Si discute ancora della Fiera del Libro
11 piccoli editori sono usciti dall'AIE per protestare contro la decisione di farla a Milano e negli ultimi giorni sono usciti diversi pareri interessanti
Per protestare contro la decisione di fare una fiera del libro a Milano che si dovrebbe tenere a maggio, nello stesso periodo del Salone del Libro di Torino, undici case editrici sono uscite dall’Associazione Italiana Editori (AIE). Queste dieci case editrici sono tutte medie e piccole: add editore, Edizioni E/O, Iperborea, LiberAria Editrice, Lindau, minimum fax, Nottetempo, Nutrimenti, O Barra O, Sur, 66thand2nd. Hanno motivato l’uscita dall’AIE scrivendo una lettera in cui dicono: «Non ci riconosciamo né in questa scelta dell’associazione né tantomeno nella modalità di determinarla, non ci sentiamo insomma rappresentati da questa Associazione». Dei maggiori gruppi editoriali italiani, Mondadori-Rizzoli e GeMS, che hanno sede a Milano, hanno votato a favore all’istituzione della fiera di Milano e Feltrinelli (sede a Milano) ha votato contro. Giunti (sede a Firenze), che non ha un rappresentante nel consiglio dell’AIE essendo rientrata nell’associazione solo da un anno e quindi non ha votato, ha espresso un parere favorevole alla decisione.
La decisione di collaborare con Fiera Milano per la realizzazione dell’evento a Milano è stata approvata mercoledì 27 luglio dal Consiglio dell’AIE con 17 voti a favore, 7 contrari e 8 astenuti. In una dichiarazione pubblicata sul sito dell’AIE, il presidente dell’associazione Federico Motta ha risposto a questi editori esprimendo dispiacere e aggiungendo:
«In una associazione sono i rappresentanti eletti dai soci che sono chiamati a prendere le decisioni. AIE tutela gli interessi degli editori, tutti, e gli interessi di tutti sono rappresentati negli organi elettivi. Con lo stesso metodo, sulla base del lavoro di una Commissione eletta dal Comitato di presidenza che rappresentava tutte le componenti, si è istruito il dossier presentato al Consiglio Generale che si è democraticamente espresso arrivando a questa decisione».
La casa editrice Einaudi – la più importante delle poche che hanno sede a Torino, ma anche parte del gruppo Mondadori-Rizzoli – è una di quelle che si sono astenute ricevendo per questo alcune critiche, anche dai suoi stessi autori, tra cui ad esempio Valeria Parrella. Secondo Repubblica, che cita fonti “dalle parti della casa editrice”, l’astensione “era il massimo che si potesse fare” per non tradire la città di Torino ma nemmeno andare contro Mondadori. Tra gli editori contrari al progetto milanese invece c’è anche Laterza, che ha sede a Bari. Giuseppe Laterza, presidente della casa editrice, ha proposto di realizzare un evento alternativo per la promozione della lettura a Bologna; al voto dell’AIE però non ha partecipato. Secondo Laterza, dato che a Milano “si concentra il fatturato editoriale del nostro paese, la sensibilità di molti editori suggerirebbe di organizzare il salone altrove”.
Un Salone del libro solo dall'Associazione editori a Milano? Una scelta avventata e dirompente: bisogna coinvolgere scuole e biblioteche!
— Giuseppe Laterza (@giuslat) July 28, 2016
Su Repubblica lo scrittore ed editor di minimum fax (sede a Roma) Nicola Lagioia ha criticato tutta la discussione sulle fiere di libri sottolineando ad esempio che Milano ha già degli eventi dedicati ai libri:
«Da italiani bisogna essere felici di come Milano è riuscita a rilanciarsi negli ultimi anni. Una città davvero piena di idee dovrebbe tuttavia essere in grado di inventare, senza alcun bisogno di scippare a qualcun altro una manifestazione che va avanti da quasi trent’anni. Anche perché Milano due eventi importanti con al centro il mondo del libro ce li ha già. Uno è Bookcity, la cui identità è ancora in rodaggio. L’altro è l’ottima Milanesiana, curata da Elisabetta Sgarbi. Perché non investire su quello, che tra l’altro rappresenta il mondo culturale di Milano in modo egregio? Nell’anno di Mondazzoli era impossibile fare altrimenti? Può darsi, ma non bisogna sottovalutare il legame che c’è tra le grandi manifestazioni culturali e il territorio in cui sono cresciute».
Sul Corriere della Sera ha dato la sua opinione anche Raffaello Avanzini di Newton Compton, una casa editrice che ha sede a Roma e pubblica libri economici:
«Non sono né contro Torino né contro Milano: è con la gestione che non sono d’accordo. Il rischio è di fare due saloncini invece che un salone. Un’operazione gestita malissimo da parte dell’AIE e dei grossi editori milanesi che hanno spinto per lo spostamento. Si potevano fare tutte e due le iniziative, in tempi e modi diversi».
Anche l’editoriale di Dario Di Vico critica il campanilismo dello scontro tra città e dice che spostare il più importante evento dell’editoria italiana a Milano può avere senso sia per la posizione centrale della città nel nord Italia sia per il successo di recenti manifestazioni culturali e commerciali come Expo e il Salone del Mobile. Di Vico scrive inoltre che Milano potrebbe dare al Salone una dimensione internazionale e che se riuscisse a farlo e a “farsi vetrina di ciò che di meglio accade nel Nord” dimostrerebbe di essere più adatta a ospitare la più importante fiera libraria italiana. Sempre sul Corriere, Marco Cassini, cofondatore di minimum fax ed editore di Sur, ha dato la sua interpretazione su tutta la polemica:
«Gli editori avrebbero dovuto essere interpellati in modo più serio e documentato, con una riunione plenaria, mentre la maniera avventurosa e avventata con cui si è presa questa decisione fa pensare che si sia voluto approfittare di contingenze come il cambio di amministrazione a Torino e le vicende giudiziarie del Salone».