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  • Lunedì 1 agosto 2016

L’ISIS sta cambiando tattica in Iraq

Si comporta sempre meno come un esercito e sempre più come un gruppo terroristico: perché è più debole e sta perdendo, ma non vuol dire che i problemi siano finiti

Khales, Iraq (YOUNIS AL-BAYATI/AFP/Getty Images)
Khales, Iraq (YOUNIS AL-BAYATI/AFP/Getty Images)

Da diversi mesi lo Stato Islamico (o ISIS) ha cominciato a perdere molti dei territori che aveva conquistato in Siria e in Iraq nell’estate del 2014: per esempio un mese e mezzo fa si era parlato della liberazione del centro di Fallujah, la prima grande città irachena finita sotto il controllo del gruppo. Lo Stato Islamico sta soffrendo in particolar modo in Iraq, dove è sotto la pressione dell’esercito iracheno – spesso aiutato dalle milizie sciite locali –, dei curdi e della coalizione internazionale guidata dagli Stati Uniti. Qui ha cominciato a cambiare la sua tattica, tornando a fare quello che faceva prima della grande avanzata militare del 2014: guerriglia e attentati suicidi, soprattutto. Come hanno scritto Michael Schmidt e Eric Schmitt sul New York Times, lo Stato Islamico sta combattendo sempre meno da esercito convenzionale e sempre più da gruppo terroristico.

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In Iraq la guerra contro lo Stato Islamico ha ottenuto dei risultati più rilevanti di quelli raggiunti finora in Siria: secondo le stime di governi ed esperti, dall’estate del 2014 a oggi lo Stato Islamico ha perso circa il 40 per cento dei territori popolati che aveva conquistato in Iraq, e circa il 10-20 per cento di quelli che controllava in Siria. In Iraq il governo sta preparando da mesi una grande operazione militare per riconquistare Mosul, la seconda città del paese per grandezza: qui la sconfitta dello Stato Islamico sembra inevitabile e il governo iracheno sostiene di poter concludere l’operazione entro il 2016 (quello che dice il governo iracheno, comunque, va preso con le pinze: i tempi potrebbero allungarsi ulteriormente, come successo in passato per altre battaglie). Una volta ripresa Mosul, la guerra contro lo Stato Islamico in Iraq farebbe un grande balzo in avanti: non sarebbe finita, ma a quel punto il vantaggio del governo iracheno e della coalizione sarebbe notevole e incolmabile. Il problema più grande, però, rimane un altro: che succederà dopo?

Mosul, come la maggior parte dei territori controllati dallo Stato Islamico in Iraq, è abitata prevalentemente da sunniti, mentre il governo iracheno è dominato da sciiti. Dopo la caduta dell’ex presidente Saddam Hussein (sunnita), nel 2003, i sunniti iracheni hanno cominciato ad accusare i nuovi governanti sciiti di adottare politiche settarie e discriminatorie contro di loro. Uno dei motivi per cui lo Stato Islamico è riuscito a imporre una presenza nella provincia di Anbar – la provincia occidentale dell’Iraq che ha come capoluogo Mosul – è che i sunniti locali hanno visto i miliziani dello Stato Islamico come il “male minore”, preferendo loro ai politici sciiti di Baghdad. Se anche lo Stato Islamico venisse sconfitto a Mosul, il problema si ripresenterebbe: chi si mette a governare le città a maggioranza sunnita che mal sopportano il governo di Baghdad?

Non è solo un problema di equilibri di potere interni al paese: si potrebbe creare un nuovo ciclo di violenze e attentati, come quelli che caratterizzarono l’Iraq negli anni in cui lo Stato Islamico era ancora affiliato ad al Qaida e agiva esclusivamente come gruppo terroristico. In quel periodo, soprattutto fino al 2007, i miliziani del gruppo uccisero migliaia di soldati iracheni e americani e organizzarono attentati contro la popolazione sciita del paese. Sono cose che si sono ricominciate a vedere nelle ultime settimane, soprattutto con una serie di attentati violentissimi a Baghdad, capitale dell’Iraq e città a larga maggioranza sciita: segno che lo Stato Islamico sta perdendo la sua forma di “stato” e la forza del suo “esercito” e sta tornando a fare quello che faceva prima. Alcuni funzionari americani hanno detto al New York Times di non avere visto un gruppo di soldati dello Stato Islamico superiore alle cento unità da dicembre. Sembra che in diversi stiano cercando di infiltrarsi all’interno della popolazione e che stiano cercando di organizzare delle specie di “cellule dormienti”, pronte a fare attentati. Durante una recente visita in Iraq, il segretario della Difesa americano Ashton Carter ha detto che una vittoria militare a Mosul «non significherebbe controllare tutto il territorio iracheno» e ha aggiunto che i miliziani «potrebbero provare a terrorizzare la popolazione».

Secondo il governo iracheno, diversi miliziani dello Stato Islamico hanno cominciato a spostarsi in Siria, per timore di un imminente attacco contro Mosul. In Siria il gruppo controlla ancora una larga parte di territorio, nonostante i bombardamenti aerei della coalizione internazionale e la pressione esercitata dai curdi siriani da nord: qui, comunque, è difficile che la guerra contro lo Stato Islamico si risolva presto, anche per i moltissimi fronti di guerra aperti.