispaniche e italiane. Il senso, diceva Bruce, era che se quelle parole fossero state usate in continuazione, anche dal presidente Kennedy, avrebbero perso peso e «nessuno potrà mai fare piangere un bambino nero di sei anni perché qualcuno lo ha chiamato negro a scuola».
Bruce è stato citato in molti film e canzoni, tra cui la famosa canzone di Simon & Garfunkel “Silent Night/7 O’ Clock News”: nella registrazione di un notiziario che fa da sottofondo alla canzone, si sente parlare del ritrovamento del corpo di Bruce.