Ci hanno sempre mentito sul filo interdentale
Diversi studi recenti hanno mostrato che non è fondamentale per la pulizia dei denti
Negli ultimi giorni sui giornali statunitensi si è parlato molto del filo interdentale e del fatto che – contrariamente a quanto a molti è stato sempre insegnato – non serva a prevenire le carie. La questione è nata da un’inchiesta di Associated Press (AP) che ha indagato su quali fossero gli studi scientifici che giustificassero l’uso del filo senza trovarne nessuno. In realtà già nel 2015 la Federazione Europea di Parodontologia (EFP) – la più importante organizzazione europea dedicata alla branca dell’odontoiatria che studia le gengive e tutto ciò che circonda i denti – aveva già detto che il filo interdentale non serve a eliminare la placca, cioè il sottile strato di batteri che si forma sui denti e che può portare alla formazione delle carie. Filippo Graziani, professore di parodontologia all’Università di Pisa e membro del Consiglio Esecutivo dell’EFP, ha spiegato al Post che pulire lo spazio che sta tra un dente e l’altro, oltre ai punti raggiungibili con lo spazzolino da denti è fondamentale, ma che il filo interdentale si è dimostrato inefficace come mezzo di pulizia.
Cosa sappiamo sul filo interdentale
Il filo interdentale fu inventato all’inizio dell’Ottocento e si attribuisce al dentista Levi Spear Parmly: all’inizio non era di nylon, ma di seta. Il primo brevetto riguardante il filo fu emesso nel 1874, quando già la maggior parte dei dentisti ne consigliava l’uso. Ne esistono di diversi tipi: quello cerato, quello non cerato, quello aromatizzato alla menta, quello con una parte più spessa pensato per chi ha l’apparecchio, quello già montato su delle bacchette che aiutano a raggiungere la parte posteriore della bocca. Graziani ha detto al Post che a prescindere dal tipo di filo che si usa il problema è saperlo usare: sono pochissime le persone che lo passano correttamente. La maggior parte delle persone userebbero il filo in modo sbagliato infatti, facendolo scorrere avanti e indietro invece che dall’alto al basso e viceversa. Un altro errore frequente e che ne rende l’uso inutile ai fini della pulizia è non farlo passare sotto il margine gengivale, cioè tra denti e gengiva dove questi sono in contatto; c’è chi lo fa, ma solo per un dente e non per l’altro.
Graziani ha precisato al Post che il problema non è che le persone non ascoltano bene i loro dentisti quando si tratta di imparare a usare il filo: è che è proprio difficile. Uno studio del 2008 pubblicato sull’International Journal of Dental Hygiene ha confrontato 11 articoli scientifici in cui si osservavano i risultati dell’uso del solo spazzolino da denti a quelli dell’uso combinato di spazzolino e filo interdentale: su 11 diverse analisi, 8 non riscontravano nessuna differenza nella quantità di placca presente sui denti dei partecipanti, che avessero usato il filo o meno. Inoltre, di questi 8 studi, due avevano per partecipanti degli studenti di odontoiatria e di igiene dentale, dunque persone che in teoria dovrebbero sapere bene come si passa il filo interdentale.
La posizione generale dell’EFP sul filo interdentale è stata espressa nell’articolo Primary prevention of periodontitis: managing gingivitis (di cui Graziani è uno degli autori), pubblicato nel 2015 sul Journal of Clinical Periodontology, la rivista scientifica legata alla Federazione:
Nonostante l’uso del filo interdentale sia sempre stato largamente consigliato, è degno di nota che la maggior parte degli studi disponibili non dimostrano che sia efficace nella rimozione della placca e nella riduzione delle infiammazioni delle gengive.
I 25 articoli scientifici presi in considerazione da AP per scrivere la sua inchiesta – uno è proprio Primary prevention of periodontitis: managing gingivitis – dicono più o meno la stessa cosa, cioè che le prove a favore del filo sono “deboli, molto inaffidabili”. Inoltre, AP dice che la maggior parte degli studi che proverebbero l’efficacia del filo nel prevenire la placca o la gengivite sono stati fatti usando metodi superati o testando non abbastanza persone. Alcuni sono stati realizzati con un periodo di osservazione di due settimane, troppo breve per la formazione di una carie.
Cosa si è detto negli Stati Uniti
Ogni cinque anni il governo americano pubblica una serie di linee guida sulla corretta alimentazione e sulle abitudini più corrette per una vita salutare, le Dietary Guidelines for Americans: da quelle del 2015 – con un po’ di sorpresa per tutti quanti – ha tolto la raccomandazione di usare il filo interdentale per ridurre il rischio di carie. La decisione è stata presa dopo che l’anno scorso l’AP ha chiesto ai dipartimenti della Salute e dell’Agricoltura, che si occupano di redigere le linee guida, quali fossero le prove scientifiche che giustificavano l’uso del filo interdentale: non ne sono state trovate e per questo la raccomandazione è stata eliminata. In una lettera ad AP il governo americano ha ammesso che la raccomandazione dell’uso del filo era stata inserita nonostante mancassero studi adeguati sull’argomento, condizione necessaria per comparire tra le Dietary Guidelines.
Negli Stati Uniti l’Associazione dei Dentisti Americani (ADA) iniziò a promuovere l’uso del filo interdentale nel 1908 e da allora lo ha sempre consigliato. In risposta all’inchiesta di AP, la ADA ha pubblicato un comunicato sul suo sito in cui si legge:
«Secondo l’Associazione dei dentisti americani, i metodi di pulizia interdentale come il filo interdentale sono una parte essenziale della cura dei denti e delle gengive. La pulizia tra i denti rimuove la placca, che può causare carie o malattie delle gengive, dalle zone che uno spazzolino non può raggiungere. È provato che la pulizia interdentale aiuta a rimuovere residui di cibo tra i denti che possono contribuire alla formazione di placca. (…)
L’uso del filo interdentale o di un altro metodo di pulizia interdentale è questione di preferenza personale, ma è molto importante capire quali siano le tecniche da usare con ogni strumento in modo da renderne efficace l’uso».
Nel comunicato però l’ADA non ha citato nessuno studio scientifico per supportare le sue affermazioni. Nella sua inchiesta la AP dice che Matthew J. Messina, dentista e portavoce dell’ADA, ha ammesso che ci sono prove scarse dell’efficacia del filo interdentale ma ha anche accusato di questo le persone partecipanti agli studi: avrebbero usato il filo in modo scorretto. In sostanza l’ADA non dice nulla di troppo diverso dalle linee guida della Federazione Europea di Parodontologia, ma al contrario di questa non arriva a sconsigliare di usare il filo interdentale come primo metodo di pulizia dello spazio tra i denti.
Un’altra questione presa in considerazione da AP è quella delle aziende che producono il filo interdentale. Secondo la società di ricerche di mercato MarketSizeInfo, entro il prossimo anno il mercato mondiale del filo interdentale dovrebbe valere almeno 2 miliardi di dollari (1,8 miliardi di euro), di cui la metà grazie ai soli Stati Uniti. Le aziende che lo producono collaborano da anni con l’ADA: in cambio di un compenso di 14.500 dollari (circa 13mila euro) e di un contributo annuale di 3.500 dollari (3.125 euro), l’ADA certifica l’efficacia del filo interdentale prodotto da ogni azienda. Ma gli studi che dovrebbero provarne l’efficacia sono spesso pagati dalle aziende, e spesso anche pensati e condotti dalle stesse.
Quindi come bisogna pulirsi i denti?
Filippo Graziani ha spiegato al Post che per pulire bene lo spazio in mezzo ai denti lo strumento da usare (in aggiunta al normale spazzolino) è lo scovolino, o spazzolino interdentale: una specie di piccolo spazzolino, ma con setole più piccole e sottili, tutte disposte intorno a un filo metallico che va passato nello spazio tra i denti. In generale bisognerebbe lavarsi i denti usando sia lo spazzolino (preferibilmente elettrico) che lo scovolino due volte al giorno. Alcuni dentisti, anche in Italia, continuano a raccomandare l’uso del filo perché spesso i professionisti impiegano un po’ di tempo ad adeguarsi alle nuove direttive della comunità scientifica internazionale. Inoltre potrebbero continuare a consigliare il filo alle persone che avendo i denti molto vicini tra loro non riescono a usare lo scovolino.
Ci sono persone i cui denti difficilmente sviluppano delle carie, anche se non hanno un’ottima igiene orale, ma la metà della popolazione rischia di sviluppare la parodontite, una malattia che porta a perdere i denti: Graziani ha detto al Post che da qualche anno si è capito che i denti non cadono per via dell’età avanzata, ma a causa dello sviluppo di una malattia delle gengive. La parodontite causa la distruzione del tessuto di supporto dei denti tramite un’infiammazione cronica e basta essere suscettibili a questa malattia per svilupparla se si accumulano troppi batteri (quindi placca) sui denti. Chi ha la parodontite – la diagnosi la devono fare i dentisti usando uno strumento che si chiama sonda parodontale, alcuni sintomi comunque sono l’alitosi e il sanguinamento delle gengive – deve pulirsi i denti in modo particolarmente accurato: ogni volta deve passare almeno tre minuti a spazzolarli e a pulire lo spazio tra uno e l’altro.