Gli arresti per terrorismo a Genova e Milano
Due storie particolari di cui si è parlato negli ultimi giorni: un siriano fermato perché voleva unirsi ad al Qaida in Siria e un pakistano che aveva giurato fedeltà all'ISIS
Mercoledì la polizia ha fermato a Genova un 23enne siriano con l’accusa di partecipazione ad associazione con finalità di terrorismo. Secondo una nota diffusa dal ministero dell’Interno, l’uomo – identificato come Mahmoud Jrad – aveva intenzione di andare in Siria e unirsi al Fronte al Nusra, il gruppo jihadista siriano legato ad al Qaida. Oltre a Jrad, sono indagate altre sei persone, tra cui tre imam (due di Genova e uno di Rapallo). Un giorno prima, martedì, i giornali italiani si erano occupati di un altro caso legato al terrorismo: l’espulsione dall’Italia di Aftab Farooq, un 26enne pakistano che aveva giurato fedeltà allo Stato Islamico (o ISIS): stando ad alcuni stralci di intercettazioni dei carabinieri dei ROS pubblicate da diversi giornali italiani, Farooq stava pensando di attaccare l’aeroporto di Orio al Serio, a Bergamo.
I due casi sono stati molto ripresi dalla stampa italiana, per alcune particolarità: per esempio per il fatto che Jrad è stato arrestato a Genova, una città che era già finita in passato in mezzo a storie di jihadismo (per esempio Giuliano Delnevo, l’italiano convertito all’Islam morto in Siria mentre combatteva con i ribelli, era di un quartiere del centro di Genova). E perché Farooq era finito in un servizio pubblicato su Sportweek nel 2009, quando giocava per la nazionale italiana di cricket (per un periodo fu anche il capitano della nazionale giovanile under 19).
Farooq nel servizio di Sportweek e in una foto più recente.
Mahmoud Jrad ha 23 anni e abita a Varese. Secondo la ricostruzione dei giornali italiani, che citano fonti investigative, era arrivato in Italia nel 2012 e dal 2015 aveva cominciato ad andare spesso a Genova, dove aveva iniziato a frequentare moschee e centri di preghiera «soprattutto in piazza Durazzo e vico Amandorla», scrive la redazione genovese di Repubblica. Nel 2015 era stato un paio di mesi in Siria per combattere contro Assad, ma il suo nome sembra non risultasse nell’elenco dei circa 110 “foreign fighter” (“combattenti stranieri”) tenuti sotto controllo dall’intelligence italiana. Jrad stava pianificando un altro viaggio in Siria, questa volta per unirsi al Fronte al Nusra, un gruppo legato ad al Qaida ma che in diverse città della Siria è alleato con i ribelli che combattono Assad (è invece nemico dello Stato Islamico).
La storia di Farooq è invece precedente a quella di Jrad e si è già conclusa, visto che l’uomo è stato espulso su decreto del ministero degli Interni italiano e già rimandato in Pakistan, il suo paese di origine. Farooq lavorava come magazziniere notturno al Decathlon di Basiano, in provincia di Milano, e viveva in una casa in affitto di Vaprio d’Adda, una cittadina di circa ottomila abitanti a est di Milano con molta immigrazione. Il Corriere ha scritto che fino a una decina di mesi fa Farooq sembrava condurre una vita piuttosto normale; poi, verso la metà del 2015, ha cominciato a radicalizzarsi e avvicinarsi all’estremismo islamista, non si sa ancora come e perché. Ha giurato fedeltà a Abu Bakr al Baghdadi, il leader dello Stato Islamico, e ha cominciato a informarsi sui campi di addestramento del gruppo in Siria. Da quanto è emerso finora, non sembra che Farooq avesse legami con gruppi criminali: si sa però che picchiava la moglie (che voleva completamente coperta) e che si era radicalizzato su Internet (non frequentava moschee o altri religiosi). Gli investigatori hanno anche detto che Farooq aveva festeggiato dopo gli attacchi di Parigi di novembre 2015, definendoli come una legittima reazione alle operazioni della Francia contro lo Stato Islamico tra Siria e Iraq.
Il Corriere della Sera ha scritto anche che le indagini su Farooq si sono legate a quelle su Ibdrahim Bledar, un uomo albanese di 25 anni rimpatriato dalle autorità italiane il 3 marzo scorso. Sembra che i due non si fossero mai incontrati, ma negli ultimi mesi si erano scambiati molte informazioni e messaggi sul jihad e sullo Stato Islamico. Tra gli obiettivi che Farooq diceva di voler colpire, c’era un’enoteca vicino a casa sua e l’aeroporto di Orio al Serio. Nella sua casa non è però stato trovato niente che possa far pensare che Farooq fosse in fase avanzata di pianificazione di un attentato. Sembra comunque che gli investigatori si stiano concentrando su una presunta rete attorno a Farooq che non è ancora stata svelata.